Torre del Greco, Giovanni ucciso al luna park: «Era un gigante buono, sognava di diventare chef»

Torre del Greco, Giovanni ucciso al luna park: «Era un gigante buono, sognava di diventare chef»
di Francesca Mari
Lunedì 11 Aprile 2022, 22:59 - Ultimo agg. 12 Aprile, 18:43
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«Giovanni lavorava sodo e solo la domenica poteva svagarsi. Andava in quel lunapark per incontrare la ragazza con cui flirtava, insieme a Nunzio il suo amico di sempre. Quando vedeva le «mazzate» (le risse) scappava, aveva paura della sua ombra. E, invece, per un nonnulla è stato ucciso, proprio nel giorno della domenica delle Palme. Con lui è morta tutta la famiglia, vogliamo giustizia». Luciano Garofalo - neo melodico, 21 anni, di Torre del Greco - è il cugino di Giovanni Guarino. Domenica sera il destino di Giovanni, e quello del suo amico coetaneo Nunzio Abruzzese si è incrociato con quello di due quindicenni armati di coltelli e non di certo per gioco. Due bravi ragazzi, lavoratori e incensurati con il sogno di farsi una famiglia, si sono scontrati per caso con due minorenni cresciuti con lo spettro del clan, con personalità complicate e provenienti da contesti familiari borderline. E così, come spesso avviene, per uno sguardo di troppo, per un futile motivo, è stata spezzata una giovane vita. 


Per dimostrare chi comanda. Non hanno la forza di parlare i genitori di Giovanni, il padre Antonio chef professionista, la madre Marianna Colantuono, commerciante in largo Santissimo (nelle cosiddette piazzette del comune corallino) e la sorella Rosa che ha una bimba di pochi mesi.

Famiglia di commercianti da diverse generazioni, quella materna, nota in città per educazione e disponibilità. È il cugino Luciano, così, che con gli occhi pieni di lacrime ma senza odio, ricostruisce queste drammatiche ore. «Vorremmo indietro Giovanni - dice - ma non si può. Allora chiediamo che i colpevoli paghino. Io dico ai ragazzi di non farsi la guerra, di uscire per unirsi non per distruggersi. Lo stiamo vedendo, la guerra è morte». Giovanni e Nunzio erano amici fin da piccoli, il primo avrebbe dovuto frequentare il terzo anno dell’Istituto Nautico di Torre del Greco ma si era ritirato dalla scuola per lavorare con lo zio come fruttivendolo, il secondo lavorava in una salumeria. Giovanni aveva fatto esperienza anche in un ristorante di una località turistica, avrebbe voluto diventare chef come il padre, amava i cani ed era tifoso della Turris. Anche Nunzio ha gli stessi interessi dell’amico, vive al centro della città con la madre e la sorella, il padre è marittimo. «Giovanni era un gigante buono - dicono i commercianti di Largo Santissimo, dove lavorava la vittima - siamo sconvolti».

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Tutti lo ricordano come un buono non rissoso, dalle prime ricostruzioni è emerso che l’amico Nunzio si sarebbe scontrato con i due minorenni in cerca di grane e che lui sarebbe intervenuto in sua difesa. «Il ragazzo ferito (Nunzio) - riferiscono dal Pronto Soccorso del Maresca - continuava ad avere un atteggiamento spavaldo, nonostante l’amico fosse morto. Diceva che non li conosceva ma che se li ricordava di faccia e li avrebbe “ammazzati”. Giovanni abbiamo provato a rianimarlo, ma non c’è stato nulla da fare. La lama gli aveva attraversato il cuore di traverso». Qui, dove i familiari dei ragazzi hanno preso a calci finestre e mura.

 

Giovanni e Nunzio avvertivano sempre i loro genitori dei loro movimenti, domenica sera alle 22.30 quando sono stati inseguiti e poi accoltellati stavano tornando a casa. Forse non i due quindicenni, entrambi di Torre Annunziata e che frequentano il primo anno delle superiori: uno dell’Istituto Tecnico Marconi della città oplontina, l’altro dell’Istituto Alberghiero di Castellammare. Anche loro quella sera erano lì per “divertirsi” e pare non conoscessero i due ragazzi dell’«altra Torre». Le due Torri sono rivali da sempre e non solo per motivi calcistici. Vicini al clan Gallo-Cavalieri, i due quindicenni erano già stati segnalati dalle forze dell’ordine per condotte violente. Provengono da situazioni familiari difficili e pare non sia stata la prima volta che uscissero armati di lame. Intanto la comunità è sconvolta per questo assassinio così efferato. Il sindaco Giovanni Palomba e il parroco della parrocchia di Santa Croce (frequentata dalla vittima), don Giosuè Lombardo hanno incontrato i familiari. «Non è immaginabile che un innocente abbia dovuto pagare al prezzo della propria vita - commenta Palomba - la piacevolezza e la tranquillità di un momento di svago in compagnia. È, quanto mai necessaria, dunque, una riflessione seria ed attenta sulla educazione dei nostri giovani».

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