Librerie, le piazze del sapere che la città deve salvare

di Titti Marrone
Venerdì 6 Gennaio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
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«Il vuoto in faccia a un muro lasciato di una libreria venduta è il più profondo che io conosca», dice Erri De Luca, ma esiste un vuoto anche peggiore, quello lasciato da una libreria chiusa. Sarà forse per questo che in tanti, sui social, si sono detti preoccupati leggendo, sul Mattino di qualche giorno fa, che il megastore Feltrinelli è prossimo alla chiusura, sia pure per un restyling e solo per la durata di sei mesi. E con la prospettiva di eliminare la caffetteria, punto di ristoro-ritrovo in mezzo ai libri praticamente unico in città.

Il gran parlare che se ne sta facendo segnala un interesse da cogliere: l’affezione generalizzata per il primo megastore inaugurato a Napoli il 12 luglio 2001 ed entrato a far parte in modo consistente della vita culturale cittadina. Certo, la sua nascita alzò l’asticella della concorrenza con le altre librerie e provocò non pochi dolori alle più piccole, con la chiusura della storica Guida di piazza dei Martiri. Però è innegabile che disporre di un punto di vendita di libri disseminato su quattro piani e capace di varie decine di migliaia di titoli aggiornatissimi nel cuore della città, oltre che di cd musicali e visivi, inaugurasse una svolta nel segno della modernità capace di attrarre fette di lettori più giovani. Restò indimenticabile la grande festa del lancio, con Inge Feltrinelli in una delle sue mise color arancio più solari e beneauguranti, con autori della casa editrice come Domenico Starnone, Erri De Luca e Marco Travaglio mescolati tra il pubblico, così come indimenticabili furono l’afflusso dei napoletani e il concerto in piazza. 

E se sarà difficile pensare a piazza dei Martiri svuotata, per sei mesi, del principale salotto culturale per dibattiti, eventi, presentazioni di libri e mostre, anche la perplessità manifestata da molti napoletani per la prospettiva dell’eliminazione del bar-ristoro lancia un segnale da non trascurare: la forte esigenza di quelli che l’architetto francese Pierre Riboulet chiama “spazi urbani pacificati” che facciano sentire i cittadini accolti e accompagnati in luoghi da non percepire né come semplici negozi né come sarcofaghi di libri, o impolverate cattedrali del sapere destinate a miopi secchioni fuori dal tempo.

Ma poi, al Sud fanalino di coda per gli indici di lettura, la contrazione delle vendite di libri indicata da presidente dell’Aie Diego Guida, a sua volta titolare di libreria, rischia di restringere ancora quell’esigua fetta del 5% del mercato nazionale.

E dunque servirà davvero, e con forza, l’attenzione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano - peraltro napoletano e del tutto a conoscenza della situazione cittadina - a un comparto non solo economico: il ministro sa che una libreria è molto più che un negozio dove si vendono libri, e può, e deve essere riguardata anche dalle istituzioni per l’importanza della funzione pubblica e socialmente utile che svolge. Ma se perfino un megastore legato a un marchio top come Feltrinelli deve correre ai ripari anche a causa del peso di una crisi del libro peggiorata da carovita, rincari dell’energia e delle spese di gestione, che destino dobbiamo immaginare per le librerie più piccole e per quelle indipendenti? 

Dal Vomero, dove i volontari della libreria Iocisto s’inventano mille attività anche sociali, a via Mezzocannone e piazza del Gesù, dove Raimondo Di Maio accoglie i lettori con le sue proposte personalizzate, le piccole librerie “indy” fanno di tutto per sopravvivere. Ma tra spese di gestione e fitti in costante aumento non è impresa facile. Lo spettro incombente è quello di un glorioso “luogo del sapere” come piazza Dante, una volta splendente di fervore, bancarelle dei bouquinistes, case editrici e altre attività legate al libro, come l’indimenticabile Saletta Rossa. Ora sarebbe del tutto desertificata, ancor più buia dopo la scomparsa del suo “re” Tullio Pironti, se non fosse per la resistenza di Berisio, Langella e qualche altra piccola libreria.

Oggi la visita del ministro della Cultura prevederà, in compagnia del sindaco Manfredi, un sopralluogo all’Albergo dei Poveri per il progetto legato alla biblioteca. Potrebbe essere un’occasione per vincolarlo ad altri spazi della cultura ed anche alle librerie viste come “piazze del sapere”, cioè luoghi di incontro, di scambio, di azione collettiva: ce ne sarebbe bisogno ovunque, ma a Napoli più che altrove. In un’area del Paese che corre il rischio di restare ai margini dell’economia della conoscenza, il libro, i suoi luoghi e i suoi operatori dovrebbero essere inseriti in una rete coesa, parti di un progetto di rinascita dell’Italia, risorsa economica, veicoli di libertà e creatività per i cittadini. 

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