PORDENONE - È certamente un buco del sistema, un rimpallo di competenze nonché una beffa, visto quello che era successo. Ma tant'è, una delle operatrici sanitarie no vax dell'Hospice di San Vito al Tagliamento è ancora al suo posto. E per la seconda volta ha rifiutato il vaccino, non presentandosi all'appuntamento che le era stato fissato dall'Azienda sanitaria. Una vicenda che ora rischia di sollevare un nuovo polverone sulla sanità pordenonese, oltre che di riaccendere (giustamente) i fari sul problema legato al trattamento degli operatori non immunizzati che lavorano a stretto contatto con i pazienti, a maggior ragione se fragili e ampiamente a rischio.
I FATTI
Metà aprile, il Friuli Venezia Giulia è in zona rossa. C'è la terza ondata, anche se inizia già la regressione del contagio. Le vaccinazioni, tra gli anziani e i sanitari, corrono velocemente. Ma all'Hospice di San Vito al Tagliamento scoppia un caso che sarebbe finito anche sulla scrivania del viceministro della Salute Sileri. Un'operatrice sanitaria non vaccinata (per scelta, non a causa di problemi di salute) si contagia e innesca un focolaio. Infetta alcune colleghe e due pazienti. Uno di questi muore, era già in condizioni critiche. L'Azienda sanitaria del Friuli Occidentale reagisce duramente: scatta la minaccia di trasferire tutti gli operatori non vaccinati a meno che non decidano di aderire alla campagna di protezione.
IL NODO
La competenza, in questo caso, è dell'Azienda sanitaria. Cioè dei suoi vertici. Il direttore generale, Joseph Polimeni, ha già confermato che in provincia si seguirà la linea dura, che prevede la sospensione dei sanitari non vaccinati. La struttura, cioè l'Hospice, non può agire in autonomia e deve ricevere ordini dall'alto, che però non sono ancora arrivati.