L'olimpionico Sibilio: «Scelgo di restare ma quanto è difficile allenarsi a Napoli»

L'olimpionico Sibilio: «Scelgo di restare ma quanto è difficile allenarsi a Napoli»
di Gianluca Agata
Lunedì 16 Agosto 2021, 08:40 - Ultimo agg. 18:19
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«Questa è una domanda da un milione di dollari ma, sì, se non ci fossero state le Universiadi, probabilmente oggi non parleremmo di Alessandro Sibilio protagonista alle Olimpiadi». Finalista dei 400hs a Tokyo 2020, primatista italiano con la 4x400 settima ai Giochi, il ragazzo di Posillipo è considerato la sesta medaglia della spedizione campana. Non torna con metalli dal Giappone, ma con un sorriso grande così perché personalmente ha fatto la storia dell'atletica italiana ed assieme alla squadra azzurra ha vissuto in prima persona la storia dell'Italia sportiva.

Una adrenalina da raccontare. Tutto in pochi minuti.
«Ho gareggiato con l'adrenalina della grande semifinale di Jacobs riportando un ostacolista italiano nella finale olimpica vent'anni dopo Mori».

E poi?
«Una volta portato a termine il mio impegno sono corso nella curva Italia dove eravamo tutti ad aspettare il risultato di Tamberi prima e quello di Jacobs poi.

Due ori a distanza di pochi minuti. Poco prima ero stato la storia. Poi mi sono immerso nella storia. Estasi collettiva. Orgoglio di essere italiani. Sensazioni difficili da spiegare. Indimenticabili».

Tokyo è stato per lei uno spartiacque di vita.
«Vero. Prima ero un ragazzo prospettico sul quale nutrire speranze. Ma diciamoci la verità in atletica i risultati si fanno da senior. Sono quelli che contano. Poi dopo la finale sono stato contattato da tantissime persone. Mi sono sentito punto di riferimento. Mi hanno contattato per parlare di me, di Tokyo, di come cominciare l'atletica. Anche il presidente della Fidal regionale mi ha detto: sei un esempio da seguire».

E il ragazzo di Posillipo come si è sentito quando è arrivato a Tokyo?
«Come a Disneyland. Il giorno prima li vedevo tutti dal divano di casa: Djokovic nel tennis, Donkic in Nba e gli altri campioni. Il giorno dopo erano accanto a me, a mensa. Io tra di loro. Impensabile».

Le medaglie di Jacobs e Tamberi ha provato ad indossarle?
«Assolutamente no. Anche se l'avessi fatto non sarebbero state le mie. Per quelle ci rivediamo, spero, a Parigi».

Tre anni passano in fretta.
«E per questo bisogna lavorare duro».

A Napoli? Città che offre poco ai propri figli?
«Se sono arrivato a Tokyo è perché sono voluto rimanere a Napoli. A Roma le Fiamme gialle mi avrebbero offerto tutto. Una caserma con pista di allenamento palestre, piscine, mensa. Non sarei potuto stare meglio».

Ma...
«Ma a Napoli c'è il mio allenatore, Gianpaolo Ciappa, che sento come un padre. E poi è la mia città, dove trovo linfa vitale»

Ma dove non ci sono strutture.
«La situazione è cambiata grazie alle Universiadi».

Dove si allena?
«Prima di avere la pista del San Paolo-Maradona, dove capitava. All'ora di pranzo chiamavo il mio allenatore e chiedevo? Oggi dove andiamo? Caserta, Cus, San Paolo, Virgiliano. Un terno al lotto. E poi una volta trovata la pista bisognava vedere se c'erano gli ostacoli e le attrezzature. Al San Paolo non potevamo mettere nemmeno le scarpe chiodate».

Ed ora?
«Beh, la situazione è differente. Dopo le Universiadi la pista del Maradona è una delle migliori al mondo. Certo, bisogna convivere con il Napoli e con il fatto che non è sempre a disposizione. Poi c'è tanta gente che si allena. Non è facile ma senza quella pista difficilmente avrei ottenuto gli stessi risultati a Tokyo».

Ora è un punto di riferimento, a ottobre si vota il nuovo sindaco, che appello fare per lo sport?
«Di stare vicino alle piccole società. Non tutti nascono campioni e il mio orgoglio è stato anche quello di far emergere una disciplina da sempre considerata minore. La cosa importante è permettere ai ragazzini di fare sport, di avere le strutture da frequentare. E per questo bisogna star vicino a quelle piccole realtà che fanno proprio questo: insegnano lo sport e le sue regole ai più piccoli».

Il suo sogno per Napoli?
«Un campo di allenamento, una palestra vicina e tutto molto più agevole. Abbiamo insegnato che Napoli non è solo calcio e ce lo meriteremmo».

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