Sud, la sfida del patto educativo

di Patrizio Bianchi
Domenica 12 Maggio 2024, 01:02 - Ultimo agg. 08:04
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Che riscopre la centralità del Mediterraneo e deve tuttavia fare conti post-coloniali con l’Africa e l’intero Sud del Mondo, si apre uno spazio di crescita che però richiede una più deciso investimento nazionale ed europeo in ricerca e sviluppo e nella loro ricaduta sull’intero sistema educativo.

Certamente in questi anni si sono consolidati nel nostro Mezzogiorno centri di ricerca di assoluta eccellenza, sia dentro alle storiche università come Napoli-Federico II, ma anche dentro ad atenei di più recente istituzione, come l’Università della Calabria. Tuttavia la necessità di formazione riguarda l’intero ciclo educativo a partire dalle scuole di base. Bisogna infatti che l’intera struttura delle competenze non veda solo poche, ben individuate eccellenze, ma che il livello dell’intera popolazione venga elevata, così da divenire in grado di partecipare in maniera attiva al grande processo di trasformazione che sta segnando la nostra epoca.

L’Unione Europea ci informa tramite il suo sistema statistico Eurostat, che l’Europa è non solo in arretrato con le spese in ricerca ed educazione rispetto agli Stati Uniti ed ora anche dietro la Cina, ma al suo interno ha grandi differenze fra le sue diverse aree, vedendo i paesi del Nord Europa investire maggiormente in risorse umane rispetto alle sue aree marginali del Sud e dell’Est. L’Italia, con Francia e Spagna viaggia a metà classifica, però con differenze sostanziali fra regioni.

L’Invalsi, l’agenzia nazionale per la valutazione dei sistemi di istruzione, ci segnala da tempo che si è ridotto ovunque la dispersione scolastica, anche nelle regioni del sud, ma permane in queste ultime regioni un ritardo negli apprendimenti, che alla fine delle secondarie può essere quantificato in quasi due anni di scuola rispetto alle regioni più avanzate del Nord Italia.

D’altra parte Eurostat ricorda che lo sviluppo delle nuove tecnologie digitali e la loro ricaduta sullo sviluppo locale non dipende solo dalla presenza di specialisti, ma anche dalla capacità di tutti i possibili utenti di utilizzare al meglio queste tecnologie, dando quindi base locale allo sviluppo di servizi e produzioni sostenute dalle nuove tecnologie e rivolti al mercato globale.

Data la diversità interna al Paese ed alle regioni, soprattutto in presenza di un declino demografico, che colpisce proprio le aree interne che più hanno bisogno di crescere, diviene fondamentale che il rafforzamento dell’intera struttura educativa, ed in particolare delle scuole tecniche e professionali, possa fare affidamento non su risorse certe nel tempo, non solo finanziarie, ma soprattutto umane, ma anche su una effettiva autonomia delle scuole, cosicché gli istituti d’istruzione, in sintonia con gli enti locali, o meglio con la comunità locale- comprese le forze produttive e le stesse università, riunite in un Patto educativo di Comunità- possano orientare meglio, direi plasmare i percorsi educativi verso i bisogni e le ambizioni del territorio, sia pure entro un chiaro prospetto di obiettivi educativi del resto già bene individuati a livello nazionale, che permettano ad ognuno di raggiungere adeguati e soddisfacenti risultati educativi.

Investire in risorse umane, in particolare in una fase di declino demografico- richiede di allargare le relazioni ed anzi fare di queste relazioni fra sistemi educativi i nuovi canali di collaborazione transnazionale e quindi di pace, avendo chiaro l’appello del Papa agli Stati Generali della Natalità che bisogna lavorare insieme con realismo e lungimiranza per creare un mondo in cui vivere con speranza.

Il nostro Mezzogiorno può tornare ad essere centrale nel nuovo asse di sviluppo se si opera con realismo e lungimiranza, se si lavora insieme per farne la piattaforma educativa e della ricerca per l’intero Mediterraneo.

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