Li hanno ricapitalizzati. Riclati, messi a frutto, ripuliti in tempo reale. I soldi del bottino li hanno divisi e piazzati in attività pulite. Funziona così da queste parti. Prima lo strappo, poi la festa. Poi, quando tutto si calma, i soldi vanno gestiti in modo oculato. E c’è chi è riuscito a ricapitalizzare. Sì, d’accordo, non è stato l’affare del secolo: quel Richard Mille strappato dal polso del campione di Formula Uno Charles Leclerc valeva due milioni di euro, ma è stato rivenduto per soli 200mila euro, causa un imprevisto che ha rovinato - nell’ottica dei malviventi - il colpo perfetto: c’era la firma serigrafata del campione sulla cassa dell’orologio, qualcosa che rendeva oggettivamente difficile la collocazione del gioiello da polso. Ma alla fine, al Cavone si sono accontentati. Tre professionisti delle rapine, tre specialisti nello strappo, che hanno fatto buon viso a cattivo gioco, di fronte alla difficile trattativa con basisti e ricettatori napoletani. Sembra - ma siamo nel campo delle ipotesi - che l’orologio sia finito sul polso (o in cassaforte) di un imprenditore spagnolo, probabilmente appassionato del genere, ma anche tifoso del campione di Formula uno.
Un mercato in espansione, quello degli orologi strappati a turisti, vip e semplici appassionati del genere, che trova a Napoli una sorta di (maledetto) crocevia. Sono diversi i colpi consumati in città, per lo più ai danni di turisti, mentre sono tanti i colpi in trasferta messi a segno da bande specializzate in altre regioni d’Italia. Canali impensabili, che tengono paradossalmente legati esponenti di mondi diversi: quelli dei vip dello sport o dello spettacolo; e quelli della delinquenza predatoria, cresciuti in una palestra naturale come i vicoli della città. Partiamo da un dato di fatto. Al netto di diverse batterie di scippatori (gli strappatori), sono pochi i ricettatori di Rolex e orologi rubati. Sono tutti più o meno eredi di Domenico Russo (il famigerato Mimì dei cani), uno che non era legato alla camorra, ma che fu ucciso in una delle faide ai Quartieri spagnoli.
LEGGI ANCHE Leclerc rapinato con la scusa di un selfie
Ma a questo punto conviene aprire un inciso. Uno dei canali di smercio degli orologi è apparentemente legale: e riguarda la fiera a Monaco di Baviera (ma anche in alcune località svizzere), dove si radunano gli esperti del settori. Seduti attorno a un tavolo, ci sono compratori di mezzo mondo, in particolare arabi e cinesi, che contrattano il prezzo giusto dei vari esemplari. In questo contesto, bene precisarlo, non è necessario accompagnare l’orologio con garanzie, credenziali, etichette. Se il bene è originale, se è vero, viene comprato anche senza una bolla di accompagnamento, a differenza di quanto avviene in Italia, dove c’è il rischio di essere indagati per ipotesi di ricettazione. Una volta venduto, l’orologio trova una nuova vita. Finisce in una boutique commerciale o sul polso di qualche magnate. Altra storia rispetto a quanto avviene con la compiacenza di vip dello sport e dello spettacolo, secondo quanto ha raccontato di recente alla Dda Luca Esposito, genero di Patrizio Bosti. In questo caso, ci sono intermediari che vendono orologi riservati (ma senza la firma serigrafata) dai grandi brand a vip e volti noti.
Orologi da short list, che vengono acquistati per una cifra intorno ai 300mila euro, per essere rivenduti per cifre da capogiro: ci sono arabi disposti a investire milioni di euro per un bene che viene trattato da intermediari, con la compiacenza prezzolata del vip di turno. Un filone, quest’ultimo, dove non c’è strappo o violenza, c’è solo la cattiva fede all’ombra dei brand internazionali.