Napoli, vico Belledonne intitolato a Luciano De Crescenzo: «Però non si cancelli la nostra storia»

Napoli, vico Belledonne intitolato a Luciano De Crescenzo: «Però non si cancelli la nostra storia»
di Ugo Cundari
Domenica 21 Luglio 2019, 08:00 - Ultimo agg. 08:15
4 Minuti di Lettura

All'idea di cambiare il nome di vico Belledonne a Chiaia, intitolandolo a Luciano De Crescenzo, commercianti e residenti sono divisi. Come nei film in cui era protagonista il professore Bellavista, gli uomini (e le donne) d'amore sono stati entusiasti dell'idea, gli uomini (e le donne) di libertà, più cinici, hanno detto di preferire il nome attuale. Qualcuno ha anche motivato la scelta conservatrice perché altrimenti dovrebbe rifare le buste con il nuovo indirizzo e cambiare l'intestazione delle fatture.
 
Ma il Comune ha deciso: vico Belledonne diventerà via De Crescenzo. Come voleva lo scrittore.

Che si tratti di commercianti e residenti del vico, o del vicoletto, le divisioni sono le stesse, le eccezioni rare. «De Crescenzo è stato un grande uomo, però lasciateci il nostro nome di Belledonne. Al massimo, se proprio si vuole cambiare, sarebbe opportuno scrivere sotto il nuovo nome, ex vico Belledonne. Ma l'intestazione attuale è così brutta? Noi ci siamo affezionati, è la nostra storia» dice Sara Lubrano, dell'omonima gioielleria. «Ai miei clienti piace il nome di Belledonne, sia del vicoletto che del vico» dice Michele Petrelli, di Idea verde. «Poi è un nome utile a rompere il ghiaccio, parlare di belle donne ti permette anche di proporre una composizione floreale in più. Soprattutto ai turisti piace, scatena le loro fantasie, e possiamo anche raccontare qualche storiella, diventa un pretesto per parlare». Più drastico Bruno Cammarota, che lavora nell'omonimo negozio di illuminazione: «Spero non cambi il nome, mi piace quello che già c'è, la toponomastica classica ha la sua storia ed è meglio conservarla». Un'apertura la fa il titolare dell'enoteca Belledonne, Ciro Scognamillo, comunque sottolineando che la sua storia non la rivoluziona. «De Crescenzo lo adoro, ci ha insegnato la tomità più napoletana, e se la politica vuole cambiare il nome di una strada lo faccia pure. Io, però, non cambio il mio». Eccezione tra i titolari dei negozi è quella di Wima, dell'omonimo esercizio commerciale di abbigliamento. La signora Wima è entusiasta del cambio di nome, e confessa di aver conosciuto De Crescenzo: «Con Luciano ci siamo frequentati, una trentina di anni fa. Eravamo nello stesso gruppo di amici, ci divertivamo tra Capri e Positano. Lui che tipo era? Un grande corteggiatore di donne, dai modi eleganti. Quando decideva di prendersi l'attenzione di tutti lo faceva e non c'era nessuno che poteva tenergli testa». I residenti, molti quelli storici, che già subiscono il trambusto dei baretti, sono tutti d'accordo a eliminare il nome di Belledonne. «Quelle» dice Olga, 75 anni, «erano le signorine allegre che facevano felici i soldati, a cominciare da quelli americani. Dopo la Liberazione qui vicino si installò un comando degli alleati, e allora fiorì la prostituzione. Sarebbe ora di dare un'altra dignità alle due strade, o almeno a una delle due». In fondo qual è il regalo più bello che De Crescenzo ha fatto al suo popolo napoletano, diviso sull'intitolargli una strada? Lo spiega un arzillo ottantaquattrenne, che abita in un terraneo quasi all'incrocio tra il vico e il vicoletto Belledonne dagli inizi degli anni Cinquanta, si chiama Mario Scognamiglio. Dell'idea di dedicare la strada a De Crescenzo è contento, molto. Con lui ha un debito di riconoscenza. «Nella mia vita non ho letto molto, anzi se devo ammettere ho letto giusto i libri di scuola. Però ogni volta che vedevo i film di De Crescenzo mi veniva questa irrefrenabile voglia di saperne di più, e mi spingevo in libreria. E sto parlando della filosofia antica, dei miti greci, e una volta anche della fisica quantistica». Sono le cinque del pomeriggio, il caldo è forte, anche se nei due vani di Scognamiglio non entra il sole fa caldo, molto caldo. Lui apre la porta di casa e si siede sulla sedia in strada. Un po' di aria fresca. «Mi piaceva perché parlava chiaro, con un misto di napoletano e italiano, e con quella lingua mi ha fatto scoprire Socrate e che l'universo è infinito».

© RIPRODUZIONE RISERVATA