L’assedio dei clan: dalla Chiesa
al sindacato, perché i padrini alzano il tiro

di Andrea Di Consoli
Giovedì 24 Marzo 2022, 00:00
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Proviamo a mettere in fila alcuni fatti e alcune notizie. Il 12 marzo esplode una bomba carta davanti la Chiesa San Paolo Apostolo di Parco Verde a Caivano. È un chiaro e grave segnale intimidatorio nei confronti di don Maurizio Patriciello, fortemente impegnato nella lotta alla camorra nell’area nord di Napoli. Il 14 marzo il segretario regionale campano della Fim-Cisl Giuseppe De Francesco viene brutalmente preso a calci e pugni nella sede del sindacato. Il 21 marzo si tiene a Napoli l’oceanico corteo di Libera per la giornata in ricordo delle vittime di mafia. Scendono per strada, oltre ogni previsione, più di 50.000 persone. Il 22 marzo la sede napoletana della Filcams-Cgil di piazza Garibaldi viene devastata da ignoti. 

A queste gravi notizie ne vanno aggiunte almeno tre di ordine economico: la prima è che a Napoli e in Campania stanno per arrivare centinaia di milioni di euro del Pnrr, e che questi soldi fanno ovviamente gola ai settori “inquinati” dell’economia partenopea; la seconda è che i liberi professionisti, i commercianti e gli imprenditori sono sempre più in difficoltà a causa dell’arrivo delle cartelle esattoriali, dell’aumento dei costi dell’energia e della contrazione generale dei consumi; la terza è che secondo i dati dell’Osservatorio sul reddito di cittadinanza a Napoli e provincia percepiscono il reddito ben 160.040 persone, a differenza, tanto per fare un esempio, della Lombardia, dove sono appena 74.815. 

Qual è il filo rosso che lega tutti questi fatti? Non è difficile da capire. Napoli e la sua provincia sta vivendo una drammatica crisi economica e sociale, e le mafie – dall’accezione più arcaica a quella più moderna del termine – si stanno attrezzando per accaparrarsi il maggior numero di commesse pubbliche e il maggior numero possibile di attività economiche pulite sull’orlo del fallimento per mettere in circolazione danaro sporco. Questa crisi rischia di essere la più grande occasione per le mafie per imporre una vera e propria egemonia economica sulla città. I numeri sul reddito di cittadinanza dicono qualcosa di molto chiaro: senza questa misura di contrasto alla povertà la città non avrebbe retto allo tsunami iniziato nel marzo del 2020. Ma le violenze dirette contro la Chiesa, i sindacati e, in generale, i corpi sociali intermedi, ci dicono anche un’altra cosa, e cioè che le mafie vogliono indebolire e spazzare via tutti quegli organismi sociali sani che operano in difesa del lavoro e della dignità dei lavoratori e contro la droga, il racket e l’illegalità camorristica. 

La strategia mafiosa, per quanto rozza e brutale, sembra raffinata, e sembrerebbe avere come obiettivo quello di intimidire chiunque abbia intenzione di impegnarsi in difesa della legalità e della dignità del lavoro.

Da questo punto di vista le parole dell’ex Procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho sono inequivocabili: “La camorra ha voluto mandare un segnale preciso”. Anche perché non è sfuggito a nessuno che la Cgil sia stata base logistica della manifestazione di Libera, e che durante la manifestazione esponenti apicali del principale sindacato abbiano chiaramente detto che “la criminalità impedisce un sano sviluppo occupazionale”. 

Le mafie, insomma, non vogliono corpi intermedi, e non vogliono ostacoli nel vampirizzare l’economia napoletana e nel poter sfruttare a livelli di schiavitù coloro che credono nel lavoro e ancora non accedono al reddito di cittadinanza. A questa strategia di “occupazione” delle mafie non si devono opporre soltanto le forze dell’ordine, la magistratura e il giornalismo d’inchiesta, ma anche l’associazionismo civico e culturale, le scuole di ogni ordine e grado, i partiti, i sindacati, le associazioni di categoria, la Chiesa e, soprattutto, i giovani, che devono sapere chiaramente che in ballo c’è il loro futuro. Iscriversi a un solo di questi sodalizi virtuosi è un gesto estremamente importante, perché rafforza quello spazio virtuoso tra lo Stato e i cittadini che le mafie vorrebbero occupare per non avere ostacoli ai propri disegni criminali. 

Da quasi trent’anni, complice anche la crescita di spazi virtuali molto spesso inefficaci, i cittadini hanno accettato la vulgata populista secondo la quale i partiti, i sindacati e la Chiesa sono soltanto luoghi di potere totalmente disinteressati alle sorti dei cittadini e indifferenti alla difesa dei beni comuni e della legalità. Ecco, bisogna avere il coraggio e la fermezza di dire che si è trattato di un grande abbaglio. Bisogna iscriversi al più presto, partecipare, presidiare il territorio, informarsi, unire le componenti sane della città, affinché le mafie non riescano nell’obiettivo di diventare egemoniche a Napoli. Impegnarsi in un simile contesto può far paura, è normale. Ma più napoletani saranno in campo e meno potere avranno le mafie che stanno provando a prendersi Napoli in un momento così difficile per l’economia napoletana e meridionale. 
 

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