Mercadante, j'accuse di De Fusco: «Non gettiamo discredito sull'istituzione»

Mercadante, j'accuse di De Fusco: «Non gettiamo discredito sull'istituzione»
di Maria Pirro
Mercoledì 17 Aprile 2019, 07:30
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«Dicono che sono un tiranno, ma di che?» sbotta Luca de Fusco, il direttore del Mercadante ormai dietro le quinte, ma dopo una arringa di venti minuti sul palco. Dopo aver rubato la scena a registi e attori intervenuti alla presentazione della stagione teatrale 2019/2020, probabilmente l'ultima che porta la sua firma. «Una serie di precisazioni, dunque, è doverosa», questo l'incipit che il protagonista adopera per difendere il suo lavoro innanzitutto dall'accusa di avere un pubblico non di qualità, «e le sale piene di vecchi addormentati e ragazzi facinorosi, con la colpa di non risiedere a Chiaia e Posillipo ma nelle zone periferiche». Un giudizio immeritato, lo definisce De Fusco. «Addirittura ho letto che dovremmo fare una recita solo per anziani. Una cosa surreale e ghettizzante», e le affezionate dai capelli sale e pepe in platea applaudono. «Ma lo dice anche Gabriele Lavia, frequentatore dello Stabile, che la composizione è vivace, ed è pronto a ripeterlo».
 
In prima fila c'è Adriano Giannola che ha condiviso con de Fusco l'impresa di far diventare il Mercadante teatro nazionale («Contro tutto e contro tutti»); non c'è Mimmo Borrelli, però si parla de «La Cupa» riproposta al San Ferdinando, ricordando che «è uno dei due casi (l'altro è «La grande magia») in cui il teatro Argentina ha concordato e disatteso la coproduzione. Di questo, abbiamo informato il ministero, perché Roma ha danneggiato Napoli: avremmo dovuto annullare altre produzioni o dire di no allo spettacolo di apertura del cartellone di Lluis Pasqual, senza un contributo aggiuntivo da parte della Città metropolitana». E lo Stabile è anche «un nostro competitore, non va citato come esempio. È come fare il tifo per la Juve», continua de Fusco, riferendosi all'assessore comunale alla cultura, Nino Daniele, che al termine della conferenza parlerà di «polemiche inopportune»: «Un testamento più che una festa».

Ma nessuno ferma De Fusco: «Quanto all'accusa che girano sempre le mie produzioni», spiega che è la prassi seguita anche da Mario Martone a Torino, e non solo. «Come il direttore di un giornale firma gli editoriali e un primario fa le operazioni più importanti, così nei teatri di tutta Europa il direttore, se artista, svolge un ruolo preminente». Di diversificazione di voci e luoghi (tra cui il Madre e la basilica del rione Sanità) parla pure il presidente del cda, Filippo Patroni Griffi, che sottolinea «l'impegno rinnovato a fare teatro, non un semplice spettacolo» e, quanto alla scelta del nuovo direttore, punta chiudere la partita entro l'estate. Alla presentazione della stagione non circolano nomi di livello e, senza accordo, si va verso una selezione pubblica che rimetterebbe in corsa De Fusco. Il direttore che sostiene impraticabile l'ipotesi di un comitato artistico: «Ho dovuto rinunciarvi, perché i componenti non possono contemporaneamente lavorare con il teatro. Altrimenti, ne avrei fatto uno chic, il più chic e internazionale».

De Fusco torna sul caso Argentina per spiegare che quel teatro non ha un direttore artistico e uno amministrativo, anche se la formula è adottata, ad esempio, a Torino. «Roma invece ha nominato un direttore unico e solo un consulente per lo spazio sperimentale. Ed è stata senza vertice per sei mesi, e sono usciti tre articoli. Io scado tra otto mesi e ne sono stati scritti già trenta. Una cosa è da auspicare: tutto ciò non deve toccare l'istituzione, che ovviamente è a sé». Non manca un passaggio sulla Scuola dello Stabile affidata a Mariano Rigillo: «È collocata in una sede sacrificatella ma non in un carcere. In una saletta sul tetto del teatro San Ferdinando». Certo, ammette de Fusco, «tutto quello che abbiamo è migliorabile». Ma, con un contributo specifico della Città metropolitana, si può affittare un luogo più adeguato nel prossimo triennio. «Cerchiamo di non gettare inutile discredito sul teatro perché chiunque lo diriga deve trovare quello che abbiamo fatto». Il direttore cita queste cifre: «Tra il 2011 e il 2019, gli abbonati sono passati da 2300 a 7000, il fatturato da 4,3 a 11 milioni». Tira le somme, e conclude: «Celebriamo un grande successo napoletano. Cerchiamo di non farci del male da soli, invece se volete fare male a me, potete farlo serenamente». Sipario.
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