Cardarelli, troppi i nodi ​che non vengono sciolti

di Ettore Mautone
Giovedì 10 Agosto 2023, 00:00
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Il pronto soccorso del Cardarelli è pieno fino all’orlo: l’ennesimo Sos lanciato in questi giorni dalla sparuta pattuglia di medici che in trincea si disperano per dare assistenza a una prateria di malati che supera la soglia psicologica dei 200, ammassati nel triage, nell’area visite e nel reparto di Osservazione, non è il solito grido di allarme destinato a rientrare dopo un picco momentaneo, non una crisi causata solo dalle defezioni di camici bianchi per le ferie come in altri periodi dell’anno accade per congiunture epidemiologiche sfavorevoli tipo l’influenza invernale.

Quello che accade al Cardarelli oggi è invece la spia di un problema strutturale che si sta avvitando su sè stesso. La tempesta perfetta si è formata non solo dalle croniche e ingravescenti carenze di medici e operatori che sempre più disertano i concorsi ma anche dalle progressiva e inesorabili fughe verso altri lidi della medicina dopo anni spesi in trincea con pochissime gratificazioni economiche, pesantissimi carichi di lavoro, aggressioni e intemperanze continue di un’utenza esasperata dalla sostanziale impraticabilità dei pronto soccorso e attese ingestibili. Al Cardarelli durante l’ondata di luglio si sono superati i 250 accessi al giorno arrivando a contarne 1 ogni 6 minuti. L’ospedale è in ginocchio nonostante sia una corazzata dotata di circa mille posti letto, 12 padiglioni, reparti per tutte le specialità, macchinari diagnostici di ogni tipo in doppia e tripla copia in funzione 24 ore su 24, centro di eccellenza per specialità mediche e chirurgiche, unico per tutta la Campania per le emergenze legate alle grandi ustioni, punto di riferimento regionale per gli Ictus, per i grandi traumi. Proprio per questo è l’approdo terminale di malati che arrivano da tutta la Campania e anche oltre i confini regionale soprattutto al sud diventa centro attrattore, rifugio sicuro. 

Un patrimonio dell’assistenza in emergenza dell’intera regione e di tutto il centro sud che da alcuni anni ormai si fa fatica a salvaguardare. La rete dei pronto soccorso è sfilacciata, usurata, l’articolazione in centri hub e spoke disegnata dal Piano ospedaliero del 2018 scompaginata dalla pandemia, la suddivisione del lavoro tra dipartimenti di emergenza di I e Iivello presenta profonde falle che nessuno sa come e quando saranno riparate.

A Napoli ospedali di frontiera che assorbivano migliaia di pazienti facendo filtro sono privi di pronto soccorso. Come il Loreto e il San Giovanni Bosco. Defezioni che invece pesano.

Se a Napoli nord l’ospedale di Pozzuoli si è configurato con una maggiore complessità in grado di assorbire anche codici di notevole gravità, a Napoli 3 sud invece il punto di riferimento è diventato l’ospedale del mare che però doveva invece servire soprattutto la città e il centro storico orfano di un pronto soccorso di prossimità. I bacini delle strutture ospedaliere di alta specializzazione di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno non hanno intanto raggiunto, se non per alcune specializzazioni, quella capacità e completezza di funzioni richieste per drenare in maniera efficace i pazienti in urgenza dalle periferie delle rispettive aree metropolitane. Al Cardarelli giungono pazienti da tutte le province spesso senza preavviso e anche con i mezzi privati. Gli affanni che vive il personale del più grande ospedale del Mezzogiorno richiedono una risposta celere, di sistema, un’attenzione continua. Restano anacronistici paletti alle assunzioni che per regioni come la Campania, ancora in Piano di rientro, prevedono il vincolo della dotazione di personale del 2004 sottraendo un ulteriore 1,4 per cento con poche e inefficaci deroghe intervenute negli ultimi anni.

La Campania sul fronte delle risorse, da quest’anno, ha finalmente guadagnato criteri di assegnazione delle risorse più equi: rispetto all’anno scorso arrivano 362 milioni in più sommando la quota indistinta e il premio per il pareggio di bilancio e il miglioramento dei Lea. La riduzione di questo gap deve ora fare spazio a investimenti mirati. C’è poi da affrontare subito l’ambiguità di fondo del progetto di rifondazione della medicina del territorio chiamata a fare filtro agli accessi impropri in ospedale tramite le Case e Ospedali di Comunità finanziati dal Pnrr ma progettati senza tenere conto del personale che serve a renderli operativi. Al netto del ridimensionamento in corso d’opera deciso dal governo per centinaia di strutture cancellate con un colpo di spugna il nodo del personale resta drammaticamente irrisolto. Bisogna far presto e operare con lucidità e concretezza.
 

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