Napoli, riapre la Chiesa delle donne chiusa a San Martino da 40 anni

Napoli, riapre la Chiesa delle donne chiusa a San Martino da 40 anni
di Rossella Grasso
Mercoledì 12 Dicembre 2018, 15:10 - Ultimo agg. 19:18
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Dopo 40 anni riapre al pubblico la seicentesca Chiesa delle Donne della Certosa e Museo di San Martino. 
Con il progetto di restauro viene restituito alla città un monumento da molti mai visto. La chiesa dall’armoniosa facciata, accanto all’ingresso della Certosa di San Martino, ha una lunga storia iniziata dopo il divieto di ingresso alle donne nelle chiese delle Certose fin dall’origine dell’Ordine. Una proibizione confermata nel 1506 da Papa Giulio II, ribadita sia da Papa San Pio V, nel 1566-1572 con la Controriforma, che da Papa Benedetto XIV nel 1757.

La soluzione di una chiesa esterna, con annesso giardinetto, piccola oasi di ristoro, fu realizzata intorno al 1590, negli anni del Priore Severo Turboli, a cui si deve il forte impulso innovatore che avrebbe trasformato l’intero complesso certosino. Alla Chiesa delle donne lavorò anche l’architetto toscano Giovanni Antonio Dosio, la cui maniera è ben visibile nella bicromia bianco/grigio cara al Rinascimento fiorentino e nelle reminiscenze classiche dell’ingresso sormontato dal bianco timpano triangolare della facciata e un suo intervento è leggibile anche all’interno.
 
 

Il restauro ha interessato la parte decorativa e quella architettonica dell’edificio -come si nota dalla ‘riscoperta’ della facciata con il bassorilievo di San Bruno in adorazione nello splendido paesaggio francese di Grenoble che inquadra il portale di ingresso- e ha restituito alla Chiesa delle Donne la sua originale spazialità.  L’intervento ha accresciuto la conoscenza del monumento, ripercorrendo con le indagini la storia delle sue fasi costruttive.
I lavori, sin dai primi saggi di pulitura delle superfici, hanno messo in luce preesistenti fasi decorative e sono stati ripristinati i vividi colori degli affreschi del presbiterio - databili alla prima fase di edificazione dell’edificio- con l’ Annunciazione ai lati dell’altare e la morbida plasticità dei quattro Angioletti.

Un’attenta descialbatura meccanica ha restituito gli stucchi seicenteschi nell’arco trionfale, policromi e originari dosiani e quelli, a tralci vegetali, della bianca ed elegante volta della navata. È stata riscoperta  anche la doppia pavimentazione originaria,  databile al primo quarto  del XVIII sec , nella navata si  nota il pavimento in cotto arricchito da una greca maiolicata mentre nella zona del presbiterio nella  pavimentazione sono inseriti elementi decorativi.  
 
Per il riallestimento molto difficile è risultata la ricerca dei quadri che dovevano essere sull’altare e nella navata, soprattutto a causa delle direttive reali che nel 1806, all’inizio della dominazione francese (1806-1815), portarono alla requisizione di centinaia di dipinti della Certosa - con la sola eccezione della Chiesa principale - poi in parte restituiti nel corso del XIX secolo e in parte addirittura nel secolo XX.

Ma gli studi hanno permesso  di ripristinare il nucleo di tre opere, come risulta da documenti e fonti del secolo XIX: San Bruno eremita, copia da Massimo Stanzione di Tommaso De Vivo, databile al 1822;  La Madonna con Bambino che appare a San Bruno, da Giovanni Lanfranco, riferibile a Paolo Finoglio; Santa Barbara, tavola in corso di studio, di cui la recente pulitura ha rivelato la data 1583  (consegnata dal Real Museo Borbonico ai Certosini insieme ad alcune delle opere requisite e originariamente sita nella Cappella Palatina di Castel Nuovo).  
 

Giovedì 13 dicembre alle 18 ci sarà la riapertura ufficiale al pubblico del monumento. Nella chiesa della Certosa del cortile monumentale, la Fondazione Pietà de’ Turchini presenta le “Cantate napoletane per la notte sacra”. Interpretate dal soprano Roberta Mameli, le “Cantate” saranno suonate dall’ensemble Talenti Vulcanici (Monika Toth e Karolina Habalo ai primi violini, Alessia Pazzaglia, Katarzyna Solecka, Rudolf Balazs e Andrea Beatriz Lizzaraga ai secondi violini; Simone Pirri e Filippo Bergo alle viole; Catherine Jones e Karolina Szewczykowska ai violoncelli; Elisa La Marca alla tiorba; Nicola Dal Maso al contrabbasso e Marco Crosetto all’ organo) diretto da Stefano Demicheli. In programma, i sontuosi uffici sacri che hanno caratterizzato l’epoca d’oro della Scuola Musicale Napoletana, tra Sei e il Settecento. Da Alessandro Scarlatti all’ Alfonso Maria de Liguori della nenia-capolavoro “Quando nascette Ninno”, e ancora Francesco Manfredini, Giacomo Maraucci, Angelo Ragazzi, Francesco Provenzale, non c’è maestro di cappella che non si sia cimentato con musiche destinate ai servizi del Natale ricorrendo a tutti quei modelli stilistici e formali in voga, senza dimenticare quell’allure timbrica e strutturale apportatrice di chiare ascendenze pastorali. Ritmi ternari, andamenti lenti e legati, melodie semplici e idilliache contraddistinguono un repertorio che ancora oggi suggestiona gli ascoltatori di qualsiasi latitudine conducendoci idealmente ad abitare i colorati percorsi presepiali battuti da avi che non disdegnavano di affollare, “oleograficamente”, la Betlemme “immaginaria” in cui era la bella Partenope ad essere la cuna ideale del Redentore abitata da un’umanità̀ riconoscibilissima in cui trovavano diritto di cittadinanza anche i demoni e le maschere. Realizzato con la collaborazione dell’associazione Amici della Certosa di San Martino. 
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