Bagnoli, il piano cambia: la Regione non ci sta, si rischia nuovo stop

Bagnoli, il piano cambia: la Regione non ci sta, si rischia nuovo stop
di Luigi Roano
Martedì 12 Marzo 2019, 07:30 - Ultimo agg. 12:45
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Il Piano di rigenerazione urbana (Praru) di Bagnoli cambia - come anticipato da Il Mattino, niente alberghi vista mare e waterfront meno attrezzato - e la Regione, con il vicepresidente Fulvio Bonavitacola, non ci sta. Chiede «chiarimenti, chiarezza e pareri non equivoci sui cambiamenti» e ottiene lo slittamento - che sarà di almeno dieci giorni - della conferenza dei servizi decisoria per trasformare il Praru in atto concreto. Scatenando l'ira del sindaco Luigi de Magistris. Insomma, si profila un nuovo stop per Bagnoli, questo l'esito della cabina di regia tenutasi ieri a Palazzo Chigi, ennesima tappa in salita di un lentissimo cammino iniziato un quarto di secolo fa verso la riqualificazione dell'area ex Italsider.
 
Il Governo verde-grillino ha impiegato un anno per convocare la cabina di regia e la ruggine addensatasi sul farraginoso organismo ha appesantito i rapporti tra le parti. A presiedere la cabina di regia la ministra Barbara Lezzi, al tavolo il soggetto attuatore per la nuova Bagnoli Invitalia rappresentata dall'amministratore delegato Mimmo Arcuri e il commissario per Bagnoli Francesco Floro Flores. Per la Regione oltre a Bonavitacola, l'assessore all'Urbanistica Bruno Discepolo, con il sindaco gli assessori Raffaele Del Giudice (Ambiente), Carmine Piscopo (Urbanistica) e il direttore generale Attilio Auricchio. Più di un'ora di discussione che la ministra ha definito «decisa» dove la stessa Lezzi alla richiesta di chiarimenti ha detto «io non sto qui per perdere tempo». Parole che stonano un po' dopo un anno di attesa per portare Bagnoli nuovamente all'attenzione del Governo. Ma la Lezzi - nonostante le tensioni - resta fiduciosa: «I cambi? Sono dettagli, abbiamo discusso e bene con tutti gli enti locali. Ora dobbiamo accelerare, il governo ha messo 320 milioni e le bonifiche possono partire». In realtà, se tutto va bene i cantieri apriranno a settembre considerando anche che molti suoli sono ancora sotto sequestro giudiziario. Quanto ai fondi, il Cipe dovrebbe assegnarli il 4 aprile. Aleggiano, tuttavia, dei dubbi tanto che una delle battute più gettonate a Palazzo Chigi è che se non dovessero arrivare «faremo lavorare i percettori del reddito di cittadinanza ai cantieri di Bagnoli». De Magistris si infila nella polemica e attacca: «La Regione ha provato a rinviare in avanti la questione, ma questa linea non è passata, mentre è passata la linea del Comune, della città e io sono soddisfatto delle rassicurazioni date dal ministro sui fondi e sulle bonifiche. È ora di vedere le ruspe a Bagnoli».

Il papocchio in atto è sui pareri rilasciati dagli organismi tecnici del Mibac e del ministero dell'Ambiente e non è una cosa di poco conto. Nella sostanza, non c'è un esplicito sì al Praru ma una serie di prescrizioni da inserire sic et simpliciter e questo ha generato confusione ed equivoci, almeno secondo la Regione. Soprattutto per quello che riguarda la Vas, acronimo che sta per «Valutazione ambientale strategica», vale a dire la verifica della sostenibilità del Praru a livello ambientale. Il parere rilasciato dal Mibac è firmato dal direttore Gino Famiglietti. «Il punto è che Famiglietti ha cambiato e di molto il Praru - racconta Discepolo - mezzo piano è stato modificato con la richiesta di 8 prescrizioni». Sulla scorta di tale considerazione, il ragionamento che fa la Regione è questo: non essendo più lo stesso Piano serve un'altra Vas nuova di zecca.

Una richiesta legittima ma probabilmente figlia della mai nascosta avversione per il commissario Floro Flores che la Regione non ha mai digerito al punto di formalizzare il no alla Lezzi quando ci fu la sua nomina. La mediazione - tuttavia - è proprio quella del commissario, sua l'idea del parere interpretativo da chiedere ai ministeri che dovrebbe arrivare entro 10 giorni. A quel punto si andrà in conferenza dei servizi. Dove, in linea teorica, se la Regione o un altro ente non fosse soddisfatto dal «parere» potrebbe anche fare ricorso al Tar. Scenario che nessuno vuole immaginare ma che non si può escludere a priori. Basterà a calmare le acque? «Abbiamo chiesto ai ministeri di fare luce - dice Arcuri - siamo soddisfatti e persuasi che tanto sui finanziamenti quanto sugli stessi pareri non ci saranno più equivoci».

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