Sma Campania, ipotesi fondi neri: «A Montecarlo il tesoro delle tangenti ai politici»

Sma Campania, ipotesi fondi neri: «A Montecarlo il tesoro delle tangenti ai politici»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 8 Ottobre 2021, 23:42 - Ultimo agg. 9 Ottobre, 23:30
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Ha deciso di passare al contrattacco. Dopo aver assistito in silenzio alle accuse di imprenditori e dirigenti pubblici, ha cambiato strategia. Due interrogatori resi negli ultimi giorni, il terremoto in aula è servito. Processo Sma, quello degli appalti milionari per (non) smaltire in modo corretto i fanghi dei depuratori, battute a parte, sembra un pozzo senza fondo. Ieri, dinanzi al gup Marcello De Chiara, la nuova svolta: nuovi verbali che portano le accuse di Lorenzo Di Domenico, ex consigliere delegato della Sma Campania, che punta l’indice contro il suo ex sponsor politico, vale a dire l’ex consigliere regionale Luciano Passariello che lo collocò ai vertici della partecipata regionale. Da un lato ammette di aver intascato una tangente da 5mila euro dall’ormai famigerato imprenditore Salvatore Abbate (quello che conservava 4 milioni di euro in cantina), dall’altro spara ad alzo zero contro Passariello. Nel corso di due interrogatori, fornisce un foglio word ai pm che lo interrogano, con i nomi di quattordici fornitori della Sma, che avrebbero versato tangenti allo stesso Passariello. Sono circa 20mila euro versati nel 2018 che - spiega oggi il Di Domenico “pentito” - servivano a finanziare la campagna elettorale dello stesso esponente del partito di Destra. Ma non è l’unica novità emersa ieri nel corso dell’udienza a carico di manager della Sma, politici e imprenditori. 


Agli atti del procedimento, sono stati infatti depositate delle sos (segnalazioni di operazioni sospette) riconducibili ad aziende di famiglia di uno dei soggetti coinvolti che conducono in un paradiso fiscale: a Montecarlo, per la precisione, nei caveaux del principato monegasco dove, gli inquirenti potrebbero decidere di provare a scavare. Inchiesta condotta dai pm Ivana Fulco e Henry John Woodcock, inevitabile una domanda: nel tracciato monegasco segnalato da Banca d’Italia si nascondono fondi neri? C’è un circuito blindato del giro di soldi sporchi costruito grazie ai fanghi dei depuratori? Ma torniamo alle accuse di Di Domenico. Parla l’ex commercialista di Passariello, che - difeso dagli avvocati Gennaro Malinconico e Antonio Nerone - decide di chiarire il suo punto di vista, a proposito di 18-20mila euro di tangenti: «Passariello mi chiedeva continuamente soldi. Una volta mi disse: “Secondo te, perché ti ho messo là (in Sma), se non per fare i soldi?”. Voleva dire che pretendeva una tangente da tutti i soggetti e fornitori che avevano a che fare la Sma». Difeso dal penalista Giuseppe Ricciulli, Passariello non ci sta e replica tramite il suo legale: «Pronti a denunciarlo.

Passariello non ha mai preso un euro di tangenti. L’atteggiamento di Di Domenico è chiaro: è stato accusato da corruttori e corrotti (il riferimento è all’imprenditore Abbate e agli altri funzionari Sma) e ora prova a scaricare la responsabilità sull’ex consigliere regionale. Di concreto, al momento, ci sono le accuse che gli vengono mosse da più parti, che lo inquadrano come possibile destinatario di eventuali tangenti». Ma in che consisteva il presunto sistema Sma? Per ricevere appalti legati allo smaltimento dei fanghi, i vari imprenditori erano tenuti a versare tangenti. Per le auto da noleggiare, per la formazione, per la nomina di professionisti come consulenti legali. E per rafforzare le proprie accuse, c’è il deposito di una lista di 14 aziende contrassegnate da un post it giallo, con le rispettive tangenti versate: «Quei post it servivano come pro memoria per Passariello, che poi ringraziava persolamente i diretti interessati». E ancora: «Considerava la Sma una cosa sua».

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Accuse rivolte anche ad Agostino Chiatto, altro nome finito agli atti delle indagini, che sarebbe stato addirittura spedito a Ischia a chiedere il pizzo a un negozio di ferramenta che aveva ottenuto una fornitira. Una vicenda che finì al centro di un’indagine giornalistica del quotidiano on line Fanpage, che si avvaleva del ruolo dell’ex pentito di camorra Nunzio Perrella come infiltrato nei torbidi dei rifiuti, rispetto alla quale lo stesso Di Domenico oggi offre anche delle conferme: «Quell’appuntamento in cui si discuteva di una tangente che doveva tenersi nell’ufficio dello stesso Passariello». Accuse che ora attendono le verifiche in aula, a partire dal computer sequestrato di Di Domenico, dal quale - spiega oggi l’ex dirigente - è spuntato un foglio word con i nomi di chi ha pagato, che andavano ringraziati dopo le elezioni. 
 

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