«Stop war on Journalism», incontro a Napoli sulla libertà di stampa

Continua la mobilitazione napoletana per Assange

Stop war on Journalism
Stop war on Journalism
di Vincenzo Cimmino
Mercoledì 21 Febbraio 2024, 21:04
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Continua la mobilitazione napoletana per Julian Assange. In attesa del verdetto Free Assange Napoli ha moderato un dibattito all'interno del Maschio Angioino. “Stop war on journalism. Osservatorio sulla libertà di informazione”. Concluso l'appello finale contro l'estradizione, il responso è stato rimandato in serata a data da destinarsi. Il giudizio era previsto per la giornata di oggi.

L'incontro è iniziato nell'Antisala dei Baroni di Castel Nuovo alle ore 17. Presenti le altre organizzazioni pro-Assange.

In videocollegamento con Napoli anche Berlino, Londra, Barcellona e Milano. La voce è una. Si discute sulla libertà di stampa e sul destino del giornalismo, vista anche la questione Assange.

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«Siamo qui da giorni per la libertà di stampa, per farci sentire. Era con noi un paio di giorni fa anche Hillary Clinton. La repressione non finirà, e noi non ci arrenderemo», fanno sapere da Berlino. «La manifestazione è andata molto bene. Abbiamo fatto molti presidi e iniziative, abbiamo raccolto anche oltre 5000 firme per Assange. Ieri con noi c'erano mille persone», raccontano da Milano.

«Quando abbiamo saputo del giorno X, subito ci siamo attivati. La mobilitazione è stata immediata, ci siamo subito attivati con il nostro ordine dei giornalisti e in poco tempo abbiamo raccolto più di 3000 firme per la liberazione di Julian. In Spagna, come nel resto del mondo, i grandi gruppi che gestiscono i media sono grossi gruppi finanziari che hanno purtroppo anche interesse nell'industria bellica», concludono dalla Catalogna.

Il dibattito di oggi si inserisce nella vicenda Assange. Ma Julian ora è un simbolo. Il simbolo di un giornalismo che è troppo spesso vittima di abusi. Un giornalismo che troppo spesso viene tenuto in silenzio. A pagare il prezzo, adesso, è Julian Assange. Ma la sua vicenda, che oggi vedrà in ogni caso una svolta, potrebbe essere il destino di ogni singolo cittadino. 

Nel discorso si inseriscono a pieno titolo tutti i riferimenti ai giornalisti uccisi. Assassinati soltanto perché narratori di realtà. Delle realtà però troppo pericolose da riportare. È fatto presto il calcolo dei giornalisti assassinati. Torna subito la mente a Gaza. «130 giornalisti uccisi. Più di 100 voci messe a tacere», dicono nella sala. Un numero spaventoso.

Ma con loro sono tanti i cronisti arrestati, senza accuse formali, e tenuti in prigione senza accuse formali. Questo è il caso del basco Pablo Gonzalez, recluso da due anni nelle carceri polacche «senza alcuna accusa formale», aggiunge il relatore spagnolo in videocollegamento. Il numero di giornalisti arrestati o assassinati è in aumento da anni.

Uno dei punti portati avanti durante lo svolgimento del dibattito è stato ancora sulla ingente presenza di polizia durante il corteo a Napoli di ieri. Una sorta di unicum. Gli altri cortei hanno visto una partecipazione ben minore di forze dell'ordine, fanno sapere i relatori internazionali. O comunque, forze di polizia che non hanno bloccato i cortei, nonostante le misure di sicurezza e i protocolli previsti per i consolati e le ambasciate.

«Il modo migliore per aiutare Julian è continuare la sua battaglia. – dichiara Paolo Ambro, di Free Assange Napoli – Chomsky ha paragonato la vicenda di Assange a quanto vissuto da Gramsci durante il fascismo. Il simbolo della impunità sentita degli Stati Uniti. Essere qui è importante. Abbiamo ritenuto giusto inserire nell'assemblea, dopo il confronto internazionale, invitare e sentire in collegamento Raffaele Oriani. Abbiamo visto il potere israeliano, anche nella TV italiana, con la lettura del comunicato durante il Festival di Sanremo. Serve sfondare il muro della disinformazione».

«Oggi è importante essere qui, in particolare anche alla luce della giornata di ieri. – commenta Nicola Angrisano, di Free Assange Napoli – Siamo qui per Julian e per ribadire "Stop war on Journalism"! Basta alla guerra al giornalismo. La libertà di informazione è un bene prezioso sempre più scarso. Dobbiamo lottare affinché il diritto all'informazione venga garantito. Senza libertà d'informazione non c'è opinione che si può formare, ma solo il rischio di ulteriori manipolazione da parte del potere».

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