Napoli, il concorsone dei ritardi: «Noi appesi a un quiz, meglio che niente»

Napoli, il concorsone dei ritardi: «Noi appesi a un quiz, meglio che niente»
di Antonio Menna
Martedì 3 Settembre 2019, 07:00 - Ultimo agg. 14:44
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Con la cupa complicità del primo autunno, con le foglie a terra sul lungo viale intitolato a Kennedy, con qualche nube carica di pioggia a scaricarsi lontana, dietro l'Epomeo, compaiono a Fuorigrotta fin dalle sette del mattino le sagome dei concorrenti del concorsone della Regione Campania. Hanno passato l'estate sui libroni di quiz, il vero best seller da ombrellone e adesso, spauriti, assonnati, sono qui. Parola d'ordine: provarci.
 
Il primo turno comincia alle otto. Tocca alla lettera K. Più di 10mila concorrenti per arrivare alla lettera L. È il primo turno del primo giorno. Degli oltre 300mila candidati vinceranno in poco più di 2mila. Dalle guerre medievali arrivavano più superstiti. I cancelli della Mostra d'Oltremare sono chiusi ma chi è venuto da lontano si è anticipato. Il concorso è regionale e qualcuno si è fatto anche cento chilometri per essere qui. Un parcheggio sulle strisce blu, presidiate per tutta la giornata dalla Polizia municipale e dagli ausiliari del traffico (nemmeno un parcheggiatore abusivo in tutta la zona), un parente ad accompagnare il soldato fino alla trincea. Si formano i primi capannelli. Nessuno parla al vicino. Non si è compagni ma concorrenti. Però scappa qualche sorriso, dietro le maschere stanche. C'è sempre il disilluso che prima viene e poi dice ma dai, figurati se vinco io. Alle otto si entra nella Mostra. I viali hanno ancora le mostrine delle Universiadi. Aprono i battenti anche i bar e due punti ristoro, oggi per loro c'è lavoro. L'ultimo bacio a chi accompagna, poi i concorrenti vengono inghiottiti dalla pancia dei padiglioni mentre i padri, le madri, le mogli, i mariti, i fidanzati cominciano la loro lunga attesa. Piena di disincanto e sigarette. Nessuno si crede, a sentirli. Ma tutti ci provano.


«Mia figlia studia Giurisprudenza dice Paolo, 54 anni, dirigente d'azienda -. Ma ha voluto provare. Io ci credo poco». Serpeggia l'idea malinconica del tutto già scritto, tutto già deciso. Qualcuno evoca le raccomandazioni, altri parlano di risultati pilotati. Ma è un parlare gratuito, un borbottare nervoso. Il triste disincanto di chi si prepara alla sconfitta. La mattinata si consuma così, tra le notizie delle tensioni interne ai padiglioni per i ritardi, e un'aria mesta dove la speranza sta sul fondo come la posa del vino, mentre a galla sale la sfiducia. Gianluca, 24 anni, concorre tra due giorni. Ha, però, nei padiglioni la fidanzata Maria, 21 anni. Lui è di Chiaiano, lei di Cercola. «Abbiamo studiato insieme tutto il mese di agosto racconta -, ci siamo esercitati rinunciando alle vacanze. Ci teniamo moltissimo. Ci proviamo, ci dobbiamo provare per forza. Tentiamo per disperazione. Io conosco tre lingue, ho fatto mille lavori, dalla ristorazione in poi. Ma opportunità non ce ne sono. Che alternativa abbiamo? Studiamo e speriamo anche un poco nella fortuna».

E quando intorno alle 15 finalmente si aprono i cancelli tutti tirano un sospiro di sollievo. Comunque sia, è finita. I concorrenti sembrano stremati. Eleonora Lieto ha 18 anni e gli occhi che brillano. Esce dal padiglione 5 con la fronte consumata dal sudore. «È il mio primo concorso dice -, mi sono iscritta all'università ma ho voluto provare. Le prove me le aspettavo più complicate, poi si vedrà. Magari ho sbagliato tutto. Non me la prendo, ho fatto un'esperienza. Sono all'inizio del mio percorso, forse ne dovrò fare altri di concorsi. Ma intanto cominciamo a fare esperienza». Insomma, la gavetta del concorso. Se devi farne venti per vincerne uno, tanto vale cominciare. In fondo questi maledetti quiz a risposta multipla sono un po' come la schedina del memorabile Totocalcio. Uno la azzecchi, due la sbagli, ma puoi ignorare la domanda e passare oltre. Cosa conviene fare? Mosca più balena, scrisse anni fa Valeria Parrella, in un racconto memorabile proprio sulla intramontabile esperienza dei quiz da concorso. Ottanta quesiti in ottanta minuti: si fa giusto in tempo e leggere, provare a capire, annerire il pallino. Pasquale ha 36 anni, fa l'istruttore sportivo. «Il posto fisso dice sorridendo interessa, è ovvio. È il mio primo concorso. Le domande non erano insormontabili. Tentar non nuoce». Lo stesso spirito di Martina Longo, 22 anni, della periferia di Napoli. «È un posto di lavoro importante, che ti cambia la vita. Attendo l'esito con fiducia ma senza ansia. Come va, va».

Spaurito, avanza nella folla, un uomo coi capelli bianchi. Potrebbe essere uno dei genitori in attesa. Ma ammette con timidezza di essere uno dei concorrenti. «Il più anziano? Può darsi», dice Carmine, 53 anni, autista. «Ho fatto questo concorso perché sono scontento del mio lavoro.

Voglio migliorare. Anche stabilizzarmi, certo. Per quelli della mia età le opportunità sono poche. I concorsi possono essere una chance». Anche Giuseppe è più grande della media dei concorrenti. Ha 43 anni, viene da Caserta, e racconta la sua storia di operaio specializzato dei setifici di San Leucio. «Ho lavorato presso la Alois dice dal 1998 al 2010. Poi la crisi aziendale, tutti fuori. Ora prendo il reddito di cittadinanza. Suono, anche. Non rinuncio a sognare». E la speranza brilla anche negli occhi di Margherita Lombardi, 37 anni, di Caserta. Un diploma di ragioniera, una vita di lavoretti precari, un presente di disoccupazione. «Ci ho provato. Che ci perdevo? Se giochi puoi vincere. Se non giochi hai perso già».

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