L'ipogeo dei Cristallini, la meraviglia del gioiello ritrovato nel rione Sanità

L'ipogeo dei Cristallini, la meraviglia del gioiello ritrovato nel rione Sanità
di Vittorio Del Tufo
Sabato 6 Novembre 2021, 15:00 - Ultimo agg. 18:48
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La memoria della città è scolpita nei labirinti di pietra degli ipogei, gli straordinari canyon di tufo che spaccano la collina dei nostri antenati, i Greci. La Sanità, insieme ai Vergini e ai Miracoli, anticamente costituiva la Valle dei Morti: negli ipogei i Greci, soprattutto gli aristocratici, interravano i propri defunti. Continuarono i Romani, riutilizzando a volte gli antichi ipogei greci o costruendone di nuovi. E i Cristiani, che lasciarono in loco le loro catacombe. Di molti di questi sepolcri si è persa traccia e memoria. Alcuni invece sono ancora conservati sotto il moderno tessuto edilizio e costituiscono una testimonianza preziosa della stratificazione storica della città. Tra questi il più noto è l'ipogeo dei Cristallini, luogo da sempre chiuso al pubblico, che oggi può tornare alla fruizione collettiva grazie a un recupero a tutto campo voluto dalla famiglia Martuscelli, proprietaria dell'area sepolcrale, dalla soprintendenza e dall'Istituto Centrale per il Restauro. L'intervento è stato già avviato grazie ai finanziamenti della Regione (Por Campania Fesr).

Era il 1889 quando dal cuore di tenebra della città spuntò l'ipogeo dei Cristallini. Il barone Giovanni di Donato, cercando acqua nel sottosuolo del suo palazzo di famiglia (in via Cristallini 133) trovò invece un tesoro di pittura e architettura ellenica.

Uno scrigno di arte e di storia custodito dapprima dallo stesso lungimirante barone e poi dalla famiglia Martuscelli, che ereditò quel tesoro. Nel mezzo il rione Sanità e la sua gente, che con grande orgoglio di appartenenza ha protetto questi luoghi per decenni. Le iscrizioni greche, e le straordinarie decorazioni oggi recuperate, sono sopravvissute alle colate di fango della «lava dei Vergini», ovvero le alluvioni provocate dall'intasamento del sistema fognario che hanno devastato il quartiere fino al 1960. 

La memoria è tenace, sopravvive alle ingiurie del tempo e alle scelleratezze degli uomini. Ma il passato va protetto e valorizzato. È stato Giampiero Martuscelli, con la moglie Alessandra Calise, a decidere che la memoria degli ipogei andasse restituita alla città. Così è nata l'operazione di recupero dell'ipogeo dei Cristallini, che ha custodito per millenni i resti degli antichi abitanti di Neapolis, quando era ancora parte della Magna Grecia. «A convincerci - racconta Alessandra Calise Martuscelli - è stato un archeologo. Dopo essere entrato nella più bella delle quattro sale, ha esclamato: Mamma mia quanta bellezza, vorrei vivere qua!».

Bellezza che quasi frastorna, tesori d'arte da sottrarre all'oblìo. Eccoli, i sepolcreti della fine del IV secolo e inizio del III secolo a.C. Li abbiamo visitati, in anteprima, con il soprintendente Luigi La Rocca e la meravigliosa squadra di archeologi, restauratori e ricercatori che sta portando avanti da mesi le operazioni di recupero. L'intervento di restauro consentirà l'apertura per step successivi, già dalla prossima primavera, di sezioni a mano a mano più ampie dell'ipogeo. «L'obiettivo - come spiega La Rocca - è scavare nuove camere ipogee, ancora intatte, e consentire una fruizione pubblica di questi luoghi anche attraverso il collegamento con altri ipogei. Quest'area non smette di riservare sorprese, e raccontarci il passato». 

 

Quel passato è la nostra memoria di pietra. Quattro ambienti contigui, scavati nel tufo delle colline che sorgevano a nord dell'attuale Porta San Gennaro. Le camere sepolcrali sono coperte da volte a botte e la struttura monumentale, ben conservata, è arricchita da un apparato decorativo che si sviluppa lungo l'intero ipogeo. Quel che colpisce di più sono i colori: nitidi, vivi, spettacolari. Colori che si inseguono, si alternano, si sovrappongono, fin quasi a comporre raffinatissimi effetti trompe l'oeil. A testimoniare la passione degli antichi greci per i colori - un autentico culto - sono le decorazioni delle pareti e della lunetta nella quale è rappresentata una grande testa di Medusa, e poi i fregi dipinti in rosso, blu e bianco, le corone di fiori eseguite a macchia, i capitelli. Uno spettacolo di luci e colori nel buio della terra.

Sulla parete a sinistra della porta d'ingresso, un dettaglio eccezionale: vi è raffigurata una grande patera d'oro dove sono rappresentate due figure semisdraiate, con lo sguardo rivolto l'una verso l'altra. La figura maschile è Dioniso, quella femminile Arianna. Una scena di ierogamia che rende ancora più affascinante il cuore di pietra dell'ipogeo dei Cristallini.

Lei, principessa di Creta, è la figlia del re Minosse. Lui è il dio che la salva.

L'ipogeo di Cristallini svela, dunque, anche la presenza di antichi culti iniziatici nella zona della Valle dei Morti: un culto dionisiaco funerario, in particolare, riconducibile a sette e comunità di iniziati. Un mistero in più nelle viscere della città capovolta.

Tutta l'arte è stata contemporanea, lo è stata anche quella greca. Avvicinare l'arte greca a un pubblico sempre più ampio è un obiettivo ambizioso, nella città seduta, spesso a sua insaputa, su un immenso giacimento di storia e cultura. Con l'apertura al pubblico e la valorizzazione dell'ipogeo dei Cristallini si aggiunge un nuovo tassello al recupero del rione Sanità, che vive di affanni ma anche di straordinarie eccellenze, e tra le cui ombre è nascosto un tesoro unico al mondo: una delle rarissime testimonianze della pittura e dell'architettura ellenica, andate altrove quasi interamente distrutte. Una meraviglia archeologica che appartiene alla nostra storia e alla nostra memoria: teniamocela stretta.

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