L’ex marito: «Ti squarterò». Ma per lei nessuna tutela

Napoli, Centro antiviolenza del Vomero l’inferno di una 50enne: denunce inutili

La violenza sulle donne
La violenza sulle donne
di Giuliana Covella
Martedì 22 Agosto 2023, 23:43 - Ultimo agg. 23 Agosto, 17:48
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«Ti devo squartare, io campo per ucciderti». Una delle ultime minacce che è stata costretta a subire l’aveva sentita pronunciare in dialetto dall’ex marito: «Un anno e mezzo fa andai a casa sua per chiedergli i soldi che mi doveva come ogni mese e lui mi minacciò di morte. Mio figlio, che mi aveva accompagnata, dovette intervenire ma siamo scappati via per la paura e dopo l’ho denunciato».

Gabriella (il nome è di fantasia per ovvi motivi), casalinga di 50 anni, due figli maggiorenni che frequentano l’università ed una ancora minorenne, è al centro dell’ennesima storia di violenze e maltrattamenti quotidiani da parte di un uomo che in passato alla sua compagna aveva giurato amore. Ma dopo il matrimonio anche Gabriella, come tante donne, ha iniziato a vivere un inferno tra percosse, intimidazioni e stalking fino a quando, sette mesi fa, in preda alla disperazione e non sentendosi al sicuro dopo le denunce fatte, si è rivolta ad uno dei cinque centri antiviolenza del Comune coordinati da Rosa Di Matteo (il sesto, quello di Scampìa, è coordinato invece da Patrizia Palumbo dell’associazione Dream Team).

Quando lo incontrò la prima volta Gabriella era una ragazzina e quel giovane le sembrava un principe azzurro: «Avevo 15 anni - racconta - I suoi modi gentili e rassicuranti mi fecero subito innamorare. Così ci fidanzammo e a 21 anni lo sposai. Sin dall’inizio abbiamo desiderato mettere su famiglia, tanto che il nostro primo figlio nacque un anno dopo le nozze». Poi i primi campanelli d’allarme. «Lui era molto geloso e mi controllava. Non potevo fare nulla, nemmeno uscire da sola.

Ma non me la sono mai sentita di lasciarlo, perché ormai conoscevo sia lui che i suoi familiari, che sono persone violente e avevo timore per me e i miei figli». Fino al primo eclatante episodio nel 2005, quando la donna scopre l’infedeltà del coniuge: «I primi 13 anni di matrimonio erano stati felici, fino a quando un giorno ricevetti la telefonata di una donna che diceva di essere l’amante di mio marito da quattro anni. Mi crollò il mondo addosso. Volevo sapere la verità, ma ogni volta che gli chiedevo spiegazioni lui mi picchiava, nonostante fossi incinta della mia ultima figlia. Sono stati gli anni più brutti della mia vita». Da qui la decisione di separarsi dall’uomo, che tuttavia continuava a vivere con moglie e figli «fino a quando tre anni fa ho detto basta». 

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Lo scorso gennaio Gabriella si è rivolta al Cav del Vomero in stretto collegamento, come tutti gli altri, con il Centro Dafne gestito da Salute Donna e diretto da Elvira Reale. Qui la donna ha riferito di continuare a subire minacce e stalking dall’ex partner. «L’uomo ha sempre agito nei confronti della ex moglie con violenza fisica, verbale, psicologica ed economica - spiegano le operatrici - e ancora oggi lei è costretta a saldare i debiti da lui contratti». La prima denuncia sporta dalla 50enne risale a circa due anni fa. Ma le violenze fisiche e psicologiche non sono mai finite ed è lei stessa a raccontare: «Il mio ex non ha mai smesso di minacciarmi di morte, lo fa tutti i mesi. A volte lo denuncio, altre no. Perché non c’è stato nessun provvedimento contro di lui. Alcuni mesi fa gli mandai un messaggio per ricordargli del bonifico. Ero sul balcone di casa, quando lui tornando dal lavoro (abita di fronte casa mia, il che mi fa sentire in trappola e non libera di uscire), si fermò e iniziò a inveire contro di me. Così andai dalla polizia; rincasando lo incontrai sotto casa. Mi corse dietro nel palazzo, insultandomi e minacciando di uccidermi. Per fortuna alcuni passanti lo fermarono».

Nonostante le denunce però forze dell’ordine e Tribunale non hanno previsto alcuna forma di protezione e tutela per arginare i comportamenti violenti dell’uomo. Il Cav del Vomero ha preso in carico la vittima, l’ha immessa in un percorso di sostegno psicologico, legale e di orientamento al lavoro; e le ha permesso di ottenere i bonus per i figli che vanno all’università. Sul piano giuridico l’avvocata del centro fa rilevare che «le misure cautelari non sono state prese in considerazione, perché le varie denunce fatte da Gabriella in tempi successivi non sono state immesse in un unico procedimento, ma hanno dato luogo a quattro distinti procedimenti penali, ovviamente parziali e di minore gravità, che non hanno configurato, a dire dei pm, l’esigenza di una tutela pur ritenuta dalla vittima necessaria». La legale che segue il caso ha chiesto durante il dibattimento di uno dei quattro processi di unificarli in un solo procedimento per visualizzare la condotta complessiva dell’uomo, ma il Tribunale di Napoli avrebbe rigettato l’istanza considerandola antieconomica.

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