Napoli, riaprono 4mila ristoranti: «Ma ci spetta un indennizzo»

Napoli, riaprono 4mila ristoranti: «Ma ci spetta un indennizzo»
di Gennaro Di Biase
Martedì 1 Giugno 2021, 00:00 - Ultimo agg. 2 Giugno, 13:09
4 Minuti di Lettura

Scatta la ripartenza totale dei pubblici esercizi. Oggi cadranno infatti alcune delle principali restrizioni anti-Covid rimaste in vigore finora. Tornano riti secolari, come il caffè al banco, e soprattutto tornano i clienti nelle sale interne dei ristoranti e dei bar, anche se con una limitazione di posti in media dimezzata, secondo le associazioni di categoria. Si allenta la morsa del virus, almeno sul piano dei divieti. Non si spegne però il rammarico di quelle attività che, essendo del tutto prive di spazi esterni, sono state costrette alla chiusura forzata e che ora chiedono un «indennizzo alle istituzioni per la disparità di trattamento ricevuta rispetto ai colleghi che hanno potuto lavorare a maggio». In ogni caso, sono 4mila tra Napoli e provincia - secondo le stime di Fipe Campania - i locali sprovvisti di aree all’aperto, cioè quelli che potranno riaprire i battenti oggi. 


Sollievo e speranze per la riapertura, per il ritorno a una vita normale, per la messa in funzione di fornelli e cucine e per migliaia di dipendenti (personale di sala e non) finalmente richiamati al lavoro. Ma anche preoccupazione per l’assenza di visitatori stranieri e indecisione sul da farsi. Nella ristorazione napoletana sono tante le sfumature umorali alle porte dell’estate 2021. L’entusiasmo è minore per quei locali a vocazione “invernale”, tra cui spiccano anche taverne storiche. «Al momento siamo indecisi sulla data di riapertura - racconta per esempio Angela Di Pascale, titolare della Taverna del Cerriglio - Siamo un locale storico in città. Dare il via libera in estate per noi che siamo un locale invernale non è positivo. Col bel clima, le persone vogliono stare all’aperto. Inoltre, mancano i turisti internazionali che costituivano il 70% circa della nostra clientela. Stiamo facendo le dovute valutazioni dei costi, con la limitazione dei posti a sedere. Decideremo nei prossimi giorni». Riaprirà invece l’Europeo di Alfonso Mattozzi: «Siamo stati penalizzati, non avendo spazi esterni e con un marciapiede stretto - racconta lui stesso - Abbiamo preferito non mettere tavoli in una strada piena di rumori. Ora li installeremo, come aggiunta, anche se la nostra è una clientela di qualità. Questo protocollo è stato violento nei nostri confronti, anche se si è trattato di una misura internazionale. Siamo stati fermi ben 4 mesi». Il boom di tavoli in strada delle ultime settimane, insomma, non ha risolto i problemi per tante attività. «L’entusiasmo c’è - dice Antonio Starita storico pizzaiolo dell’Unione Centenaria e membro di Aicast - Abbiamo ricevuto tante telefonate e stasera non mancheranno i clienti.

Dobbiamo però stare attenti e sperare che dopo le prime ore di riapertura i cittadini confermino la voglia di cenare fuori. La crisi economica non ha risparmiato nessuno, e i suoi effetti sono ancora attivi». Resta fermo il divieto di assembramento: bar e ristoranti potranno accogliere un numero di clienti proporzionato alla capienza dei locali. 

Video



Come trapela dalle voci degli stessi ristoratori, la ripartenza conta, ma le disparità di trattamento - che hanno impedito di riaccendere forni e cucine a chi serve solo all’interno - non sono dimenticate. Tanti ristoratori temono che i clienti abbiano ancora timore di consumare al chiuso, o che si siano fidelizzati in altri ristoranti durante questo maggio di chiusura forzata. Per tutte queste ragioni, la richiesta di indennizzi è sempre più incessante: «Sono circa 4mila i pubblici esercizi sprovvisti di spazi esterni tra Napoli e provincia - esordisce Massimo Di Porzio, presidente di Fipe Campania e titolare di Umberto a Chiaia, che riprende oggi con le sale interne - È essenziale che questa sia una riapertura definitiva. La limitazione dei posti prevede un metro di separazione tra sedia e sedia, più 4 persone per tavolo, anche se all’esterno questa è una norma che non sempre viene rispettata. Apriremo mediamente col 50% dei coperti pre-Covid. Altra questione che sta molto a cuore a Fipe è quelle dell’ottenimento di indennizzi per i locali al chiuso, discriminati rispetto alle attività all’aperto, che hanno potuto di fatto lavorare un mese in più. Ha quasi raggiunto le 15mila firme la petizione lanciata su change.org per chiedere indennizzi a riguardo. È ora che le istituzioni mettano fine a questa ingiustizia tra colleghi. Chiediamo 2 o 3mila euro per le imprese che non hanno riaperto a maggio».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA