Tra sì-dad e no-dad una scuola senza idee

di Fabrizio Coscia
Martedì 6 Aprile 2021, 23:30 - Ultimo agg. 7 Aprile, 09:30
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Da oggi si ritorna a scuola (in zona rossa fino alla prima media, per gli altri bisognerà aspettare l’arancione) e già lo scontro tra aperturisti e chiusisti, NoDad e SìDad, negazionisti e allarmisti è ricominciato. Mi viene in mente Flaubert che, in una lettera a una sua amica attrice, affermava: «Che ne dite dei pellegrini di Lourdes? E di coloro che li insultano? Oh povera, povera Umanità!». 

Proviamo, allora, a fare un ragionamento con le armi della ragione e del buon senso. Ragione e buon senso che mi spingono a chiedermi che cosa è cambiato rispetto ai giorni della chiusura. I contagi sul territorio sono significativamente diminuiti? Sono stati approntati, nel frattempo, per la platea scolastica programmi di sorveglianza epidemiologica periodici, diagnosi di massa, tracciamento con sistemi informatici? Sono stati organizzati i trasporti? Sono stati attrezzati locali o luoghi alternativi alle aule sovraffollate? Il corpo docente è stato vaccinato per intero e con la doppia dose? No, niente di tutto questo, che io sappia. Che cosa ha spinto, allora, il governo a cambiare idea? A quanto pare, uno studio su Covid e scuole che nelle ultime settimane ha attirato l’attenzione di numerosi media nazionali. 

Secondo la principale autrice di questo studio, Sara Gandini - epidemiologa di tutto rispetto, docente dell’Università Statale di Milano - non esiste nessun rischio nelle scuole, nessun nesso di relazione tra presenza in aula e contagi. Ma è davvero così? I sostenitori delle scuole aperte e i comitati NoDad assicurano di sì e aggiungono che la ricerca della Gandini non si discute perché pubblicata su «The Lancet». 

Non ho intenzione di negare l’autorevolezza della Gandini, né ho le competenze per valutare il suo studio (ma quanti di questi «pellegrini di Lourdes» che sostengono la validità della ricerca ha le competenze per leggerla?). E tuttavia, non per fare i cavillosi, né per mettersi dalla parte di chi «insulta i pellegrini», andrebbe pur precisato che la ricerca non è stata pubblicata su «The Lancet», ma su «The Lancet Regional Health - Europe» (una delle numerose pubblicazioni del gruppo «The Lancet», non paragonabile certo per prestigio scientifico alla rivista principale). Ma non sottilizziamo.

Si potrebbe aggiungere allora che i dati della ricerca sono dichiaratamente parziali e datati, poiché si riferiscono ai primi di dicembre 2020, quando cioè non si erano ancora diffuse le varianti, molto più rapide nella trasmissione del virus e anche molto più letali.

Si potrebbe ancora ricordare che su «The Lancet» - come su «Science» e «Nature» - sono apparsi moltissimi studi - italiani e europei - che attestano il contrario di ciò che afferma la ricerca della Gandini. E cioè che il nesso tra riapertura delle scuole e aumento dei contagi esiste, eccome. Come mai, allora, i «pellegrini» aperturisti non li citano? Forse che la peer review va bene solo quando porta acqua (santa) al loro mulino? La verità è che ha davvero poco senso impostare il discorso a partire dalla dicotomia «scuole aperte/scuole chiuse».  

La vera questione da porre, fatta salva l’evidenza direi perfino banale che la prima condizione da rispettare per una riapertura sia una bassa prevalenza e incidenza Covid nel territorio (cosa che una zona rossa, di fatto, escluderebbe già), la vera questione, dicevo, è questa: come è stata resa sicura, nel frattempo, la scuola? Diversi studi scientifici hanno già sottolineato che non si può riaprire in sicurezza senza ricorrere a un efficace sistema di «testing and tracing». In caso contrario, in mancanza di un tale programma, riaffidarsi all’ennesimo «stop&go» non farà che ribadire, di qui a un mese, l’inevitabilità della odiata Dad. Così come è certo che perfino queste stesse, necessarie misure preventive basate su tamponi di massa a docenti, studenti e personale Ata, tracciamento e quarantena, seppure venissero applicate, a poco serviranno se non saranno accompagnate anche da una serie di interventi strutturali per il prossimo anno scolastico e per il futuro della scuola in generale: abbiamo bisogno di meno alunni per classi (dodici/quattordici invece dei venticinque e oltre di adesso); abbiamo bisogno di più docenti (ma a quanto pare sono previste le stesse carenze di organico, se non peggio, e le stesse classi pollaio), abbiamo bisogno di più aule e di edifici sicuri (non ce ne sono? facciamo lezione nei musei, nei parchi, nelle chiese, nei cinema, nelle sedi dei consigli comunali), abbiamo bisogno di più psicologi, più sociologi, più presidi medici. 

Abbiamo bisogno non solo di risorse, ma di idee (senza le idee, le risorse vanno buttate nei banchi a rotelle), se davvero vogliamo costruire una scuola aperta e sicura, ma che sia anche viva e creativa. L’alternativa è far finta di niente, continuare a riaprire e richiudere, protestare per o contro la Dad: l’alternativa è tra fare i pellegrini a Lourdes, aspettando un miracolo dall’alto, o insultare i pellegrini. 

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