Fico, il più grillino dei grillini:
da Posillipo a Montecitorio

Fico, il più grillino dei grillini: da Posillipo a Montecitorio
di Davide Cerbone
Domenica 25 Marzo 2018, 11:45 - Ultimo agg. 11:47
4 Minuti di Lettura
Se appena sei o sette anni fa, quando cercava di vendere agli amici foulard, collanine e oggetti vari importati dal Marocco, un indovino glielo avesse rivelato, forse non ci avrebbe creduto neanche lui. Eppure oggi Roberto Fico è lì, seduto sul terzo scranno della Repubblica. Metti un posillipino a Montecitorio. «Non consentirò scorciatoie né forzature nel dibattito parlamentare. È necessario porre fine a un modo di legiferare confuso, fatto di deroghe. Le decisioni finali devono maturare solo e soltanto nelle commissioni e nell'Aula», ha avvisato ieri al suo esordio il neo presidente, che ha atteso l'ingresso dei deputati prima di entrare in aula. «Le istituzioni sono tenute a farsi carico della richiesta di cambiamento: il futuro qui può prendere forma», ha continuato Fico, auspicando che «il Parlamento ritrovi la sua centralità». Il primo impegno: «Il taglio ai costi della politica è uno dei principali obiettivi della legislatura: razionalizzare costi della Camera senza tagliare i costi della democrazia, qualcosa è stato fatto, tantissimo resta da fare».
 

Ma l'incredibile parabola del ragazzo napoletano comincia molto prima, nel 2005, quando abbraccia il progetto di Beppe Grillo e fonda il Meetup Napoli. Al tempo degli «Amici di Beppe Grillo», il nuovo presidente della Camera aveva 31 anni ed era solo uno che ci aveva creduto più degli altri, il punto di riferimento di una carboneria che faceva base al Vomero. E proprio lì, al Mumble rumble, il localino di via Bonito eletto a tana dal Meetup partenopeo, Roberto Fico apparecchiava durante le serate di tango del giovedì il suo piccolo bazar per vendere la mercanzia che andava personalmente a comprare in Marocco con due soci. Prima ancora, aveva provato con il turismo: un b&b al Circeo, dove stabilì la propria residenza (cosa che gli procurò più di un problema quando decise di candidarsi alle politiche del 2013: secondo le regole del M5S, infatti, ci si può candidare soltanto nel collegio in cui si è residenti). Tutti lavori, compreso quello all'Hotel San Germano e quello in un call center, che avevano poco o niente a che vedere con la laurea in Scienze della comunicazione conseguita all'Università di Trieste con una tesi dal titolo «Identità sociale e linguistica della musica neomelodica napoletana». E tantomeno con il master in Knowledge management al Politecnico di Milano, seguito all'Erasmus presso l'Università di Helsinki. Le prime esperienze nell'ambito della comunicazione sarebbero arrivate dopo: a Genova con un tour operator, a Roma con una società di formazione aziendale e a Napoli con una casa editrice. Ma Roberto in quegli anni era un trentenne pieno di sogni. E certo non poteva sapere che la realtà li avrebbe superati tutti. Tuttavia Mariano Peluso, primo eletto nelle istituzioni con i Cinquestelle a Napoli nel 2011 (è stato consigliere comunale al Vomero), qualche talento in quel ragazzo con la barba l'aveva già riconosciuto: «Quando lo incontrai per la prima volta, nel 2009, mi accorsi subito delle sue doti. Era un grande comunicatore, aveva una dialettica semplice, quando parlava in assemblea tutti stavano in silenzio. Roberto, però, sapeva anche osservare e ascoltare: era naturalmente incline a capire la personalità di chi gli stava di fronte».
 
Da allora, sono passati quasi dieci anni. Dieci anni in Movimento, con in tasca il desiderio di diventare primo cittadino della sua Napoli. Alle Comunali del 2011, però, il candidato sindaco Roberto Fico raggranellò poco più di 6mila voti, pari ad un misero 1,38 per cento. Un anno prima, quando ci aveva provato con le Regionali, la sua candidatura a presidente raccolse un bottino altrettanto scarno: un 1,35% che non gli consentì neanche di entrare in Consiglio. Sembra un'era geologica (e politica) fa. E invece, appena sette anni dopo quel risultato delle Comunali è decuplicato: nel solo collegio di Fuorigrotta, le preferenze salgono a 61.819, vale a dire il 57,6 per cento.

La svolta, tuttavia, s'intravedeva già a dicembre del 2012, quando Fico si piazza primo alle Parlamentarie indette via web del Movimento. Sul suo nome cliccano in 228, e gli permettono di essere candidato in prima posizione nella lista bloccata del M5S della Circoscrizione Campania 1. Un successo che gli spiana la strada per le politiche del 2013. Cinque anni dopo, Roberto Fico di anni ne ha 44, vive a Posillipo con la compagna Yvonne De Rosa, fotografa di una certa fama e titolare dei «Magazzini fotografici» al centro storico di Napoli che compare spesso accanto a lui e fu anche candidata tra le polemiche nel 2013 ed è presidente della Camera dopo essere passato per l'esperienza della presidenza della commissione di vigilanza Rai.

Dopo aver perso il braccio di ferro con Luigi Di Maio, l'altra faccia del MoVimento a trazione campana, incoronato da Grillo «capo politico» del Movimento 2.0, quello che pian piano, dicono gli attivisti della prima ora con un velo d'amarezza nella voce, «sta diventando un partito», l'investitura di Fico somiglia tanto ad un risarcimento. Roberto, però, era e resta uno di noi: aria da bravo ragazzo della middle class napoletana, il diploma all'Umberto, un papà impiegato al Banco di Napoli, la passione per i film di Kubrick e quella per il Napoli. E fuori dal Palazzo, niente grisaglia: solo maglioni, felpe e giubbini. Insomma, Fico è il volto della normalità a Cinque stelle.

Con qualche macchia: le ultime deludenti Comunali (molti attivisti ancora gli rinfacciano la scelta di un candidato sindaco monzese e juventino, Matteo Brambilla), guastate peraltro dall'espulsione dei 36 attivisti iscritti al gruppo Facebook Napoli Libera, il pasticcio di Quarto. E certe candidature discusse alle recenti elezioni, come quella dell'amico Raffaele Bruno, cantante e attore. Ma oggi da lassù, sembra tutto così lontano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA