Stragi di mafia, bella e napoletana: ecco la donna dei misteri

Stragi di mafia, bella e napoletana: ecco la donna dei misteri
di Gigi Di Fiore
Giovedì 6 Maggio 2021, 23:30 - Ultimo agg. 7 Maggio, 11:13
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Sulle tracce di una donna bionda dall’«accento napoletano». Da Gianni Aiello, l’ex poliziotto morto nel 2017 sospettato in tante inquietanti vicende di mafia, alla storia di Virginia Gargano, per riprendere i racconti sugli attentati di Cosa nostra a Firenze e Milano nel 1993. In «Faccia da mostro» (Rizzoli, p. 250), Lirio Abbate, vice direttore dell’«Espresso», tra i maggiori conoscitori di storie e vicende di mafia, descrive, ricostruisce, collega e investiga per tentare di capire chi siano le quattro donne che, secondo più testimoni, ebbero un ruolo in quei due attentati della stagione stragista di Cosa nostra.

«Sfuggente, difficile, ostile, refrattario alle inchieste». È Aiello, «faccia da mostro», agente di polizia per due anni alla Squadra mobile di Palermo, poi congedato e scomparso, per materializzarsi nei racconti di più collaboratori di giustizia che ne parlano come vicino a persone dei servizi segreti e a mafiosi. È lui il protagonista, che incontrava boss mafiosi come funzionari di polizia.

Stretta di mano al boss Nino Madonia, «faccia da mostro» ha vissuto in una terra di mezzo tra delitti e trame. Poliziotti buoni e poliziotti che disonorarono la divisa. La Palermo delle intese torbide e degli agguati, con spedizioni mortali decise in vicolo Pipitone in una casa di fronte l’hotel Villa Igea. Da lì partirono gli agguati a Chinnici, Cassarà e Dalla Chiesa, o il fallito attentato dell’Addaura. 

Scenari, che Aiello ha attraversato sfuggendo sempre alle inchieste giudiziarie, come quella sull’omicidio dell’agente Nino Agostino. Ma, nell’avvincente libro di Lirio Abbate, la storia di «faccia da mostro» si intreccia con la ricerca di Virginia Gargano, 64 anni a ottobre. La «napoletana».

«Sono quattro le donne che nell’estate del terrore del 1993 parteciparono, con ruolo diverso, a piazzare le bombe a Firenze e a Milano» scriveva Lirio Abbate sull’«Espresso» lo scorso novembre. Esistono 5 identikit di donne, descritte da alcuni testimoni dei due attentati, eseguiti con bombe piazzate in una Fiat uno in via dei Georgofili a Firenze e in un Fiat Fiorino in via Palestro a Milano. Poi le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, raccolte dalla Procura di Catania. Gli indizi, messi insieme nella sua indagine giornalistica, portano Abbate a descrivere una donna «dal fisico statuario, bionda, nata nel 1957, riconducibile al circuito dell’organizzazione paramilitare di Gladio». E qui la narrazione giornalistico-giudiziaria si snoda tra Napoli, Caserta e Reggio Calabria. Indagano i magistrati della Procura di Firenze, ma Lirio Abbate si è mosso in modo autonomo. 

A mettere sulle tracce della donna contribuiscono due pentiti del clan mafioso dei Laudani a Catania: Giuseppe Maria Di Giacomo e il boss Giuseppe Laudani. Parlano di loro confidenti, di informazioni riservate ottenute da ambienti giudiziari e di polizia. Laudani va oltre e racconta di aver visto il padre, capostipite del clan, parlare con due donne, una volta in compagnia di un uomo. Una delle due «aveva un accento napoletano e era militarmente addestrata». Un altro collaboratore del clan, Consolato Villani braccio destro del boss, in una serie di foto riconosce Aiello e agli inquirenti dà anche un nome alla «donna bionda che l’accompagnava»: Virginia Gargano.

Per cercare riscontri, la Procura distrettuale antimafia catanese decide di mettere sotto intercettazione la donna napoletana dal 2013 al 2014. Ma nulla di rilevante emerge. Solo notizie sulla vita privata di Virginia Gargano: appartamenti di proprietà ai Quartieri spagnoli in fitto da cui ricava reddito; una delle poche donne ad aver fatto parte di Gladio, struttura in cui era anche l’ex marito napoletano Maurizio Castagna, ex nuotatore e con cui ha avuto tre figli. Virginia Gargano ha vissuto a Caserta e a lungo a Reggio Calabria, dove ha molte amiche e ha avuto una relazione con un imprenditore. Così la descrive Lirio Abbate nel suo libro: «Donna determinata, di polso. Una madre di famiglia devota ai figli, ma con un passato ingombrante come quello dell’appartenenza a Gladio. Di fatto è un personaggio misterioso». Vani i tentativi del giornalista di contattarla e del resto neanche la Procura di Catania ha mai ritenuto di dover sentire, almeno come teste, Virginia Gargano. È davvero lei la donna che era accanto ad Aiello e che il pentito Consolato Villani dice di aver identificato in foto? Di certo, dopo un anno di intercettazioni, sulla «donna napoletana», personaggio finora sconosciuto alle cronache, gli inquirenti non hanno trovato riscontri su presunti collegamenti poco chiari. E hanno archiviato le loro iniziali ipotesi d’accusa. Non ci sono elementi giudiziari per dire che Virginia Gargano c’entri con le quattro donne bionde del 1993, ancora da identificare. «Io sono arrivato fin qui, il resto spetta agli inquirenti» conclude Lirio Abbate, in un libro che si legge tutto d’un fiato. 

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