Napoletano morto in Colombia, cade la pista del suicidio: sparito il coltello dei narcos

Napoletano morto in Colombia, cade la pista del suicidio: sparito il coltello dei narcos
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 17 Luglio 2020, 23:30 - Ultimo agg. 18 Luglio, 12:06
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Tagli provocati da coltelli o da lame acuminate che non sono state trovate in casa. Vene squarciate, non tagliate in modo chirurgico, un segno che rimanda a coltelli con denti spessi o qualcosa di simile, che non è stato refertato dagli organi di polizia giudiziaria intervenuti sul luogo del delitto. È questo il primo punto del giallo legato alla morte di Carmine Mario Paciolla, napoletano di rione Alto, trovato morto alcuni giorni fa in Colombia, nel dipartimento di Caquetà. Una vicenda che attende gli esiti dell’autopsia, in uno scenario su cui guarda con attenzione anche la Procura di Napoli, decisa ad aprire un fascicolo sulla scomparsa in Colombia del cittadino napoletano.

Stando a quanto emerso dalle prime testimonianze, nessuno crede alla pista del suicidio. Collaboratore delle Nazioni unite sul fronte caldo di un paese complesso come la Colombia, capace di districarsi nei quartieri difficili, come la periferia di San Vicente, barrio Villa Ferro, alle prese con problemi umanitari, come quello legato allo sfruttamento della popolazione in un regime di narcoeconomia. Ma torniamo alle indagini sulla scomparsa del 33enne napoletano. Come è noto, sugli omicidi dei nostri connazionali all’estero, si muove un ufficio ad hoc della Procura di Roma, che dà inizio a una serie di accertamenti, a stretto contatto con le autorità giudiziarie locali. Nello stesso tempo però, la Procura di Napoli non resta ferma. E come accaduto anche di recente - basti ricordare i napoletani scomparsi in Messico -, ha deciso di aprire un fascicolo per raccogliere informazioni sul territorio. Appena rimbalzata a Napoli la notizia della morte di Paciolla, sono state divulgate dal Mattino e da altri media informazioni che potrebbero avere un peso. È stata la madre del giovane uomo ucciso a raccontare la sua voglia di ritornare a Napoli, la sua determinazione nell’acquistare i biglietti, fino a ricordare la voglia di fare un tuffo nelle acque di Marechiaro. Parole e circostanze che stridono con la pista del suicidio, quella che sulle prime è arrivata a Napoli dalla Colombia. Ci sono amici e colleghi con cui Mario Paciolla è rimasto in contatto anche negli ultimi giorni di vita che potrebbero offrire nuovi elementi in questa storia, a propositi dei rischi vissuti dal volontario Onu in un territorio complesso come quello colombiano. Amici che potrebbero essere ascoltati proprio sul suo ruolo di mediatore internazionale, sui contatti vissuti negli ultimi giorni e sulla sua decisione di prenotare un biglietto di ritorno per rientrare a Napoli.
 


Un caso che alimenta rabbia e solidarietà su più livelli. Ha spiegato il sindaco Luigi De Magistris: «Ho seguito sin da subito il rincorrersi delle notizie riguardanti la drammatica scomparsa di Carmine Mario Paciolla, giovane napoletano volontario dell’Onu che si trovava in Colombia per una missione umanitaria. Ho preso contatti con la famiglia - attraverso una loro portavoce - per esprimere loro innanzitutto il dolore, lo sgomento della città e la profonda solidarietà non solo alla famiglia Paciolla ma anche ai suoi amici, a quelli che accanto a Mario hanno sempre lottato strenuamente per la difesa dei più deboli e per l’affermazione delle libertà dei popoli. Vigileremo con estrema attenzione su questa vicenda che ha assunto subito contorni inquietanti e sinistri ed affinchè essa non venga archiviata come molte - troppe - altre volte accadute in modo simile». 

Ma cosa può aver provocato la fine del volontario Onu? C’è una pista rilanciata ieri dal Mattino, sulla scorta degli equilibri criminali che condizionano lo sviluppo economico della Colombia. Una pista che fa riferimento al tentativo dei narcotrafficanti colombiani di estendere le proprie coltivazioni, nel periodo successivo alla pace tra il governo e i guerriglieri Farc. In questo scenario, si sarebbero inserite le missioni umanitarie sotto l’egida dell’Onu, nel tentativo di dare vita ad un ampio programma di riconversione dell’agricoltura locale, strappando terre e ossigeno ai narcos. Possibile che le attività di un volontario del calibro di Mario Paciolla possano aver provocato una reazione sanguinaria da parte dei narcotrafficanti, anche alla luce di un episodio destinato a pesare in questa storia: Paciolla aveva accompagnato il sindaco di San Vicente, Julian Perdomo, e il governatore della regione di Caquetà, Arnulfo Gasca, presso alcune comunità rurali per un ampio progetto di rilancio agricolo del territorio.
Un’azione strategica, condotta in prima persona, che potrebbe aver scatenato un delitto organizzato, mascherato dalla messinscena del suicidio alla quale ormai non crede più nessuno.

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