Ci sono le mascherine fai-da-te, indossate dai napoletani nel Seicento, che tornano di moda. I santi schierati contro tutte le pandemie, dalla peste al Covid, e i corpi senza vita. Eccoli, i particolari antichi e moderni riscoperti grazie al restauro appena completato a Porta San Gennaro. Ma il dipinto murale di Mattia Preti è coperto da una grande impalcatura, non si può ancora ammirare dalla strada: «Il Mattino» lo ha visto da vicino, in anteprima. Salendo sui ponteggi utilizzati per i lavori.
Dalla scala sotto la volta, si penetra tra tubi e spuntano, per primi, i piedi di un cadavere. Stretti a una corda, li trascina una donna con un panno sulla bocca, la mascherina di allora: anche lei è vittima della peste raffigurata nella parte bassa dell'affresco.
Demolita e ricostruita due volte, la seconda nel 1537, per volontà di don Pedro di Toledo. «Questa Porta è dedicata al santo patrono poiché è stata passaggio obbligato per le catacombe», spiega l'architetto Alberto Sifola, presidente dell'associazione Friends of Naples, che ha promosso il restauro dell'affresco commissionato a Mattia Preti nel 1656, al termine della violenta epidemia, dal Consiglio degli eletti della città. In segno di ringraziamento per il pericolo scampato.
Ma la conservazione si rivela travagliata già 30 anni più tardi, quando il dipinto viene danneggiato dal terremoto. Poi, nell'Ottocento, viene protetto con un composto di albume d'uovo e siero di latte e diventa quasi del tutto illeggibile. Invece, il precedente restauro risale agli anni Novanta, ma sono di nuovo evidenti gli effetti dello smog. Così, il 19 settembre 2019 viene firmata la convenzione per il restauro. Nel 2020, installato il ponteggio, iniziano i lavori diretti da Gennaro Piezzo e subito interrotti dalle restrizioni anti-Covid. Le attività riprendono in l'estate con tutte le difficoltà. «La speranza è di riuscire a organizzare l'inaugurazione in occasione del miracolo di maggio», dice Michele Pontecorvo, presidente del Fai Campania, che sottolinea la decisiva collaborazione tra pubblico e privato. Difatti, il progetto è promosso dall'assessorato alla Cultura del Comune con la collaborazione della IV Municipalità e l'affiancamento della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio. Con lo storico dell'arte Laura Giusti e la restauratrice Barbara Balbi.
Sponsor: Gianfranco D'Amato, Ranieri Impiantistica e Infracoop di Francesco Tuccillo. La spesa complessiva è di 70.000 euro e l'Acen, l'associazione costruttori edili, ha un ruolo chiave. Con la presidente Federica Brancaccio, amante del bello che, davanti all'opera, si emoziona: «È un dono che abbiamo voluto fare alla città».