C'era una volta Troisi, la nuova
biografia di Hochkofler

C'era una volta Troisi, la nuova biografia di Hochkofler
di Luciano Giannini
Mercoledì 22 Maggio 2019, 08:04 - Ultimo agg. 16:12
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È il 1977. Dopo 10 anni, prende il diploma di geometra: «Sceglie un tema sulle servitù prediali, ossia le strade che corrono tra due appezzamenti di terreno. Riuscirà a fare un componimento ironico sulla lotta di classe giocando su quel prediali come venisse da predare e confondendo volutamente il podere con il potere. Fa tanto divertire i professori, che decidono di promuoverlo...». Un aspetto poco noto della vita breve di Massimo Troisi. Lo racconta Matilde Hochkofler in Caro Massimo un'accurata biografia in uscita per la Nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi. Il libro celebra l'attore-regista a 25 anni dalla morte.
«Il nucleo essenziale», spiega l'autrice, «nasce dagli incontri che ho avuto con Massimo nella sua casa di Roma il 22 gennaio, il 29 aprile e il 15 giugno 1988». Il resto è frutto di ricerche su giornali e libri, che copiosi sono usciti per far luce su un uomo di spettacolo e di poesia in grado di rinnovare la comicità italiana grazie all'originale capacità di leggere le piccole cose del mondo e della vita come segno e termometro di quelle più grandi. A consacrare l'unicità di Troisi, poi, non va dimenticata la sofferenza cardiaca che lo portò alla morte a 41 anni, creando una stridente, drammatica, vitale contraddizione tra la vis comica e la vis tragica.
 
«A 12 anni Massimo si ammala di una malattia che i medici non sanno diagnosticare in tempo. Pensano alle tonsille, all'appendicite, ai denti. Intanto le febbri reumatiche, la vera causa di quell'infezione, agiscono e attaccano il cuore», scrive la Hochkofler. Nel raccontare la sua parabola, l'autrice si concentra più sull'arte e la carriera che sul privato, non trascurato, ma certamente in secondo piano. E fa bene. Perché dà nobiltà al racconto, senza scadere nel gossip, e ha modo di tratteggiare una personalità composita, schiva, inquieta, pigra, timida, effervescente, curiosa, ironica, politicamente impegnata, insofferente per il chiasso della società.
«Lui», si legge nel libro, «sottolinea ironicamente quel che nella cultura di tutti i giorni viene contrabbandato come verità; scardina luoghi comuni, mette in evidenza manie, tic, superstizioni, attraverso dialoghi - spesso monologhi - caustici, irriverenti, incomprensibili nelle singole parole in un dialetto napoletano spezzettato e come smangiucchiato, ma il cui significato arriva intero dal Sud al Nord Italia». Peccato che la scrittura di quel dialetto, nel libro, non sia ineccepibile. L'infanzia; la famiglia, «fonte preziosa delle battute di domani»; il Pinocchio recitato a scuola; le prime prove nel teatrino dei padri Camillani a San Giorgio; l'arrivo di Lello Arena; l'apertura del Centro Teatro Spazio nel '72; l'incontro con Enzo Decaro; il periodo dei Saraceni e, quindi della Smorfia; la genesi di quel nome al Sancarluccio dei preziosi talent scout Franco Nico e Pina Cipriani; ampi stralci dei loro sketch più famosi; i primi successi romani alla Chanson; l'approdo in Rai con «Non stop» del grande Enzo Trapani; la laboriosa preparazione di «Ricomincio da tre»; quindi, tutti i suoi film, con i dialoghi di alcune scene e ampie sintesi; le sue donne e la sua concezione dell'amore; i viaggi americani per operarsi al cuore; l'amicizia con Pino Daniele, Benigni, il rapporto con Mastroianni; e la visione politica della città («Tarantelle, canzoni, sole e mandolino, a Napoli si muore a tarallucci e vino»): la Hochkofler segue i passi di Troisi, componendone un ritratto ricco, esauriente, tratteggiato per fortuna senza retorica, segnato dal desiderio di vivere una vita normale, a cominciare dalle partite di calcio che i medici invano gli sconsigliavano: «Ho sempre preteso di comportarmi come una persona più che sana, ho sempre avuto questa volontà di non essere malato». Quando lo incontrò, nell'84, Eduardo De Filippo gli dette un consiglio: «Fai le cose che vuoi fare, non farti mai condizionare da nessuno».
Massimo non ne aveva bisogno. E, come Eduardo, ce l'ha fatta. E in metà tempo. Ora siede con lui nel pantheon partenopeo assieme a Totò. Cosa ci avrebbe donato se il 4 giugno '94 non si fosse appoggiato sul letto senza più risvegliarsi? Ma tu o ssaje comme fa o core...
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