Policlinico Federico II, in crisi il servizio trasferimento neonati

Policlinico Federico II, in crisi il servizio trasferimento neonati
di Maria Pirro
Venerdì 4 Dicembre 2015, 12:41 - Ultimo agg. 13:00
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Al Policlinico c’è il più grande punto nascita, con 2500 parti all’anno, il principale centro di procreazione medicalmente assistita, di riferimento per le gravidanze a rischio. Da qui partono le ambulanze oltre 700 volte all’anno e nella terapia intensiva vengono ricoverati più di 300 neonati in 12 mesi. «Non possiamo chiudere per la natura e il volume delle attività. Altrimenti, si manda il sistema in collasso», dice Francesco Raimondi. Il docente universitario è responsabile del centro di neonatologia e terapia intensiva della Federico II; in più, gestisce il servizio di trasporto di emergenza neonatale in Campania. Ed è preoccupato: «Non possiamo resistere ancora, per effetto delle norme europee sui turni che dal 25 novembre sono entrate in vigore».

Bisogna riorganizzarsi?
«Serve un intervento di estrema urgenza. Alla direzione del Policlinico ho chiesto di rivedere la dotazione organica. In reparto abbiamo difficoltà a fare i turni, ma a livello regionale la situazione è altrettanto critica».

Quanti medici e infermieri mancano all’appello? «Occorre assumere subito 17 medici e nel giro di 36 mesi 37 infermieri, perché altri operatori sono peraltro in procinto di andare in pensione».

È un numero enorme.
«Sì, manca un medico su tre, e gli infermieri fanno numerose ore di straordinario. Con le nuove norme, si riduce una coperta già corta».

Finora, come si è garantito il servizio?
«Si è fatto ricorso al pagamento extra dei medici, provenienti da altri ospedali, una formula molto costosa. Ma le regole europee valgono per tutte le strutture, e quindi salta anche questo schema».

Quanti neonati sono ricoverati?
«24, al momento, anziché i 20 previsti. Ma ne abbiamo accolti anche 26 e, come noi, gli altri reparti sono pieni».

Insomma, non è possibile ridurre le culle? «Assolutamente no. Il pronto soccorso è in funzione: se arriva una donna con due gemelli prematuri non si può né ricorrere alle barelle né ipotizzare altre soluzioni. Un problema è che la rete regionale è mal distribuita».

La riorganizzazione annunciata non è mai partita.
«Il comitato regionale per il percorso nascita è chiamato a rivedere la rete ed è previsto per legge, ma non è mai stato riconvocato dalle ultime elezioni. Senza il confronto, anche il tecnico è nell’impossibilità di esprimere un parere».

Altrove funziona?
«Regolarmente, nelle altre regioni».

Che cosa suggerisce?
«Abbiamo troppi punti nascita che seguono meno di 500 parti: sono illegali e costosi. Eliminandoli, le risorse potrebbero essere impegnate in quelle strutture in linea con gli standard che, peraltro, indicano mille nati all’anno come soglia di sicurezza ed efficienza. Senza trascurare che qui il tasso di mortalità neonatale è più alto della media nazionale».

In attesa della riorganizzazione, il suo reparto, che è quello che accoglie più neonati all’anno, rischia l’impasse?
«Sono in attesa di disposizioni, il mio obiettivo è non chiudere un servizio di emergenza urgenza».

Come?
«Sto comunicando i turni di tre giorni in tre giorni e chiedendo al personale di fare sacrifici e garantire molte di più ore delle 38 previste dal contratto. Anche io ho mantenuto le reperibilità, quando non c’è il collega entro io di guardia».

Chi provvede al trasferimento dei neonati?
«L’attività iperspecialistica è indipendente dal 118 e garantita dallo stesso pool neonatologi che si occupa dei reparti di terapia intensiva con tre postazioni (Federico II, Caserta e Annunziata), perciò la coperta è ancora più corta. Ma va detto anche questo...»

Prego.
«Buona parte dei trasferimenti è inappropriato, proprio perché tanti punti nascita sono inadeguati.
Il nostro è un sistema che ha una grossa spesa e una scarsa resa, con molti centri di costo ma poco qualificati. Ecco perché la riorganizzazione è necessaria. Altrimenti, il sistema rischia l’implosione».