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Ospedale Cardarelli di Napoli, intervista al manager Antonio D'Amore: «Mai più barelle, visite lampo contro il caos»

di Melina Chiapparino
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 30 Agosto 2022, 11:00 - Ultimo agg. : 31 Agosto, 08:03
4 Minuti di Lettura

«La rivoluzione della normalità». È il motto che Antonio d'Amore ha messo in pratica nei sei anni alla guida dell'Asl Napoli 2 Nord e, a cui, continuerà ad ispirarsi ora che è al timone della direzione generale dell'ospedale Cardarelli. Un motto da declinare anche per il problema delle barelle, tra le priorità del neo manager, insediatosi da poco più di due settimane. Ieri è stata segnalata la «totale saturazione della capacità ricettiva nel pronto soccorso» con più di 100 barelle. 

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Come si risolve questo problema?
«È una criticità che stiamo affrontando e della quale ho preso consapevolezza, prima di tutto, con dei sopralluoghi. Sicuramente c'è una problematica strutturale che intralcia la giusta risposta alla domanda assistenziale e, per questo motivo, occorre intervenire con nuovi percorsi organizzativi. Bisogna velocizzare l'assistenza e i tempi delle risposte diagnostiche ma, in ogni caso, si tratta di un problema che va affrontato anche fuori dalle mura del nostro ospedale».

Che cosa intende dire?
«Partiamo dall'obiettivo che, anche nel pronto soccorso, è la rivoluzione della normalità, nel senso di garantire un funzionamento gestendo le emergenze e senza far diventare normalità, l'emergenza. Occorre una programmazione in ambito nazionale e c'è da analizzare anche la risposta della medicina territoriale post Covid. Mi impegnerò per attivare un tavolo regionale con l'obiettivo di intercettare tutte le risposte alle domande assistenziali che non dipendono dal Cardarelli, perché bisogna far rete».

È prevista l'apertura del pronto soccorso nel vicino Policlinico federiciano, potrà aiutarvi?
«Ben venga l'apertura del pronto soccorso al Policlinico perché rafforzando la risposta assistenziale, diminuisce la pressione su ciascuna struttura ospedaliera ma va analizzato l'iperafflusso che affrontiamo ogni giorno. Il gran numero di accessi al Cardarelli include l'inappropriatezza di malattie croniche che dovrebbero essere filtrate dall'assistenza territoriale o, in altri casi, sarebbe ottimale un maggiore coinvolgimento degli ospedali di competenza. Ad esempio i pazienti oncologici dovrebbero poter afferire sempre alle strutture che li hanno in carico».

Quali altri problemi sono al primo posto in agenda?
«Il Cardarelli non è solo pronto soccorso ma è un'eccellenza della sanità campana e nazionale con la sua vasta risposta assistenziale che lo rende un centro di riferimento unico in Europa, nonostante questo non è stato ancora messo in luce come avrebbe dovuto. Dunque, ci sono problemi su cui bisogna intervenire, come la ristrutturazione di reparti e palazzine a cui ridare dignità e funzionalità, con la possibilità di aumentare i posti letto ma, l'impegno altrettanto significativo sarà nell'organizzare al massimo della sua funzionalità questa azienda ospedaliera piena di eccellenze».

Dunque, su che cosa punterà dal punti di vista organizzativo?
«Per prima cosa l'accoglienza. I pazienti devono sentirsi accolti con dignità e risposte assistenziali adeguate. Poi c'è la necessità di ristrutturare alcuni reparti e, soprattutto, rafforzare i collegamenti tra i vari dipartimenti e, ancora, è necessario riportare gli uffici amministrativi al centro della progettualità ospedaliera, affinché possano rispondere alle necessità dei reparti. Infine, punto a una politica che metta in evidenza la meritocrazia di tutto il personale».

C'è stata una fuga di molti professionisti da tutti i comparti dell'emergenza. Che cosa ne pensa?
«Il personale che lavora nei comparti dell'emergenza, dal pronto soccorso ai reparti d'urgenza, necessita di riconoscimenti a livello nazionale che non arrivano e che intendo, in qualche modo, garantire. Inoltre, verso metà ottobre, porterò questo tema all'attenzione del congresso Fiaso, Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere di cui faccio parte. Nel frattempo, sto incontrando tutto il personale ospedaliero, a cominciare dagli 80 primari e comprese le delegazioni sindacali, perché intendo fare un unica squadra».

Cosa si aspetta da questa esperienza?
«Mi metterò in prima linea per difendere il mio personale dalle aggressioni ma sarò spietato e non farò sconti a nessuno che possa essere stato manchevole nell'assistenza. Il Cardarelli è come una grande famiglia di una casa nobile dal blasone un po' offuscato che faremo risplendere». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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