Volontario Onu morto in Colombia, l'allarme dei Servizi segreti: posti da evitare

Volontario Onu morto in Colombia, l'allarme dei Servizi segreti: posti da evitare
di Valentino Di Giacomo
Lunedì 20 Luglio 2020, 08:30 - Ultimo agg. 18:05
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Il corpo di Mario Paciolla, il volontario dell'Onu trovato morto in Colombia, dovrebbe rientrare nei prossimi giorni in Italia. Sul cadavere del 33enne napoletano è stata già effettuata l'autopsia per stabilire se davvero come hanno inizialmente sostenuto le autorità colombiane il giovane possa essersi suicidato o se, secondo i sospetti della famiglia possa essere stato ucciso. Per stabilirlo nei prossimi giorni dovrebbero essere inviati a Bogotà anche agenti italiani dello Scip, il Servizio di cooperazione internazionale della Polizia.
 

 

Intanto però che la situazione fosse mutata in Colombia negli ultimi mesi lo attestano anche alcuni recenti rapporti dell'intelligence italiana. Si tratta semplicemente di analisi effettuate dai nostri 007 per stabilire i mutamenti geopolitici in alcune zone del mondo, attività ordinarie che però adesso assumono tutta un'altra luce dopo la morte di Mario Paciolla. «Le misure restrittive introdotte in Colombia per contenere la diffusione del coronavirus veniva scritto lo scorso maggio in un dossier degli analisti del Comparto - stanno esacerbando il livello di violenza tra i numerosi gruppi armati attivi nel paese, dove a quasi quattro anni dalla firma dell'accordo di pace con le Farc non si fermano le violenze delle formazioni armate in lotta per il controllo del territorio e delle rotte dei commerci illegali». Il report spiega come la situazione in Colombia sia ulteriormente degenerata con numerosi episodi di violenza anche in base all'attività proprio dell'Onu nel Paese. «Alle ripetute denunce delle associazioni non governative viene specificato nel report - si è aggiunta in questi giorni quella delle Nazioni Unite, che hanno parlato di una vera e propria epidemia di violenza, diretta in particolare contro leader sociali, difensori dei diritti umani ed ex combattenti delle Farc». La stessa Onu spiegava che: «i gruppi armati stanno approfittando del fatto che la maggior parte delle persone è bloccata per espandere la propria presenza e il proprio controllo sul territorio».

Proprio alla luce di questi allarmi chi ora lavora al dossier di Paciolla non esclude che il giovane napoletano possa aver solidarizzato con gli ex militanti delle Farc indispettendo qualcuno dei loro avversari. Solo un'ipotesi, sospetti, che potranno essere approfonditi solo attraverso indagini mirate e individuando chi poteva avere questo interesse. Del resto Paciolla lavorava proprio ad un progetto delle Nazioni Unite che mirava a riconvertire gli ex combattenti al lavoro nei campi.
 

Anche il territorio dove lavorava Paciolla, il dipartimento di Caquetà, era considerato altamente pericoloso e per questo sconsigliato per i viaggiatori o luoghi dove prestare particolari cautele. «Da fine 2019 veniva osservato dagli analisti - nei dipartimenti di Antioquia, Norte de Santander, Cauca, Chocó, Nariño e proprio Caquetá si è registrato un aumento degli sfollamenti». Non solo ma la situazione era definita «preoccupante» nel Sud-Ovest del paese. «Secondo dati diffusi dalla procura colombiana almeno 20 persone sono state uccise nel dipartimento dall'inizio della quarantena decretata lo scorso 25 marzo per contenere la diffusione del coronavirus. Il vice procuratore generale Martha Janeth Mancera (la stessa persona che sabato ha avuto una lunga videoconferenza con la famiglia di Mario) che la situazione di violenza è aumentata durante la quarantena decretata dal governo del presidente Ivan Duque».

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