Narcos, la mossa del boss per strappare dei benefici: «Vi consegno la mia isola»

Colpo di scena nel processo a Imperiale. Il pm: ha reso un atollo nel mare di Dubai

Boss imperiale
Boss imperiale
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Martedì 28 Novembre 2023, 08:30
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Si chiama “Taiwan”, vale sessanta milioni ed è un’isola artificiale all’interno di un arcipelago creato dal nulla nel mare di Dubai. È un’isola offerta dall’ex narcotrafficante Raffaele Imperiale sul piatto della giustizia, nel corso del processo che lo vede imputato numero uno per fatti di camorra e traffico di cocaina su scala planetaria. Ieri mattina, il colpo di scena in Tribunale. È stato il pm Maurizio De Marco a fare riferimento alla mossa di Imperiale. Aula 116, il magistrato ha fatto riferimento a una lettera in inglese spedita da uno studio di procuratori legali di base a Dubai, che hanno gestito per anni il bene acquistato sei anni fa dallo stesso narcotrafficante. Oggi - si legge nel testo - l’isola è a disposizione della giustizia italiana che, in linea di principio, potrebbe vendere quel bene a un acquirente e incassare soldi destinati alle casse dello Stato. Un colpo di scena prima della richiesta di condanna, che porta la firma del magistrato De Marco, cui spetta il merito - assieme alla collega Vincenza Marra (oggi alla criminalità predatoria) e al pm della Dda Giuliano Caputo - di aver inchiodato il potente narcotrafficante.

Un’indagine che va avanti da oltre dieci anni, che ha ottenuto risultati indiscutibili, tra cui l’acquisizione di due quadri di Van Gogh, rubati dal museo di Amsterdam nel 2002, che Imperiale (all’epoca sconosciuto alle antimafia europee) aveva acquistato dalle mani dei ladri. Ma torniamo a quanto avvenuto ieri mattina dinanzi al gup Maria Luisa Miranda. 

La fiche dell’ex narcos si chiama “Taiwan”, fa parte dell’arcipelago New World Community e non ha nulla a che spartire con l’isola cinese. Nel corso della requisitoria il pm De Marco ha illustrato lo spessore che caratterizza l’organizzazione capeggiata da Imperiale, definito «uno dei massimi narcotrafficanti mondiali», capace di tessere rapporti personali «anche con organizzazioni paramilitari sudamericane», come i colombiani del clan del Golfo, capeggiato da Dairo Antonio Usuga, alias Otoniel (condannato lo scorso agosto a New York, a 45 anni di carcere da un tribunale federale degli Stati Uniti).

Affiancato dal socio pentito Bruno Carbone (rimasto prigioniero della milizia Hayat Tahrir al-Sham, che ha poi deciso di consegnarlo agli 007 italiani, dopo una sua conversione all’Islam) e da collaboratori di caratura come Daniele Ursini, Imperiale avrebbe trasferito almeno sette tonnellate di cocaina dal Sudamerica all’Europa, tenendosi in costante contatto con i fornitori e avvalendosi di una rete logistica marittima.

Si sarebbe avvalso in questi anni anche del contributo di professionisti insospettabili. È il caso del commercialista romano Corrado Genovese, bloccato alcuni mesi fa all’aeroporto romano mentre rientrava da Dubai. Inchiodato dalle intercettazioni, Genovese ha svelato alla Procura di Nicola Gratteri i codici per convertire i bitcoin in euro. È così che alcuni giorni fa, sono stati acquisiti dal gip Miranda e dallo stesso Fondo unico di giustizia oltre un milione e ottocentomila euro. Soldi che si aggiungono alle opere di Van Gogh («La spiaggia di Scheveningen prima di una tempesta» e «Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen»), ma anche alle armi fatte ritrovare negli ultimi due anni, dopo la decisione di collaborare con la giustizia. Una svolta assicurata dalla intuizione della polizia francese, capace di «bucare» le piattaforme di «Encrochat e Sky ecc» la cui utilizzabilità è ora al vaglio delle sezioni unite della Cassazione, che dovrebbe pronunciarsi nei primi mesi del 2024.

«È pacifico che vuole sconti di pena», ha ammesso il pm De Marco riferendosi a Imperiale. Per lui la richiesta di condanna è di 14 anni e 9 mesi di carcere (attenuanti generiche equivalenti e solo alcune delle aggravanti). «Stiamo sondando la profondità della sue dichiarazioni - dice il pm - ma sulla loro genuinità non c’è alcun dubbio». Ecco le pene per gli altri imputati: per Mario Allegretti 12 anni e 10 mesi; Luca Alvino, 10 anni, 5 mesi e 10 giorni; Luca Cammarota 14 anni; Bruno Carbone, 14 anni, un mese e 10 giorni; Gianmarco Cerrone 3 anni e 4 mesi (e 8mila euro di multa); Antonio Cerullo, 8 anni e 4 mesi; Antonio De Dominicis 4 anni e 8 mesi (20mila euro di multa); Ciro Gallo, 9 anni e 4 mesi; Corrado Genovese, 6 anni e 8 mesi (il resto delle richieste, sul nostro sito, ndr). 

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