In una settimana perfettamente multidisciplinare non poteva mancare la musica in Sala Assoli: giovedì 23 marzo, alle ore 21.30, prenderà il via la rassegna musicale Epifonie, curata da Marco Stangherlin che ha per sotto titolo I Suoni, l’Incanto. Presentati da Wakeupandream e Casa del Contemporaneo, i tre appuntamenti avvicineranno il pubblico partenopeo a musiche provenienti da varie parti del mondo. Sono incontri con musicisti e partiture che non trovano spazio nei media mainstream, contronarrazioni sonore che parlano ad ascoltatori che alla musica chiedono molto di più di una melodia urban pop.
Sul palco della sala di Casa del Contemporaneo nei Quartieri Spagnoli saliranno quattro artisti - con un percorso singolare e indifferenti a generi, etichette e mode - che fondono urgenza espressiva e spirito di ricerca e producono con e nella loro musica un senso di spaesamento e slittamento spazio temporale. A inaugurare Epifonie è il musicista canadese Eric Chenaux, i cui dischi affrontano la relazione tra struttura e improvvisazione, in modi molto particolari e unici, senza cinismo ma con amore.
La rassegna è stata progettata come un viaggio nel suono e nella sua capacità di rigenerarsi e sorprendere, di trasformare e mettere in connessione il fuori (l'ambiente in cui vibra, il qui e ora dello spazio performativo) e il dentro (l'interiorità, degli ascoltatori e degli artisti). Un oceano di canzoni poco o per nulla frequentate da grandi platee, capaci di aprire finestre sul possibile e di farci spostare altrove rimanendo fermi. Epifonie prosegue il 20 aprile con un doppio concerto al femminile: il set strumentale di Flavia Massimo, violoncellista e sound designer abruzzese e il set per voce e Casio di Radio Hito, moniker di Y.-My Zen Nguyen, compositrice e artista belga di origini italo-vietnamite che realizza un’alchimia di tremori elettronici, minimalismo pianistico e parole. La conclusione è affidata l'8 maggio al trio sloveno Širom. Suonano un folk immaginario o "proveniente da un universo parallelo" come amano dire loro stessi; o un folk che sembra folk ma non lo è, come ha scritto qualcuno.