Napoli, Peppe Barra: «A Port'Alba basta baretti, più amore per la cultura»

Il cantante e attore: serve una scossa

Peppe Barra
Peppe Barra
di Gennaro Di Biase
Lunedì 20 Novembre 2023, 08:42 - Ultimo agg. 21 Novembre, 06:49
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Port'Alba, in queste settimane, sta diventando la metafora della cultura partenopea: «Per farla rinascere serve riportare i giovani verso i valori della cultura. La lotta per Port'Alba ha qualcosa di politico e collettivo, dunque: la rigenerazione della via dei libri può contribuire a salvare la cultura. E la cultura si rigenera anche attraverso la salvezza di Port'Alba». A parlare è uno dei principali interpreti della cultura partenopea, il cantante e attore Peppe Barra. La sua visione conduce verso l'istituzione di un mutuo soccorso, di una reciproca corrispondenza tra il bene di tutti e il bene della stradina che collega piazza Dante a piazza Bellini: bisogna migliorare il mondo per migliorare Port'Alba, insomma. E, assieme, serve migliorare Port'Alba per migliorare il mondo. Le due cose sono legate. Nelle ultime settimane si è avviata una mobilitazione collettiva, iniziata da Il Mattino, per il ripristino dell'arco storico del Seicento, imbrigliato da reti di contenimento, e per la valorizzazione generale di Port'Alba.

Alla Notte Bianca dei librai, venerdì, hanno aderito tantissime persone, compreso il sindaco Manfredi. Lei che ne pensa?
«Credo che questa sia una battaglia di educazione culturale.

Port'Alba ha sempre rappresentato la cultura partenopea. Le botteghe di libri lì fanno parte della tradizione e dell'identità della città. C'erano anche in piazza Dante, ma al loro posto ci hanno messo ristoranti e bar. Stiamo involvendo, purtroppo, e non evolvendo. Iniziative come questa, se si insiste nel tempo, hanno il potere di cambiare le cose».

Come si costruisce un futuro per la via dei libri?
«Lo si costruisce a partire dai giovani. Sono loro che dovrebbero prendere la palla al balzo. Mi domando perché gli studenti non combattano più per ottenere certe cose. Gli universitari e i ragazzi potrebbero scendere in piazza, al riguardo: quella per Port'Alba è una battaglia politica, in un certo senso».

Le istituzioni dovrebbero evitare l'invasione di bar e ristoranti?
«Il Comune dovrebbe prendere coscienza dello stato delle cose. Ho memoria di una Napoli molto più colta, nei decenni scorsi. Si vendevano più libri sulle bancarelle. E non solo a Port'Alba, ma in ogni zona. Ho comprato tanti libri antichi, lì. Ero un ragazzo povero e amavo trovare volumi rari, a costo contenuto, nella via dei libri. Per esempio, a Port'Alba acquistai un volume sulla storia della Napoli medievale, con le stampe antiche. Mi ha aiutato nelle mie ricerche di attore e di artista».

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Eppure, l'arco è dissestato da un decennio. Perché il patrimonio culturale napoletano spesso diventa un peso?
«Non c'è più amore per la cultura, purtroppo».

E come lo si ricostruisce?
«Con la forza e con la determinazione. Bisogna rimboccarsi le maniche. Serve lavorare e combattere per ottenere risultati pratici. Non ci si pianga addosso. Se avessi un'altra età scenderei in piazza anche adesso per Port'Alba».

Come si riporta nei giovani di oggi l'amore per la cultura?
«Bisogna innescare una reazione nei loro animi e nei loro interessi».

È una questione di modelli sociali sbagliati?
«Esattamente: bisogna fornire alle nuove generazioni dei modelli sociali di successo diversi da quelli che gli vengono offerti oggi. Per esempio, se un tik-toker che offre contenuti superficiali ha milioni di follower, è normale che i giovani siano attratti da questa superficialità. Se i valori sociali invece saranno innalzati, dal punto di vista culturale, anche i ragazzi torneranno a interessarsi dei contenuti profondi. Solo così si potrà risolvere alla radice la crisi del mercato dei libri, e quindi la crisi di Port'Alba. La rigenerazione della via dei libri può rigenerare la società. E la società potrà essere rigenerata dalla salvezza di Port'Alba».

È una questione di "educazione sociale e social", per così dire?
«Certo. E questa educazione parte dall'infanzia. Da bambino, chiedevo in regalo i libri. Oggi i piccoli vengono intontiti dai giochi sugli smartphone. I minorenni di un tempo desideravano in dono giocattoli reali, di legno, fatti di materia, come i teatrini di marionette. Quegli oggetti stimolavano di più l'immaginario. La digitalizzazione, purtroppo, ha reso più difficile l'approfondimento culturale. Questo però non significa che la digitalizzazione sia un male in sé, ma bisognerebbe reindirizzarla meglio sui contenuti culturali». Qual è il prossimo passo da compiere per salvare Port'Alba?
«Combattere. Ben vengano eventi come quello della Notte Bianca, ma se non arriveranno i risultati sperati bisognerà manifestare ancora».
 

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