Liti e nessun salva-Napoli,
i dubbi di Fico e Manfredi

Liti e nessun salva-Napoli, i dubbi di Fico e Manfredi
di Luigi Roano
Domenica 9 Maggio 2021, 09:54 - Ultimo agg. 10 Maggio, 08:31
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La disfida delle giacchette - «nessuno le tiri ai candidati» ammoniscono i dirigenti di Pd e M5S - in riferimento all'ex ministro Gaetano Manfredi per il Pd e al presidente della Camera Roberto Fico per i grillini, è roba seria. Perché i due la potrebbero prendere come opportunità per sfilarsi. Manfredi, si sa, che tra i due è quello più prudente sulla corsa verso Palazzo San Giacomo, mentre per Fico sarebbe il coronamento di un sogno. Ma entrambi hanno posto due condizioni per concorrere: unità politica e quindi campo largo e larghissimo delle «forze progressiste» e una norma per Napoli e per i comuni in difficoltà finanziaria. E in entrambi i casi le cose vanno in direzione opposta e contraria ai loro desideri.

L'appello di Manfredi a inizio settimana, «Napoli non va lasciata sola sarebbe un delitto» in riferimento al debito mostruoso che l'attanaglia è stato un avvertimento, anzi un ultimatum non raccolto. In queste ore c'è molta tensione nell'alleanza del centrosinistra allargata al M5S. Il Pd fa trapelare che la «prossima settimana sarà quella del candidato» e l'alleanza «chiunque sia il candidato è già un dato di fatto». Napoli diventerebbe la prima e unica grande città dove l'alleanza di governo si presenterebbe unita già al primo turno. Stanno davvero così le cose? E con quale candidato? Difficile dirlo adesso, il dato certo è che mettere d'accordo 24 liste è impossibile e che Verdi e Italia Viva puntano ancora alle primarie, Per Napoli di Peppe Irace fa invece sapere di «essere pronta a mettere in campo un proprio candidato». Mentre i socialisti frenano: «Cerchiamo i migliori». Ma procediamo con ordine a partire dal pianeta M5S e dai tormenti della terza carica dello Stato.

Come i lettori de Il Mattino ben sanno, Fico ha chiesto «un parere «istituzionale» al Viminale per capire se ci sono controindicazioni alla discesa in campo del presidente della Camera in quanto appunto Istituzione e per di più alla vigilia del semestre bianco.

Una mossa interpretata come un segnale preciso verso la candidatura. È dovuto intervenire il ministro degli Esteri e uno dei capi del M5S Luigi Di Maio per fermare le illazioni sulla terza carica dello Stato. È stato lui a dire «Fico prenderà le sue decisioni, non tiriamolo per la giacca». Cosa significa? Che il puzzle è completo: da un lato il Pd fa sapere che «l'alleanza con i grillini è al sicuro» e che quella in arrivo «è la settimana del candidato»; e dall'altro Di Maio che annuncia decisioni imminenti del presidente della Camera, gli scenari sono solo due: Fico si dimette e si apre una crisi istituzionale alla vigilia del semestre bianco, cioè quando il Presidente Sergio Mattarella è al suo ultimo miglio al Quirinale.

A questo punto c'è la rottura con il governatore Vincenzo De Luca e l'alleanza va in frantumi. Si spiegherebbe così anche il tentativo fallito di accelerare su Manfredi da parte dei deluchiani. Su questo scenario gravano i dubbi del Quirinale, si aprirebbe una caccia al successore di Fico che dilanierebbe anche le forze parlamentari. Oppure Fico potrebbe rinunciare al sogno di fare il sindaco della sua città dando via libera a Manfredi. Entrando nella partita come fondamentale tassello istituzionale per dare una spinta alla legge salva-Comuni.

Le mosse del M5S stimolano l'arca deluchiana. A iniziare dai renziani che con i 4 consiglieri regionali Tommaso Pellegrino, Francesco Iovino, Vincenzo Alaia e Vincenzo Santangelo: «In vista delle comunali la migliore strada percorribile è quella del centrosinistra unito. Nelle primarie individuiamo uno strumento democratico e Iv ha pronto il suo candidato: Gennaro Migliore». Il Psi con Maraio e Tarantino invece dice «no alle primarie, serve una discussione». Eurpoa verde con Fiorella Zabatta le ritiene «essenziali». Per Napoli di Giuseppe Irace invece è pronto a lanciare entro sette giorni «un proprio candidato».

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