Gaetano Manfredi candidato sindaco di Napoli: il patto Pd-M5S-Leu per Napoli

Gaetano Manfredi candidato sindaco di Napoli: il patto Pd-M5S-Leu per Napoli
di Luigi Roano
Venerdì 28 Maggio 2021, 07:00 - Ultimo agg. 18:57
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L'ex ministro Gaetano Manfredi scioglie le riserva e accetta la candidatura a sindaco di Napoli: «Farò la mia parte», spiega Manfredi. Il cambio di passo in una trattativa che è stata lunghissima - e che ha coinvolto mezzo Parlamento e mezzo Governo - arriva perché alla fine Manfredi ottiene quello che aveva chiesto al centrosinistra allargato al M5S, cioè impegni concreti per la città da inserire nella legge di Bilancio per evitare da un lato il default, e dall'altro la possibilità di potere amministrare la città con qualche soldo pesante nelle casse e un commissario che si accolli il debito che sfiora i 3 miliardi. Si chiama «Patto per Napoli» il documento firmato da Pd, M5S e Leu con Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza che contiene le misure anticrac. Ora il punto è farlo entrare nella legge di Bilancio - giova ricordare che sono tantissimi i comuni e di tutti i colori politici sull'orlo del dissesto - e questo potrebbe favorire una mediazione buona. Tuttavia saremo in piena campagna elettorale quando si discuterà quella che una volta era la finanziaria e gli animi non saranno così sereni come adesso. Il tema politico è già forte anche adesso se lo si guarda dal lato del centrosinistra con M5S: Napoli infatti è l'unica città metropolitana dove i giallorossi andranno assieme sottobraccio alle urne. A Roma, Milano, Torino e Bologna le ferite per Pd e grillini sono ancora sanguinanti e nella migliore delle ipotesi andranno assieme al ballottaggio. Napoli è l'autentico laboratorio della neonata e ancora fragile coalizione che singolarmente ha i colori del gonfalone napoletano. Questo l'obiettivo primario - senza andare troppo nei retroscena - che si sono posti Letta, Conte e Speranza. E hanno visto in Manfredi la personalità capace di unire due mondi non semplici da tenere assieme e che ora è chiamato alla prova del nove. Prima il risultato a Napoli dove i democratici non vincono da 10 anni mentre il M5S dopo l'orgia di voti del 2018 deve verificare se regga ancora l'impatto del reddito di cittadinanza e Napoli è la capitale di questa misura. E quindi proiettarsi verso le politiche del 2023 se non ci saranno elezioni anticipate, ipotesi da tenere sempre ben presente. Il test di Napoli, una città che ha bisogno di un forte rilancio sotto tutti i punti di vista, è vitale per misurare la tenuta e il gradimento dei giallorossi. Si spiega così la pazienza e la caparbietà dei tre leader per arrivare al candidato unitario. Del resto i tweet e i complimenti hanno riempito le agenzie di stampa un minuto dopo l'ufficialità della candidatura di Manfredi. Da Luigi Di Maio a Laura Castelli, a Francesco Boccia e Antonio Misiani. Al sottosegretario Enzo Amendola alla viceministra Castelli, che ha lavorato all'impianto del Patto, a Dario Franceschini che da sempre ha puntato sull'alleanza. Conte - per capire l'entità della questione politica quanto fosse pesante - ha ringraziato il presidente della Camera Roberto Fico «per l'impegno profuso a favore della sua città, Napoli, e per il grande lavoro a sostegno della candidatura di Gaetano Manfredi». Fico ci teneva moltissimo a essere lui il candidato, si è dovuto sfilare perché non è semplice lasciare l'incarico di terza carica dello Stato. «L'alleanza M5S, Pd e Leu è ben salda, e porterà avanti un percorso condiviso nell'interesse della città. Proprio dai Comuni parte il rilancio del nostro Paese. E le Istituzioni devono essere all'altezza della sfida, supportando con strumenti adeguati le città, a prescindere da schieramenti e colori politici» la replica di Fico. Letta è stato plastico: «Una giornata bellissima per Napoli, Manfredi sarà il sindaco della ricostruzione di Napoli». 

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«In questo momento storico, Napoli è la città che presenta le maggiori criticità economiche e sociali.

Il paradosso è che rappresenta anche il giusto laboratorio per lo sviluppo» l'incipit del documento. Al primo punto «una procedura per la gestione commissariale del debito», vale a dire separare la gestione ordinaria da quella del debito. Più concretamente un commissario di Governo «che prenderebbe in carico tutte le entrate di competenza e tutte le obbligazioni assunte ad una certa data con una dotazione da 150 milioni all'anno; una gestione ordinaria affidata al Comune. Poi almeno un miliardo - oltre ai 500 milioni inseriti nel decreto «sostegni bis» - per finanziare il debito di tutti gli enti in agonia finanziaria. Quindi un piano di assunzioni perché il Comune di Napoli e tanti altri sono allo stremo. «Appare necessario - si legge nel testo - ed urgente alla luce della evidente carenza della loro capacità amministrativa di riscuotere le proprie entrate, gestire il proprio patrimonio e soprattutto di programmare e gestire le risorse europee e nazionali». E un meccanismo di perequazione, partendo dalla situazione socioeconomica dei territori come indicatore per la distribuzione dei fondi. Sostanzialmente il Modello Roma varato nel 2008 quando alla Capitale andarono oltre 4,5 miliardi. 

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