Parentopoli alla Camera Commercio, Maddaloni: «Non c'entro con quei cialtroni»

Parentopoli alla Camera Commercio, Maddaloni: «Non c'entro con quei cialtroni»
di Pierluigi Frattasi
Venerdì 20 Aprile 2018, 09:09 - Ultimo agg. 09:35
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Sono doppiamente amareggiato per questa vicenda. In parte, sotto il profilo personale, essendo coinvolto marginalmente solo per una responsabilità sussidiaria, che contesteremo in appello. Ma soprattutto per la Camera di Commercio di Napoli, perché pochi episodi isolati rischiano di offuscare un enorme lavoro portato avanti con tenacia con i colleghi della giunta. Ho trovato un ente sonnacchioso che tirava a campare. In pochi anni l’abbiamo reso forte, positivo, autorevole, accreditato, indipendente da ogni ipoteca politica, al centro di dialoghi di progettualità tra istituzioni. Non ho mai fatto il politicante delle associazioni. Oggi sono tornato a fare l’imprenditore con un successo riconosciuto in tutto il Sud. Sentirmi accomunato a dei cialtroni che sono andati alle Cascate del Niagara a spese della Cciaa mi fa star male». Non ci sta Maurizio Maddaloni a veder andare in fumo il lavoro di anni. L’ex numero uno dell’ente di piazza Bovio è chiamato in causa dalla Corte dei Conti, nell’ambito dell’inchiesta sui contributi, per omesso controllo.

Presidente, perché è saltato il meccanismo dei controlli?
«Vorrei chiarire prima bene una cosa. Tra gli addebiti che sono sollevati dalla magistratura, i progetti fantasma, l’ipotesi di reati penali e comportamenti truffaldini, da un lato, e la mia posizione dall’altro, c’è una linea Maginot alta dieci metri. Mi viene chiesto di rispondere per un eventuale mancato adempimento amministrativo, cioè controllare la compatibilità dei membri di giunta a partecipare alle sedute. Ma questo non ha nulla a che vedere con i casi di malagestio ventilati. Non c’è nessun nesso di causalità. Perché il problema che poi avrebbe causato il danno erariale sta, a detta dei giudici, nelle fatture farlocche. Indipendentemente dalle astensioni di qualche membro in giunta quelle delibere sarebbero passate lo stesso, anche se nei casi sollevati quelle persone fossero uscite dall’aula al momento del voto». 
Perché?
«Tutti gli atti per i quali è contestato il reato amministrativo colposo omissivo sono stati approvati all’unanimità dei presenti - 10 membri più il presidente - quando anche si fosse astenuto il soggetto non sarebbe cambiato il destino della delibera. Non solo. La legge 580 di riforma delle Camere di Commercio prevede espressamente che i membri degli organi camerali (Presidente, Giunta e Consiglio, ndr) siano rappresentanti delle associazioni di categoria. Come Industriali, Confagricoltura, Unimpresa, Confcommercio e altri. Che ci siano soggetti destinatari anche di provvedimenti economici lo prevede la legge. Da parte nostra, ad ogni modo, non c’è stata distrazione sul controllo degli atti, ma semmai impotenza».

In che senso?
«Controllare la legittimità delle pratiche non era un nostro compito d’istituto, se l’avessimo fatto avremmo rischiato un abuso d’ufficio. Il ruolo politico della Giunta e del Consiglio era di tracciare le linee guida e gli indirizzi programmatici dell’attività annuale dell’ente camerale. L’obbligo del controllo di incompatibilità è stato incluso nello Statuto camerale solo a fine 2014, dopo, quindi, i fatti contestati, quando è stata prevista la responsabilità del presidente perché verificasse queste situazioni».

Chi doveva controllare allora?
«Stava agli uffici, al segretario generale, il compito di verificare la congruenza e la veridicità dei progetti e la loro documentazione».

Come funzionava la procedura?
«Quando una serie di associazioni faceva una proposta, questa arrivava al presidente della giunta che, senza entrare nel merito, la affidava al segretario generale per l’istruttoria. Il presidente non ha mai avuto potere direttivo sulla struttura amministrativa. Non ho quasi mai convocato dirigenti e, se l’ho fatto, solo in presenza del segretario generale. Dopo le verifiche fatte dagli uffici, la proposta tornava al segretario che la trasmetteva al presidente per inserirla all’ordine del giorno della giunta. Se era approvata, tornava agli uffici per essere chiusa».

Qualcuno, però, sembra ne abbia approfittato e tra le conseguenze c’è il fatto che in alcuni comuni le luci di Natale non sono mai arrivate.
«Queste sono cose gravissime. Ancora più disdicevoli, se confermate, perché significherebbe che i rappresentanti delle associazioni delle imprese avrebbero truffato proprio le imprese, prendendo i loro soldi».

Come si è arrivati a pagare anche un tour alle cascate del Niagara?
«La missione in Canada per promuovere il dialogo sui Centri Commerciali Naturali era un tema meritevole che rientrava nelle linee programmatiche dell’ente. Non lo era, certo, mettere la nota spese della gita turistica in conto. Come presidente non ero tenuto a saperlo. Controllare le rendicontazioni di migliaia di delibere sarebbe stato impossibile, e non era mio compito».
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