La lunga notte del Pd: dobbiamo contare i voti ad uno ad uno

La lunga notte del Pd: dobbiamo contare i voti ad uno ad uno
Giovedì 29 Gennaio 2015, 03:40
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Alberto Gentili
Roma. Alle sette di sera, dopo l'ennesima riunione con Matteo Orfini e Lorenzo Guerini, Luigi Zanda e Roberto Speranza, Matteo Renzi ai plenipotenziari del Pd ha dato una sola consegna: «Passiamo la notte a sondare uno a uno i nostri parlamentari, dobbiamo valutare al millesimo i voti che andrebbero ai vari candidati. Poi domattina decidiamo». Insomma, la partita del Quirinale è ancora aperta. In stallo. Questo nel giorno in cui si riuniscono i grandi elettori e scatta la prima votazione. «Nulla di drammatico, una soluzione si troverà, l'elezione del capo dello Stato non è mai stata cosa facile. L'importante è tenere unito il Pd», minimizzano a palazzo Chigi. «Si parte con Mattarella e si arriva con Mattarella», tuona Guerini con un piglio insolito per un doroteo. Eppure, la consegna impartita da Renzi ai suoi, riuniti nella stanza del governo di Montecitorio dopo il lunghissimo pranzo con Silvio Berlusconi, però dice qualcosa di più. Dice che in campo, in pole position, c'è Sergio Mattarella, fortissimamente voluto dal premier-segretario nonostante il veto dell'ex Cavaliere. E c'è Giuliano Amato sponsorizzato dal capo di Forza Italia e sostenuto dalla minoranza bersanian-dalemiana. Ma come dice uno dei partecipanti al vertice di Montecitorio, «il quadro non si limita a questi due nomi, in campo ci sono anche Padoan, Fassino, Veltroni e Anna Finocchiaro». Tutti passati ai raggi, x, pesati al grammo, analizzati in base al rischio potenziale rappresentato dai franchi tiratori. Il fatto che tornino in lizza gli ex segretari è il segno che la minoranza dem ha aperto una piccola breccia. Per Piero Fassino e Walter Veltroni. Ma anche, più riservatamente, per Pier Luigi Bersani: «Non capisco perché», diceva in serata il bersaniano doc Nico Stumpo, «se si valutano Veltroni e Fassino, non si debba valutare anche l'opzione rappresentata da Pierluigi, uno che nel partito ha più voti di tutti».
Mattarella però resta la prima scelta di Renzi: «Nonostante il veto di Berlusconi sono fortemente tentato di andare avanti con Sergio, uno che fa parte della nostra storia», ha spiegato il premier, «è una scelta raccontabile al Paese al contrario di Amato che non è popolare. In più è un emblema dell'antimafia, ha un indiscusso spessore morale e ha esperienza politico-istituzionale altissima. Non dimentichiamo che ha fatto il ministro, il vicepremier e che ora è giudice costituzionale». Più o meno le parole spese quando ha ricevuto Berlusconi a pranzo. Quando ha detto: «Non posso non proporre uno del Pd, devo tenere unito il partito». E quando ha rigettato il veto dell'ex Cavaliere su Mattarella: «Guarda che sono pronto ad andare avanti da solo. Dalla mia ho già 588 voti, i 445 del Pd, i 32 di Scelta civica, i 32 del gruppo per le Autonomie, i 32 degli ex Cinquestelle, i 13 di Per l'Italia e i 34 di Sel. E comunque il mio partito non regge compatto né davanti al nome di Amato, né davanti a quello di Casini», le due candidature avanzate dal capo di Forza Italia. Non è mancata un'altra minaccia ancora più fastidiosa per Berlusconi: «Attento, se mi fai cambiare gioco potrei proporre Raffaele Cantone», il capo dell'Anticorruzione.
In molti scommettono che si tratti di un bluff. Perché sfidando il centrodestra con appena 588 vorrebbe dire consegnarsi nelle mani dei franchi tiratori. «E perché», come racconta un partecipante al vertice serale con il premier, «Matteo ha fatto capire di non avere alcuna intenzione di stracciare il Patto del Nazareno ed è tuttora determinato a eleggere il nuovo capo dello Stato con la massima condivisione possibile. Dunque, anche con Forza Italia e Area riformista di Alfano». Tanto più che una lacerazione così netta sul Quirinale, con lo sbriciolamento della maggioranza di governo in occasione dell'elezione della più importante carica istituzionale, potrebbe far tremare il governo.
In ogni caso, quasi a voler marcare la sua autonomia da Berlusconi e provare a tenere compatto il partito, ad aprire a Sel e agli ex grillini, Renzi - oltre a lottare per Mattarella che è un candidato del tutto estraneo al Patto del Nazareno - non conferma l'incontro per questa mattina annunciato dall'ex Cavaliere. «Non credo che si vedranno», taglia corto il vicesegretario Guerini.
Che sia Mattarella il nome a lui più gradito, Renzi l'ha detto chiaramente anche a Pier Ferdinando Casini quando l'ha ricevuto prima di pranzo. Spiegando che il Pd non reggerebbe di fronte alle due candidature avanzate dal centrodestra. Angelino Alfano, informato poco dopo, ha fatto un pronostico: «Nessuno ha l'obbligo di accettare i nostri, ma non ci venissero a dire che i democratici non li voterebbero. Vorrà dire che ci rivedremo dopo il quarto o il quinto scrutinio...». Della serie: caro Matteo, sei destinato al fallimento se continui a puntare su Mattarella.
Un'ipotesi che allarma Renzi. E che lo fa imbufalire. Tant'è che tra i renziani è tornata ad aleggiare la minaccia delle elezioni anticipate: «Matteo ha sempre detto che se dopo la figuraccia del 2013 il Parlamento non dimostrasse la maturità necessaria in occasione dell'elezione del capo dello Stato, queste Camere meriterebbero di essere sciolte».
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