Struttura inagibile, lavori troppo cari: a Napoli chiude il Nuovo Teatro Sanità

Il direttore: "Abbiamo annullato la stagione, per l’adeguamento necessari 100mila euro"

Le sedie smantellate dal Nuovo Teatro Sanità
Le sedie smantellate dal Nuovo Teatro Sanità
di Luciano Giannini
Martedì 14 Marzo 2023, 00:00 - Ultimo agg. 06:53
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La Sanità rinasce: i murales con Totò e Peppino, la riscoperta dei siti archeologici sotterranei, la politica svolta negli anni scorsi da don Antonio Loffredo con la sua «paranza», le eccellenze della gastronomia sembrano confermare un’aria, un’atmosfera complessiva di risveglio. Eppure, c’è un segnale che va contro tanto facile ottimismo: il Nuovo Teatro Sanità (ntS’) ha chiuso. O, almeno, ha annullato la stagione 2022-2023, peraltro già sospesa dal 7 novembre scorso per lavori. Le opere si sono rese necessarie con lo scopo di adeguare alle norme vigenti per le sale di pubblico spettacolo il suo spazio, la chiesa settecentesca dell’Immacolata e San Vincenzo, in piazzetta San Vincenzo. Ma quel che pochi mesi fa doveva essere una interruzione temporanea si palesa oggi come definitiva. Perché mai? Un altro mistero napoletano e ben poco gaudioso. 

La domanda non può che essere rivolta al regista Mario Gelardi, coraggioso artefice, giusto dieci anni fa, del miracolo ntS’: trasformare un antico luogo sacro, ancora consacrato, in un teatro di 90 posti, capace di attirare, almeno in parte, i giovani della Sanità, quartiere complesso e ad alta dispersione scolastica, creando una luce di cultura e di condivisione sociale, un’alternativa ai rischi della strada e al disimpegno, nello stesso solco dell’azione pastorale svolta negli anni da don Antonio Loffredo, ex parroco della vicina basilica di San Vincenzo. 

Non è un caso se Roberto Saviano è stato tra i primi a comprendere l’importanza dell’iniziativa, abbracciandone la causa e firmando, con Gelardi, lo spettacolo «La paranza dei bambini». E, con lui, Toni Servillo, che al ntS’ ha portato il suo spettacolo «Toni Servillo legge Napoli».

Allora, perché la chiusura, Gelardi? «A ottobre scorso sono stato convocato al Commissariato di polizia. Volevano il certificato di agibilità, che non abbiamo mai avuto. Ci hanno chiesto alcuni interventi per adeguare la sala ma, poi, l’entità dei lavori necessari, emersa dalle perizie tecniche, si è rivelata molto al di sopra delle nostre possibilità». Di quanto si tratta? «Centomila euro, forse più. Adeguare una chiesa del Settecento a sala per pubblico spettacolo è difficilissimo. Ma c’è un altro problema, forse insormontabile». 

Quale? «La struttura è del Comune, che l’ha affidata alla Curia per l’attività pastorale. Voglio dire che il bene è accatastato come luogo sacro. Perciò, ammesso che riuscissimo a completare le opere come richiesto, rischieremmo ugualmente di non avere l’agibilità. In sintesi, ci dicono che una chiesa non può diventare teatro». E finora? Non sapevate, quando apriste, che c’era questo ostacolo? «Certamente. E l’ho ripetuto più volte, anche pubblicamente, ma l’intrico burocratico è troppo grande per noi. Più volte, soprattutto in questi ultimi mesi, abbiamo chiesto alle istituzioni interessate di aiutarci, di capire - insieme - se e quale soluzione sia possibile; e mi riferisco alla Curia e al Comune, oggi all’attuale Giunta, ieri a quella precedente. Finora, però, i nostri appelli non hanno ottenuto risultati. L’ultima risposta dei funzionari di Palazzo San Giacomo, qualche settimana fa, è stata: «Stiamo studiando la vostra pratica”». 

Ma cos’è cambiato rispetto al passato? Siete nell’«illegalità» da dieci anni... perché accorgersene soltanto ora? «Vuole la verità? Non lo so». Qualcuno ha sporto denuncia? «Non lo so». E ora? «Innanzitutto, cerchiamo un’altra sede, alla Sanità, dove riprendere a fare spettacolo, ma anche ospitalità in altri spazi cittadini, chiusi o all’aperto; intanto, in teatro continuiamo i laboratori gratuiti di recitazione e drammaturgia (questi ultimi finanziati con una piccola somma dal Ministero), a beneficio di una quarantina di adolescenti del quartiere; questa è la nostra attività pastorale! La svolgiamo da dieci anni». La sala è sicura? «Certo. I lavori strutturali che ci hanno chiesto sono molto complicati in una chiesa del Settecento... quanto a noi, tutto ciò che potevamo fare per metterla in sicurezza l’abbiamo fatto. L’estate scorsa abbiamo speso 16 mila euro, quasi tutto il contributo ricevuto dal ministero per i Beni culturali, per rifare la guaina del tetto. Non è bastato. Ma un fatto deve essere chiaro: quel teatro, in quel quartiere ha un valore più prezioso di tutti quanti noi. Vi prego, non disperdiamolo».
 

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