Minorenne ucciso a Napoli, l'assalto al Pellegrini organizzato sui social

Minorenne ucciso a Napoli, l'assalto al Pellegrini organizzato sui social
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 2 Marzo 2020, 23:00 - Ultimo agg. 3 Marzo, 13:00
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Li hanno visti entrare, hanno i loro volti, in alcuni casi sono arrivati anche ad identificarli. Si tratta di soggetti che si muovono in quella terra di mezzo che separa la zona della Pignasecca e i Quartieri spagnoli, soggetti in alcuni casi legati a famiglie in odore di camorra, in altri casi vicini a rapinatori o a spacciatori. Soggetti che hanno una percezione chiara di un certo andazzo: forti di una impunità totale, sanno di rischiare poco o nulla dopo aver sfasciato il pronto soccorso di un ospedale.

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Eccoli quelli che domenica notte hanno scatenato l’inferno all’interno del nosocomio dei Pellegrini, con una insensata rappresaglia all’interno dell’area attrezzata a triage. Una cinquantina gli autori dell’assalto, cominciano a venire fuori i primi nomi, in uno scenario investigativo in cui la Procura di Napoli ha le idee chiare.
C’è una ipotesi di reato battuta in queste ore: quella di devastazione, reato punito con la reclusione da otto a quindici anni. Devastazione e saccheggio all’interno di una struttura ospedaliera, nelle stesse ore in cui lo stress di personale e utenza era al top per l’incubo diffusione del corona virus.

Inchiesta condotta dal pm Simone De Roxas e dell’aggiunto Rosa Volpe, si scava nelle immagini raccolte dal sistema di videosorveglianza dell’ospedale. Ci sono due momenti: quello dell’accesso sulle scalinate dei Pellegrini e quello della devastazione interna. Calci e pugni contro monitor e tastiere di computer, contro la scrivania usata per comporre le cartelle cliniche, ma anche materiale farmaceutico completamente distrutto. Molti uomini ad agire, c’erano anche volti giovanissimi, probabilmente minorenni: «Ho visto un uomo dare un pugno al monitor, un altro alzare la scrivania e scaraventarla verso l’esterno». Reazione rabbiosa e - lo sottolineiamo - del tutto ingiustificata rispetto alla circolazione della notizia della morte del 15enne Ugo Russo. Ma ritorniamo al punto zero. Sono trascorsi trenta minuti dopo la mezzanotte - tra sabato e domenica - quando un carabiniere libero dal servizio si difende da un tentativo di rapina di due rapinatori minorenni armati.
 

 

Storia nota, purtroppo: il carabiniere spara e uccide il ragazzo, che resta a terra una ventina di minuti prima dell’arrivo dell’ambulanza. Il quindicenne arriva in ospedale esanime, inutile lo sforzo di medici e infermieri, a cui tocca il compito di confermare l’avvenuto decesso. È il momento della rappresaglia, dell’assalto, che spinge i responsabili del Pronto soccorso a chiudersi all’interno di una stanza remota, assieme ai pazienti ospiti della struttura. Brutta scena, che ora la Procura sta cercando di ricostruire. In che modo? Possibile che l’adunata sia partita a mezzo social o attraverso i telefoni cellulari. C’erano troppe persone, troppi uomini, che avevano un solo obiettivo: dare una dimostrazione di dolore e rabbia, di adesione ad un progetto di vendetta nei confronti dello Stato.

Una logica criminale, in perfetto stile camorristico (anche se non sono contestate al momento aggravanti del fine mafioso). Stesso atteggiamento assunto poche ore dopo la devastazione dei Pellegrini, con gli spari esplosi contro i locali della caserma Pastrengo, che ospita il comando provinciale dei carabinieri. È il terzo atto di un’orrenda notte napoletana. Anche in questo caso, le immagini sono abbastanza chiare. Una zona di interesse militare, nella quale l’occhio delle telecamere ha raccolto l’andamento a zig zag di due soggetti in sella a uno scooter. Sono giovanissimi, secondo i bene informati sono legati alle retrovie del clan Saltalamacchia, sono vicini alla camorra radicata tra piazza Dante e la zona della Pignasecca.

Eccoli inquadrati dalle telecamere. Uno dei due spara attraverso le inferriate, dall’esterno verso l’interno, tanto da colpire un’auto dei militari parcheggiata nel recinto della Pastrengo. Poi scappano e vanno anche a sbattere contro un’auto in sosta, prima di lasciare la scena. Casco nero integrale, giubbotti scuri, difficile identificarli con certezza. 
Eppure per gli inquirenti non ci sono dubbi. Dietro la devastazione dell’ospedale e, soprattutto, dietro la «stesa» contro la Pastrengo, c’è una regìa. A muovere i fili un boss della camorra, che ha fomentato (e cavalcato) la rabbia dei genitori e dei parenti di Ugo Russo, tanto da mandare poi a sparare contro la caserma di via Morgantini, l’antico presidio militare che si affaccia in piazza Carità. Chiara la finalità dell’agguato: acquisire consenso tra i vicoli, sfruttare l’emozione collettiva, per dare una risposta al «carabiniere» che ha ucciso il ragazzo. Processo sommario, tra i vicoli della Pignasecca. 

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