«Ricordo la guerra ma il Covid fa più paura». Anna Avolio, ha raccontato emozionata il suo passato, sorridendo con gli occhi al dottore che le stava iniettando il vaccino Pfizer. A 84 anni non credeva «di vivere un momento che sarebbe passato alla storia». Una sensazione a metà strada tra l'incredulità e la «speranza di riabbracciare i nipoti senza indossare la mascherina», come è stata descritta dagli anziani vaccinati, ieri, nelle proprie case, dalle equipe delle Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale dell'Asl Napoli 1 Centro. Dal 25 aprile, sono cominciate le inoculazioni di Pfizer per gli over 80, e i fragili non deambulanti, che non hanno un medico di famiglia vaccinatore. Per queste categorie, ci sono cinque squadre Usca composte da due medici, un'autista e una guardia giurata che, ogni giorno, somministrano un totale di 30 vaccini, suddivisi in 12 inoculazioni realizzate da ciascuna equipe, dalle 8 fino alle 20. Il servizio è operativo in tutti i quartieri, dal centro alla periferia di Napoli dove offrire il caffè ai medici, dopo il vaccino, diventa quasi un rito di gratitudine.
«Ho dieci nipoti, sono bisnonna e vorrei che mi potessero venire a trovare senza rischiare di contagiarmi». È questo il desiderio di Assunta Maraucci, 82enne napoletana che spera di «ritrovare l'affetto dei familiari e la serenità di poterli abbracciare senza mascherina». Mentre i medici Usca le hanno appuntato, ieri, la spilla con la scritta «mi sono vaccinata», i figli hanno confessato «la grande paura che durante la pandemia, Anna potesse ammalarsi ed essere costretta a stare da sola in ospedale». Una paura «sconfitta dal vaccino che è l'unica arma per bloccare il virus» hanno ribadito i familiari dell'anziana che ha ricevuto Pfizer «preparato in siringhe già pronte da inoculare che vengono ritirate all'ospedale Cardarelli e trasportate nelle case in una borsa frigo», come hanno spiegato Antonio Scalvenzi e Maria Rosaria Pirolo, i due camici bianchi che ieri hanno vaccinato 12 persone tra i quartieri di Miano e Piscinola.
«Effettuiamo l'anamnesi e anche una visita per misurare pressione, frequenza cardiaca e saturazione, prima di inoculare Pfizer» hanno raccontato Scalvenzi e Pirolo, medici specializzandi in Anestesia e Rianimazione che dopo le procedure amministrative e i protocolli per il consenso informato, sono soliti trattenersi anche un po' di più dei 20 minuti previsti «per dare più sicurezza ai pazienti». Per chi è costretto a rimanere in casa da anni, la vita si trasforma nella possibilità di emozionarsi, gioire e vivere tra le mura domestiche a cominciar dall'incontro con i parenti, i figli e i nipoti.
Riconquistare questa felicità è uno dei sogni più grandi per gli anziani provati dalla paura del contagio. È stato così per Ginevra Palmendieri, 94enne napoletana assistita dai figli e allettata. «Dopo i vaccini anti influenzali era ovvio fare quello per il Covid» hanno detto i figli che attendevano con ansia l'arrivo delle equipe vaccinali. «Per noi che non abbiamo un medico di base vaaccinatore, è stato fondamentale poter somministrare Pfizer in casa - hanno sottolineato i figli di Ginevra - non avremmo mai potuto spostare nostra madre». Il vaccino, per gli ultraottantenni imprigionati in casa, è stato soprattutto un'arma contro la paura. «Ricordo quando i tedeschi entravano nei nostri campi, perché io ho sempre lavorato la terra e quella paura non era come quella del Covid che è molto peggio» ha aggiunto Anna Avolio, 84enne impaziente di ricevere il vaccino. Ed è proprio questo l'aspetto più gratificante anche per i medici entusiasti «di portare gioia e speranza con un'assistenza fondamentale per sconfiggere la pandemia» hanno spiegato Scalvenzi e Pirolo che, come tutti i medici Usca, si dedicano anche ai tamponi e all'assistenza dei pazienti Covid a domicilio.