La «pinza chirurgica di Pompei» e l'«importanza della medicina antica» nel libro di Michele Di Gerio

L'autore vuole approfondire uno strumento studiato solo nei cataloghi

Locandina dell'evento di presentazione al Mann
Locandina dell'evento di presentazione al Mann
Giovedì 1 Dicembre 2022, 18:16
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«Il mondo antico non è solo un mondo di artisti, c'è soprattutto la vita quotidiana. Lo studio vuole mettere in evidenza l'importanza della medicina antica». 

L'idea arriva durante il lockdown: scrivere un libro sulla medicina a Pompei. Tuttavia, l'autore teme di cadere nei luoghi comuni, così decide di concentrarsi su un oggetto conservato al Mann.

Michele Di Gerio, laureato in medicina veterinaria e in conservazione dei beni culturali, indirizzo archeologico, in due anni scrive le 140 pagine che compongono “La pinza chirurgica di Pompei.

Medicina e studi” (Guida Editori, 2022), avendo come base due articoli da lui scritti in precedenza, “Studio sugli strumenti chirurgici del Museo Archeologico Nazionale di Napoli” e “Studio sulla figura di Iapige dell’affresco ‘Enea ferito’”.

Con questo saggio, l'autore vuole approfondire uno strumento, la pinza, studiato solo nei cataloghi e correggere un errore nel nome. Benedetto Vulpes, nell'Ottocento, lo aveva chiamato Forcipe Ercolanense, ma Di Gerio precisa che 'forcipe' intende un diverso strumento ostretico ginecologico, solo in un'accezione molto lontana vuol dire 'pinza', e lo strumento è stato rivenuto a Pompei, rendendo 'ercolanense' improprio.

Lo scrittore racconta di aver contattato Stefano De Caro, figura importante nel campo dell'archeologia, riguardo il nuovo di nome: «In una guida molto importante dell'Electa, nel '94, la chiamò Forcipe Ercolanense». Di Gerio gli ha comunicato il suo cambiamento: «“Mica è uno strumento di mia proprietà” mi ha risposto».

Il libro richiama le ricerche di diversi autori su tale strumento chirurgico, vengono riportati gli studi condotti a metà '800 da Benedetto Vulpes e Bernardo Quaranta, ed evidenzia alcuni aspetti delle fonti iconografiche, quali il bassorilievo del tempio egizio di Kom Ombo e la pittura pompeiana “Enea ferito”, insieme ad approfondimenti sulle pinze chirurgiche di epoca romana ritrovate nel territorio svizzero, a Luzzi, Rimini e nella Grecia centrale per ottenere un confronto archeologico.

Alcuni paragrafi sono dedicati al bronzo, «i manufatti chirurgici erano in bronzo, era importante parlare del bronzo», al rinvenimento degli strumenti chirurgici e dei contenitori sanitari nel corso degli scavi di Ercolano e Pompei, nonché alle figure del medico e della donna-medico di epoca romana.

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Il tutto è scritto con un linguaggio semplice. «Per non annoiare il lettore, quando si fa scienza bisogna scrivere in maniera chiara. Se uno studioso ha capito la materia che tratta, non è complicato spiegarla, è lo studioso che non ha capito e copia i concetti che la complica».

Arricchiscono il volume, foto e illustrazioni. Antonietta Palmieri ha collaborato con l'autore per disegnare ciò che di cui non erano disponibili foto e ha realizzato i ritratti dei due studiosi dell'Ottocento.

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