Fondo sanitario nazionale 2022, De Luca non firma l'intesa: «Riparto da rivedere»

Fondo sanitario nazionale 2022, De Luca non firma l'intesa: «Riparto da rivedere»
di Adolfo Pappalardo e Ettore Mautone
Venerdì 10 Giugno 2022, 07:00 - Ultimo agg. 11 Giugno, 09:09
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«Il tentativo di fregarci da parte di altri pezzi d'Italia è quasi genetico...», sbotta il governatore Vincenzo De Luca ieri mattina evidenziando come lo scontro sull'autonomia è già bello che iniziato. Non solo come guerra politica ma anche sui tavoli ministeriali dove si decidono i primi riparti. A cominciare dalla sanità, argomento su cui l'ex sindaco di Salerno è sensibilissimo. «Siamo nel pieno di una discussione che riguarda l'autonomia differenziata e saremo chiamati a lottare, perché la bozza che è uscita di ipotesi di federalismo è un totale disastro. Altro che solidarietà nazionale, altro che utilizzo dei fondi del Pnrr per recuperare il divario del Sud, qui - rincara poi De Luca nel pomeriggio ad un convegno della green economy - siamo di fronte a tentativi addirittura di accentuare il divario fra Nord e Sud. Faremo la guerra».

La Campania torna ad affilare le armi per la battaglia in sede di Conferenza Stato Regioni sul riparto del fondo sanitario nazionale del 2022: la delegazione del presidente De Luca, che ieri l'altro si è seduta al tavolo con i governatori convocato da Massimiliano Fedriga, ha fatto presente che non farà sconti depositando una diffida formale al ministero della Salute. Non ci sarà dunque nessun accordo al ribasso sulla quota che spetta alla Campania, né saranno accettate perequazioni rispetto ai tagli storicamente attribuiti per avere la popolazione più giovane d'Italia e quella ultra 65 enne più esigua del Paese.

Il solo peso attribuito alla popolazione anziana residente è un criterio iniquo che penalizza la Campania per circa 220 milioni di euro annui è stato sottolineato.

La terza regione d'Italia per popolazione residente (dopo Lombardia e Lazio) da venti anni risulta in effetti ultima riguardo al budget annuo attribuito a ciascun cittadino per le cure sanitarie. In soldoni mancano all'appello circa 40 euro a testa (procapite). A guardare solo gli ultimi due anni la Campania nel 2020 ha incassato circa 10,5 miliardi di euro di finanziamento per le Sanità (al netto del riparto di altri fondi vincolati) corrispondente al una quota del 9,3 per cento del fondo nazionale a fronte del 9,6 della popolazione che risiede in Campania. Nel 2021, nonostante l'introduzione di alcuni correttivi, si è saliti al 9,32, insufficiente a ristabilire un equilibrio che ora De Luca reclama per accompagnare l'autonomia delle regioni.

«Attenderemo che il Ministero proponga un Decreto con i nuovi criteri e pesi per il riparto del fondo sanitario - dicono fonti regionali - secondo quanto previsto dal decreto legislativo 68 del 2011 sulla base degli elementi già previsti da una vecchia norma del 1996». 

Il riferimento storico è a quanto la Campania reclama da almeno 10 anni: ossia dare valore sia all'entità di popolazione residente, sia alla frequenza dei consumi per età, al tasso di mortalità e di aspettativa di vita (quest'ultima è la più bassa del Paese) e ad altre situazioni territoriali particolari che incidono sul bisogno sanitario e che sono comunemente indicati dall'Organizzazione mondiale della Sanità con il concetto di «povertà relativa» e di «deprivazione sociale» oltre ad altri indicatori epidemiologici che fanno riferimento ad esempio all'incidenza di malattie come diabete, obesità infantile, disabilità e altre patologie ad alto impatto sociale.

Nel piatto quest'anno ci sono 124 miliardi di euro (2 in più del 2021) di cui 117 (contro i 116 dello scorso anno) da ripartire tra le varie Regioni. Rispedite al mittente anche due proposte di cui una a legislazione vigente e una elaborata dalla Regione Liguria che sarebbe tra le più penalizzate. Se la Campania dovesse spuntarla molte regioni del nord considerate virtuose sui conti andrebbero in deficit e nei bilanci regionali già intaccati dal Covid. Una partita spinosissima il cui esito finale è assolutamente incerto. 

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E ieri De Luca dà un primo assaggio dello scontro. «Faremo la guerra», è il suo leitmotiv. «Se qualcuno immagina di stabilire una compartecipazione all'Iva che si determina nelle varie Regioni, cioè di condannare a morte il Sud, se lo tolga dalla testa. Faremo la guerra - rincara - perché stiamo alla violazione della Costituzione italiana, e in questo caso dovremmo vergognarci». E cita l'esempio della Germania che ha risolto il divario tra la parte ex comunista: «Era la parte sottosviluppata nel territorio tedesco, era il loro Mezzogiorno ma c'è stata una classe dirigente che ha deciso che l'unità nazionale era la priorità assoluta. Questo in Italia non lo abbiamo, quindi dobbiamo difenderci». E aggiunge: «Prepariamoci nelle prossime settimane a delle battaglie da fare in maniera esplicita per contrastare e sconfiggere tentativi che violano la Costituzione italiana». Non solo perché propone «di impegnare l'Ufficio parlamentare di Bilancio della Camera dei Deputati e lo Svimez per definire i flussi finanziari centrali fra Nord e Sud, due istituzioni scientifiche, neutre e di grande qualità, assolutamente incontestabili e voglio che si dica agli italiani qual è la situazione vera nei trasferimento dello Stato». 

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