Debiti a Napoli, si muove il Mef: «Un fondo salva-Comuni»

Debiti a Napoli, si muove il Mef: «Un fondo salva-Comuni»
di Luigi Roano
Mercoledì 26 Maggio 2021, 10:14
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Manca il sigillo dell'ufficialità che dovrebbe arrivare entro venerdì, poi Gaetano Manfredi, l'ex ministro, comunicherà la sua decisione sulla candidatura a sindaco di Napoli e l'ago della bilancia pende verso la rinuncia. Resta aperto uno spiraglio, un'ipotesi di scuola come si dice in questi casi, ma va tenuto aperto. A sostegno della sensazione che la lettera di rinuncia resterà li, senza modifiche, ci sono le riflessioni dell'ex rettore che le somme le ha tirate non solo per i conti del Comune che sono un pianto greco, ma anche sotto il profilo politico, e la cifra che ne viene fuori è pari al buco di 2,7 miliardi nelle casse di Palazzo San Giacomo. Senza considerare il rumore di possibili nuovi candidati sia nel campo del suo partito il Pd, che in quello dei grillini dove hanno iniziato un pressing su Roberto Fico perché ci ripensi alla candidatura e fanno trapelare pure il nome di Luigi Di Maio e degli ex ministri Sergio Costa e Vincenzo Spadafora. Ma non è questo aspetto della vicenda che preoccupa Manfredi: cosa è allora che lo rende perplesso e poco fiducioso?


LA DELUSIONE
Ci sono 89 parlamentari eletti in Campania di cui 60 sono nel M5S, 9 nel Pd e 2 di liberi e uguali, la restante parte nel centrodestra che con Fi ne prende 13 e Lega e Fdi se ne dividono 5.

Una rappresentanza così forte della Campania e di Napoli - e trasversale tra Montecitorio e Palazzo Madama - probabilmente non c'è mai stata. E tuttavia non è stato prodotto un atto del Parlamento a sostegno della tesi di Manfredi su come salvare Napoli: cioè misure straordinarie e non ordinarie, nuove e non quelle esistenti. Per esempio, il fondo per i comuni in predissesto doveva essere di 1,5 miliardi. Alla fine del decreto sostegni bis ne sono stati messi 500 di milioni come una tantum. E se è vero che a Napoli ne andranno 184 di milioni, è altrettanto vero che non coprono nemmeno la rata da pagare per il debito, salita a 220 milioni dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Ieri la tenace viceministra al Mef del M5S Laura Castelli, ci ha provato a mettere una pezza. «Abbiamo l'obiettivo per la prossima legge di bilancio di rendere strutturale il fondo per i comuni in deficit in modo da poterlo programmare su anni e dare certezze ai comuni». E ancora: «Attiveremo la norma del decreto Crescita sull'accollo da parte dello Stato dei debiti degli enti locali». È sui tempi che Manfredi non si trova oltre che sui numeri: la legge di Bilancio andrà in Aula solo a settembre quando saremo in piena campagna elettorale e lui queste garanzie le vuole entro 48 ore. Non vuole farsi logorare da un mondo che alla fine non è il suo. L'ex ministro vorrebbe che a Napoli venisse riservato lo stesso trattamento avuto da Roma che non molti anni fa ebbe dallo Stato 4,8 miliardi. Manfredi vorrebbe una presa di posizione politica dei due leader del M5S e del Pd Giuseppe Conte ed Enrico Letta. Difficile che si espongano con così tanto anticipo su un provvedimento di questo tipo. Tuttavia, un ultimo pressing sull'ex ministro è in atto, perchè la paura che l'alleanza giallorossa già molto fragile salti anche a Napoli, l'unica città dove è stata ratificata addirittura con una firma, è forte e fa rima con le primarie. Senza l'alleanza nemmeno a Napoli il fallimento politico se lo dovrebbe caricare per intero il Pd.

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LO SCENARIO
Il tema è -quello di tenere unita la neonata coalizione che a Napoli, dopo i flop di Roma, Torino e Bologna, dovrebbe dare un segnale di vita il test racconterebbe bene gli umori di entrambi gli schieramenti. in vista delle politiche del 2023. Nel Pd sanno bene che - in caso di rinuncia definitiva di Manfredi - il candidato unitario ideale - sarebbe il Presidente della camera Fico. I grillini ci stanno provando a convincerlo a tornare in campo. Tuttavia, dal Pd non vogliono restare con il cerino in mano e bruciare nel frattempo possibili candidati. Nella rosa ci sono Enzo Amendola, il sottosegretario, poco gradito al governatore Vincenzo De Luca, ma che dalla base del partito e anche dai signori dei voti come Mario Casillo e Lello Topo è stimatissimo. Poi Nicola Oddati, vicino espressione al Presidente della Regione, ma uomo del dialogo, da sempre, con il M5S. E in queste ore è trapelato la nomination del deputato Paolo Siani. «Non è mestiere mio - racconta a Il Mattino - vi dovreste preoccupare e chiamare un medico se rispondessi in maniera diversa. Faccio le cose per la mia città dal Parlamento». Le primarie sono una ossessione per i democratici, che vista la situazione napoletana con già in campo Antonio Bassolino, Alessandra Clemente e Sergio D'Angelo nel centrosinistra, sarebbero ancora più divisive. Per chiudere la partita unitaria senza traumi politici servirebbe un civico e l'esplorazione è iniziata, ma la strada è in salita. L'ex questore Antonio De Iesu e il presidente della Bcc Amedeo Manzo restano due idee che potrebbero trasformarsi in qualcosa di più concreto.
 

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