Ucraina, la Federico II di Napoli in campo: «Il nostro manifesto per la pace»

Ucraina, la Federico II di Napoli in campo: «Il nostro manifesto per la pace»
di Luigi Roano
Mercoledì 2 Marzo 2022, 10:32
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Professor Matteo Lorito - rettore della Federico II - come può la più antica Università d'Europa far sentire la sua voce nel conflitto tra Russia e Ucraina?
«Promuovendo un incontro per la pace. In ateneo abbiamo 250 studenti tra ucraini e russi, in prevalenza sono ucraini. Ovviamente ci attendiamo che i ragazzi saranno contro la guerra al di là di chi è da un lato chi dall'altro. Altri segnali li stiamo dando con l'illuminazione del rettorato e della sede di Monte sant'Angelo con i colori dell'Ucraina: sono molte le iniziative che stiamo mettendo in campo».

Mettere insieme ragazzi ucraini e russi di questi tempi è un'impresa seria, come si sta organizzando?
«Vorremmo fare quest'incontro nell'Aula magna al quale naturalmente parteciperanno tutti gli studenti.

Serve il maggior coinvolgimento possibile. Devono parlare al mondo in tutta tranquillità con la voce forte di chi vuole la pace e dice no alla guerra. Stiamo verificando la fattibilità di questo incontro, sono fiducioso nella consapevolezza che quando parlano le armi è tutto molto più difficile. Mi aspetto che nasca un manifesto no guerra condiviso da tutti».

Lei che li guarda negli occhi tutti i giorni che impatto ha avuto la guerra sugli studenti della Federico II?
«Sono rimasti attoniti, è come non leggere più la storia sui libri, ma viverla quotidianamente attraverso Internet. Per i ragazzi, che ci sia una guerra in posti dove sono stati, dove ci sono amici, l'idea che quelle immagini siano vere è stato traumatico. E noi speriamo che proprio dai ragazzi universitari possa arrivare una risposta forte contro la guerra e per la pace. Perché nessuno di loro se l'aspettava questo scenario».

Decine di migliaia di profughi provenienti dall'Ucraina si stanno riversando in tutta Europa. L'Italia - e Napoli in particolare - hanno una foltissima comunità ucraina stabilmente integrata. Cosa può fare la Federico II al riguardo?
«Nel nostro ambito ho fatto un decreto per assegnare una somma significativa per borse di studio non solo per gli studenti, ma anche per i ricercatori ucraini e per chi vuole venire da noi a studiare e fare ricerca. E abbiamo chiesto all'Adisu - l'Azienda per il diritto allo studio universitario - di individuare anche degli alloggi per ospitarli se volessero arrivare con le loro famiglie. Una misura già sperimentata per l'Afghanistan. Abbiamo il sostegno del Miur e del ministro per l'Università Maria Cristina Messa che ci ha inviato una lettera spronandoci a dare la nostra disponibilità ad accogliere studenti e ricercatori. Ma non c'è solo questa come iniziativa».

Vale a dire?
«Siamo inseriti in diverse reti universitarie europee, attraverso il Miur, e stiamo collaborando a tutte le iniziative che si stanno tenendo per sostenere anche l'Accademia ucraina e per urlare no alla guerra».

Nella lettera inviata dal ministro ci sono raccomandazioni particolari?
«Oltre a invitarci a individuare numeri precisi in termini di capacità di accoglienza ci ha chiesto di valutare e fermare progetti cosiddetti dual use ovvero quei progetti nei settori della ricerca che possano fornire involontario sostegno all'azione militare della Federazione russa. Nella sostanza trasferimento di tecnologie nate per usi civili in ambito militare, tecnologie che possano avere un utilizzo doppio».

Ci sono ragazzi della Federico II che hanno aderito al progetto Erasmus - cioè la possibilità di effettuare un periodo di studio all'estero - nelle aree della guerra?
«Noi viviamo di Erasmus, ce ne sono diverse decine in giro ma non in Ucraina piuttosto nelle regioni limitrofe. Monitoriamo quotidianamente la situazione e posso dire che è tutto tranquillo. E siamo in ogni caso pronti a farli rientrare».

Che idea si è fatto lei di questa guerra osservandola da una delle Università più prestigiose d'Europa e del mondo?
«La mia impressione è che si tratta di un'azione fuori dal tempo e dalla storia. Usciamo da una situazione pandemica che ha creato tante difficoltà. Fare una guerra come questa di conquista, che poi non produrrà nessuna conquista reale perché quando si occupa un territorio questo accade, significa solo che la guerra innescata durerà per molto tempo. La Russia è isolata nel mondo, perché il mondo si sta spostando dalla parte del soggetto aggredito».

Quindi lei teme una guerra lunga?
«La speranza è che ci si renda conto che è stata un'azione inutile e dimostrativa. La mia idea è che ci sia spazio per la soluzione negoziale e dare la possibilità a tutti quelli coinvolti di uscirne in maniera dignitosa. Ma quello che serve è fermare subito le armi».

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