«Napoli, il mercato delle tesi di laurea perché molti studenti non sanno scrivere»

«Napoli, il mercato delle tesi di laurea perché molti studenti non sanno scrivere»
di Gennaro Di Biase
Venerdì 24 Settembre 2021, 23:35 - Ultimo agg. 26 Settembre, 08:32
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Federico II, Orientale, Partenope, Suor Orsola, Vanvitelli: gli studenti che pagano per farsi scrivere la tesi di laurea, a sentire le storie raccontate dai ghost writer dell’accademia, vengono da ogni università della città (e del Paese). Andrea Mazzucchi, direttore del Dipartimento di Studi Umanistici della Federico II, noto studioso e docente di Filologia Dantesca, non nega la crescita del fenomeno, non si sottrae alle domande e cerca di fornire qualche soluzione.

L’Università è a conoscenza del mercato nero delle tesi? 
«Sì.

Purtroppo il fenomeno sta crescendo ed è esteso a varie università e a varie materie, umanistiche e non, ma ci risulta prevalentemente circoscritto alle tesi triennali. Ovviamente è impossibile raccogliere dei dati ufficiali in merito, perché le prove di fatto non esistono». 

Come è possibile, secondo lei, che un laureando cerchi scorciatoie e le trovi con tanta facilità? 
«Le ripeto: essendo un fenomeno sommerso, raccogliere dati precisi è impossibile. Il mercato nero delle lauree è trasversale. Le posso dire che è più diffuso in quelle materie in cui la passione per lo studio intrapreso è meno elevato. Nella mia materia specifica, la filologia dantesca, il fenomeno per esempio è limitato: di solito chi studia Dante è motivato a farlo, e non va all’università per ottenere il ‘pezzo di carta’. Detto questo, ci tengo a precisare che qualcosa può sfuggire a tutti in ogni campo, nonostante l’attenzione e l’impegno profusi dai docenti. Negli anni passati, chi voleva fare il furbo utilizzava siti internet e riviste specialistiche per copiare. Ma per arginare la copia via Web gli atenei si sono dotati di software specifici. Uno dei più utilizzati, anche da alcuni dipartimenti della Federico II, si chiama Compilatio. Funziona così: si digita la porzione di testo che si sospetta essere oggetto di plagio, e il programma fornisce la possibile fonte originale della frase». 

Chiaro però che nel caso di tesi scritte da terzi questo software e Google non funzionano.
«No, purtroppo no. Quello che chiediamo ai nostri studenti non è la creazione di un capolavoro, ma la capacità di rielaborare il pensiero altrui, degli autori o dei critici. Chiaro che controllarne la genuinità assoluta è umanamente impossibile. Uno degli elementi-spia della possibile slealtà è il cambio di registro improvviso nel linguaggio della tesi. Se però il testo è scritto da un terzo, questa del controllo stilistico diventa una strada difficile da percorrere. L’unico modo per controllare l’autenticità dell’elaborato consiste nel numero dei colloqui tra studente e relatore, che auspico possano avvenire con maggiore frequenza». 

Secondo lei, quindi, sulla crescita del fenomeno incidono anche i ritmi di lavoro sempre più elevati per i docenti?
«Assolutamente sì. Il ridimensionamento del personale e la scarsità dei fondi nell’assumerne di nuovo aumentano le possibilità di queste operazioni illegittime. Alcuni docenti hanno un carico di tesi tale che diventa difficile seguirle con l’attenzione che meritano. Il rapporto docente-numero di studenti è troppo sbilanciato: i prof., in altre parole, sono troppo pochi. In sostanza, una tesi di laurea viene letta da un solo docente. Al massimo da due». 

Il risultato, però, è la produzione di dottori e prof. che non sanno scrivere.
«Di sicuro, il fenomeno delle tesi a pagamento pone una riflessione seria sulla preparazione dei laureandi nell’italiano scritto, che troppo spesso è precaria. Su questo tema pensiamo di organizzare dei corsi di preparazione all’elaborato finale, così da far sentire meno insicuri gli studenti nella fase di approccio alla tesi di laurea. La discussione dovrebbe essere un momento di consacrazione della cultura, e non di inganni e scorciatoie. La lingua scritta è ormai per pochi. L’attenzione riguardo al tema della scrittura è spesso scarsa anche a scuola. Da qui parte il primo deficit. Ma la stessa università non considera un problema il fatto che gli studenti non sappiano scrivere. Tutto questo rischia di far crescere ancor più il mercato nero delle tesi di laurea. Per tutti questi motivi, è necessario che gli atenei si facciano carico dell’acquisizione di competenze sulla varietà scritta della lingua».

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