Napoli, l'addio di Ferrara: «Lascio il Tribunale, mi sono sentito solo»

Napoli, l'addio di Ferrara: «Lascio il Tribunale, mi sono sentito solo»
di Gigi Di Fiore
Sabato 27 Aprile 2019, 12:00
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Sta smaltendo ferie arretrate. Tra due mesi, Ettore Ferrara lascerà la presidenza del Tribunale di Napoli per andare in pensione. È una sua scelta, anticipata di due anni rispetto alla scadenza prevista. E il presidente la spiega, con serenità ma anche con un po' di amarezza.

Presidente Ferrara, come ha preso questa decisione?
«Con riflessione meditata. Ho cominciato a pensarci dopo la riforma che ha abbassato di due anni l'età della pensione per i magistrati, quando è andato via il procuratore Colangelo da Napoli. Si attuava, nella magistratura, un disegno di rottamazione generazionale in chiave di rinnovamento».

Una scelta polemica, la sua?
«Niente affatto, è stata una scelta pacata. Ragiono solo su come, negli ultimi anni, ogni intervento riformatore nel sistema giudiziario è stato attuato senza la necessaria gradualità».

La sua decisione è maturata nel tempo, quindi?
«È il frutto di una crescente amarezza, che ho cercato di superare. Potevo andarmene anche prima, avendo maturato da due anni i 40 anni contributivi necessari. Ho atteso, ma poi negli ultimi mesi ho vissuto una crescente sensazione di solitudine sulle decisioni che ho dovuto prendere».

Chi avrebbe dovuto starle più vicino, il Ministero, il Csm?
«Non faccio graduatorie, né intendo entrare nel dettaglio. Parlo genericamente di solitudine rispetto alle istituzioni in generale, un abbandono e disinteresse rispetto a denunce di problemi che pure ho sollevato con equilibrio, anche se con decisione».

Gli ultimi due anni sono stati particolarmente difficili?
«Un ufficio come il Tribunale di Napoli è molto impegnativo e il lavoro non mi ha mai spaventato. Sono arrivato quando da poco erano state riformate le circoscrizioni giudiziarie. Ho dovuto affrontare il problema degli arretrati e delle pendenze, che ereditavamo anche da altri uffici. Erano migliaia di processi, civili e penali, incanalati e definiti».
 
Perché parla di ultimi due anni particolarmente difficili?
«Mi riferisco a vicende note, come la necessità di sospendere colleghi coinvolti, direttamente o indirettamente, in vicende penali. E poi la riforma dei giudici di pace, assegnati alla diretta responsabilità del presidente del Tribunale. Cinque uffici, con una mole enorme di contenziosi e rischi».

Riforme affrettate?
«Non voglio criticare l'autonomia del legislatore. Dico solo che gran parte delle riforme sono state fatte a costo zero e con organici invariati. Significa che ho dovuto sempre individuare soluzioni organizzative a discapito di qualche sezione o settore. E non mi sono mai risparmiato nel lavoro. Ogni mattina ero alle otto in ufficio».

Riforme come l'assegnazione dei ricorsi sul diritto d'asilo agli immigrati al Tribunale?
«Un'altra riforma, che ci ha addossato nuove responsabilità. Abbiamo creato una nuova sezione, che è riuscita ad affrontare i contenziosi nel giro di tre mesi. Il lavoro si è poi normalizzato. Nelle tabelle organizzative, ho introdotto anche delle proposte innovative».

A che si riferisce?
«All'ufficio gip, dove è stato istituito l'ufficio processi affidato a tirocinanti e giudici onorari. Un ufficio che istruisce adempimenti, poi sottoposti al magistrato. Un modello, recepito dal Csm con delibera, che assegna ai gip la possibilità di utilizzare giudici onorari. Ma a costo zero, era anche la riforma del codice antimafia sulle sezioni di prevenzione. Un altra difficoltà affrontata».

Quando ha deciso davvero di presentare la sua richiesta di pensione?
«A gennaio. Negli ultimi tempi, ho dovuto affrontare di tutto e di più in solitudine istituzionale. Ho deciso di andarmene e ho pensato di farlo presto per consentire al Csm di predisporre il concorso senza lasciare vacante a lungo un ufficio così delicato e grande come il Tribunale di Napoli».

Che tempi ci saranno?
«Formalmente due mesi. Il ministero valuta i presupposti della pensione, poi la pratica va al Csm che ratifica. Nel frattempo, verrà aperto il concorso. Il Tribunale verrà gestito dal collega presidente vicario, Dario Raffone. Io smaltirò ferie arretrate, anche se almeno una volta a settimana sarò ancora in ufficio».

Farà l'avvocato?
«No, rispetto l'avvocatura e l'ho sempre dimostrato, ma non intendo fare altro che dedicarmi alla famiglia. Rispetto tutte le scelte, anche quelle dei colleghi che intraprendono carriere politiche, ma io non intendo né fare l'avvocato né avviarmi alla politica».

Le risulta che, in questi mesi, ci siano stati molti magistrati che hanno deciso di andare in pensione prima del tempo?
«Credo di sì.

So di altri colleghi a Napoli. Una scelta che nasce da stanchezza e spesso amarezza. Pensi, ad esempio, alla riforma che ha previsto che in un ufficio direttivo non si può rimanere più di otto anni. Chi è in scadenza d'incarico, o trova un altro ufficio direttivo, o retrocede. Ci sono presidenti di sezione che dovrebbero tornare a fare i semplici giudici. È di fatto una retrocessione di mansioni che sarebbe vietata in qualsiasi settore lavorativo».

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