Trappola Borse universitarie
bonus fino a 5mila euro
solo se si lascia la Campania

Trappola Borse universitarie bonus fino a 5mila euro solo se si lascia la Campania
di Marco Esposito
Sabato 9 Luglio 2022, 23:48 - Ultimo agg. 10 Luglio, 09:15
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Bel dilemma per dei ragazzi e per le loro famiglie: mi iscrivo in una delle università campane senza Borsa di studio oppure in un ateneo di un’altra regione con un bonus che può superare i 5mila euro? Chi ha un reddito familiare Isee di 22-24mila euro e una situazione patrimoniale Ispe vicina a 50mila euro si trova in questa paradossale situazione: per l’Italia è una famiglia a basso reddito e merita quindi un sostegno per gli studi universitari mentre in Campania, se come sembra saranno confermate le scelte degli scorsi anni, si è considerati ricchi a sufficienza per poter sostenere integralmente il costo degli studi anche se fuori sede, come per esempio per uno studente residente nel Cilento che si iscrive in uno degli atenei di Napoli.

Per dei ragazzi già con un forte desiderio di fuga, la trappola delle soglie di reddito può rappresentare la spinta decisiva a lasciare la propria terra.

Per il prossimo anno accademico, il 2022/2023, le Borse di studio sono state notevolmente incrementate nell’importo, arrivando a 7.389 euro per ragazze che si iscrivono alle cosiddette facoltà Stem, cioè scientifiche, ingegneristiche e matematiche.

Molte Regioni hanno già reso operative le novità del governo, sia alzando le soglie al massimo possibile, sia prevedendo specifici benefici per gli studenti in arrivo da altre regioni. La Regione Lombardia il 4 luglio ha stabilito che lo studente fuori sede ha diritto all’alloggio gratuito, a un pasto al giorno gratis più un gettone che può arrivare a 3.967 euro per un valore complessivo che supera i 7mila euro. E la quota si accresce del 20% per le studentesse Stem. 


L’Emilia Romagna non solo offre benefici analoghi, ma garantisce il pagamento della prima rata della Borsa già il prossimo 10 novembre per le matricole, in pratica anticipando le spese degli studenti. La Regione Lazio invece promette di pagare la prima rata (pari a un quarto del totale) entro il 31 dicembre. Tra gli atenei del Lazio, peraltro, c’è quello di Cassino che è molto vicino al territorio campano per cui non sempre scatta il limite dei 50 chilometri. Ma il bando del Lazio precisa che sarà considerato fuori sede anche chi arriva da località come Piedimonte, Calvi Risorta o Capua purché per dieci mesi prenda alloggio a Cassino.

Il dilemma non ci sarebbe se le soglie di reddito per accedere alle Borse di studio fossero uguali in tutta Italia. Il governo, però, ha deciso di consentire alle Regioni un taglio fino al 30% con una motivazione che suona come una presa in giro: «Al fine di garantire alle Regioni - si legge nel decreto del Mur - un certo grado di autonomia che permetta alle stesse di rapportare il valore nazionale alla effettiva realtà territoriale, la norma prevede la possibilità per le stesse di ridurre al soglia massima sulla quale attestarsi fino ad un massimo del 30% in meno del valore nazionale». Nessuna delle Regioni che ha già deliberato ha tagliato le soglie di reddito, tuttavia la Campania ha sistematicamente scelto in passato valori inferiori alle soglie indicate. Nel precedente anno accademico (2021/22) il livello Isee nazionale di 23.626 in Campania era 21.000, con una limatura dell’11%, mentre quello Ispe di 51.362 euro addirittura era stato tagliato del 22% a 40.000 euro. Tali importi, secondo indiscrezioni, sarebbero stati confermati dalla Giunta regionale per il 2022/23. Ora tocca al Consiglio dire l’ultima parola. Se i valori non dovessero cambiare, una famiglia campana con un reddito Isee di 22-24mila euro e una situazione patrimoniale Ispe di 42-52mila euro rinuncerà alla Borsa di studio iscrivendo il figlio in una università campana mentre riceverà il bonus scegliendo un ateneo di qualsiasi altro territorio eccetto il Molise, l’unico con soglie altrettanto basse.


Eppure da dieci anni c’è una legge nazionale (decreto legislativo 68/2012) che definisce le Borse di studio universitario come del Lep, ovvero livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale. E non a chi sì e a chi no. Però quel decreto prevedeva al suo interno una norma di disapplicazione perché al comma 7 dell’articolo 7 rimandava la definizione dell’importo della Borsa di studio a un successivo decreto attuativo che nessun governo ha mai pensato di attuare, nonostante la previsione di legge di dodici mesi. Dieci anni fa, la legge prevedeva che nel valore della Borsa di studio «non è compresa la spesa per l’acquisto di personal computer ed altri strumenti od attrezzature tecniche o informatiche». Un’assurdità corretta a fine 2021. Ma rimasta lettera morta perché appunto il valore della Borsa, comprensiva o meno di tablet, non è stato mai determinato dal Mur di concerto con il Mef. 

Oltre al Lep definito e non attuato, c’è il tema degli obiettivi del Pnrr, privi di una concreta valutazione territoriale. Il ministero dell’Università, infatti, nel suo decreto «segnala che secondo quanto previsto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nell’ambito della misura di investimento 1.7 Missione M4C1, gli obiettivi da raggiungere sono i seguenti: l’assegnazione di una borsa di studio per l’accesso all’università ad almeno 300 mila studenti entro l’ultimo trimestre del 2023 e ad almeno 336 mila studenti entro l’ultimo trimestre del 2024». Attualmente (rilevazione 2021) le Borse erogate sono 244.230 per cui l’incremento sarebbe consistente ma, ancora una volta, non c’è alcun obiettivo di equilibrio territoriale.
 

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