Vaccini a Napoli, Zarone: «Io che ho combattuto il colera a 93 anni aspetto ancora la fiala»

Vaccini a Napoli, Zarone: «Io che ho combattuto il colera a 93 anni aspetto ancora la fiala»
di Melina Chiapparino
Domenica 16 Maggio 2021, 08:45 - Ultimo agg. 17 Maggio, 19:22
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«Ho fiducia nel vaccino ma si sono dimenticati di me». Mentre pronuncia queste parole con la mente lucida e il corpo costretto all'immobilità, Alfonso Zarone che compirà 93 anni ad ottobre, racconta il suo calvario per l'immunità. L'ex primario di Medicina Legale all'ospedale Cardarelli, fu reclutato dal Tribunale di Napoli per scovare il focolaio del colera e coordinò la campagna vaccinale dell'epoca. Oggi racconta la sensazione di sentirsi abbandonato dallo stesso mondo sanitario per cui si è sacrificato.


Professore, da quanto aspetta il vaccino?
«Sono stato prenotato sulla piattaforma per le adesioni, il 31 gennaio, ricevendo la ricevuta di conferma per la registrazione ma da quel momento non ho più ricevuto informazioni a riguardo.

Nel modulo da compilare, è stato specificato che non sono deambulante, in quanto allettato da 3 anni a causa delle mie patologie. I miei figli, hanno inviato dei solleciti ad una mail della Regione Campania ma, anche in questo caso ci hanno ignorato. Recentemente, il 6 maggio, mia moglie è stata vaccinata presso un centro ed ha nuovamente sottoposto all'attenzione dei sanitari la mia situazione. Ancora una volta, nessuno ci ha contattati, inoltre il mio medico di famiglia, non è vaccinatore».


Lei ha contratto anche il Covid, ha avuto paura?
«Mi sono ammalato di Covid a settembre 2020, insieme a mia moglie anche se lei ha avuto una sintomatologia più severa della mia con la conseguenza di una polmonite interstiziale. Io sono stato trattato con farmaci e ossigeno ma, fortunatamente, non abbiamo avuto necessità di ricovero ospedaliero. Nonostante questo, è stato un vero incubo durato quasi un mese e l'aspetto drammatico, è stato che nessun medico ci è venuto a visitare e anche i servizi dell'Asl ci hanno seguito solo per i tamponi. Abbiamo avuto paura e per questo, serve il vaccino. La vera assistenza, è stata quella della nostra badante, reclusa con noi e, purtroppo, portatrice del Covid».


Ha combattuto il colera. È più dura la battaglia contro il Covid?
«Mi sono occupato delle indagini per stanare il focolaio del colera, constatando che nelle cozze napoletane c'era una concentrazione di 400mila colibatteri a dispetto dei 4 per grammo, accettabili per non mettere a rischio la salute. All'epoca organizzai anche il piano vaccinale. Questa pandemia è diversa, più subdola ma, come allora, abbiamo l'arma del vaccino. Tutti devono essere vaccinati contro il Covid e chi è più fragile va tutelato. Nel mio caso, a parte i figli che si prendono cura di me, c'è un grande via vai di personale infermieristico e assistenti perché non posso muovermi e questo, mi espone al rischio di contagio».


Come si sente?
«Mi sento abbandonato e non tutelato. Ho fatto il dosaggio anticorpale e, nel mio caso, non ho sviluppato un numero sufficiente di anticorpi per proteggermi dal Covid che potrei anche contrarre nuovamente. Inoltre, ho avuto la fortuna di non dover combattere sintomi gravi ma non è detto che andrà sempre così. Nonostante questo non perdo la speranza e, ogni giorno, chiedo ai miei figli quando verranno a vaccinarmi con la speranza che possa accadere il prima possibile».


Il suo appello «Non è una questione personale».
«Tutti gli ultranovantenni dovrebbero essere al sicuro. Io ormai non posso muovermi ma detto il testo dei libri che non ho mai smesso di scrivere, a chi mi assiste e li riporta sul computer. Scrivere mi aiuta a superare la mia situazione di immobilismo perché mi sposto con la mente. Sto lavorando alle mie memorie e non perdo la speranza di continuare a farlo e di riceve il vaccino ma il mio appello è dedicato a tutte le persone fragili e anziane che vanno vaccinati il prima possibile, soprattutto se non hanno la possibilità di spostarsi come è accaduto a me».

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