Parigi, caccia ai terroristi quattro arresti in Belgio

Parigi, caccia ai terroristi quattro arresti in Belgio
Sabato 21 Novembre 2015, 12:49
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Gigi Di Fiore
L'immagine, che fa da emblema alla Parigi da due giorni assediata e sconvolta, è la torre Eiffel chiusa ai turisti. Sembra a lutto il simbolo della capitale francese, che resta completamente al buio di notte. Ma il bilancio finale di 129 morti, 352 feriti di cui 90 gravi appare davvero un bollettino di guerra e giustifica tutte le cautele. Il giorno dopo, il procuratore di Parigi, Francois Molins, ha parlato di tre squadre con sette terroristi, tutti morti. Sette gli scenari degli attentati a colpi di kalashnikov ed esplosivo utilizzato dagli attentatori-kamikaze per farsi saltare in aria. Un venerdì notte tremendo, un assalto rivendicato il giorno dopo dall'Isis sulla sua rivista in francese Dabiq, che definisce la capitale francese «città di perversione» e parla di azione condotta da «otto fratelli nel cuore della Francia in una battaglia benedetta». All'appello, dunque, manca un terrorista. Potrebbe essere la donna di cui parlano i testimoni, che sarebbe fuggita. E non sarebbe la sola. Dopo l'11 settembre 2001 degli Stati Uniti, ora c'è dunque anche il 14 novembre 2015 della Francia.
Il giorno dopo, fuori al teatro Bataclan, un giovane e misterioso pianista suona le note di «Imagine» di John Lennon. Tutt'attorno, commossi, si fermano a centinaia e tantissimi lasciano fiori nel luogo dove ci sono state le maggiori vittime, ben 89. Cordoni di polizia e forze dell'ordine circondano l'area. Parigi è di sabato una città fantasma: chiusi i mercati, chiusi i musei, le scuole, le università, le undici stazioni di metropolitana vicine ai luoghi degli attentati. La gente resta in casa, attonita e alla continua ricerca di informazioni come ha fatto per tutta la notte dalle 22 di venerdì.
Le prime notizie - Il giorno dopo, i fili di un mosaico frammentato e incerto, rimasto vago per ore, si riannodano. Due auto, utilizzate per le azioni studiate probabilmente da una cellula terroristica organizzata nel quartiere Molenbeek di Bruxelles: una Seat nera e una Polo nera, noleggiata da un francese che vive in Belgio ed è stato fermato al confine franco-belga mentre era con due persone. Il raid parte al decimo arrodissement preceduto, in mattinata, da due strane segnalazioni di probabili attentati e ordigni: uno all'hotel Molitor dove alloggiava la nazionale di calcio tedesca; l'altro alla stazione Gare de Lyon. Due falsi allarme, scatenati da accenni sui social network che provocano controlli accurati e ora fanno riflettere. E fa pensare anche che l'azione di sangue è stata organizzata, quando in Francia erano già scattate le misure di sicurezza in vista della conferenza Onu sul clima, fissata a Parigi il 30 novembre: già sospeso il trattato di Schengen sulla libera circolazione fino al 13 dicembre e si erano già mobilitati 30mila agenti alle frontiere. Quello che è accaduto venerdì notte sembra quindi, per questo, ancora di più una beffa drammatica e dolorosa.
L'azione progressiva si snoda a colpi di kalashnikov, sparati dalla Seat nera in movimento, indirizzati sui clienti seduti ai tavoli di una brasserie e tre ristoranti in almeno quattro rue e boulevard diversi. Ma il cuore vero degli attentati sono due altri obiettivi. Gli spari in corsa, le azioni volanti sembrano più diversivi e azioni di disturbo, che altro. Dove si concentra l'esecuzione più tragica e sanguinosa è invece il teatro Bataclan. C'è il tutto esaurito nella struttura capace di 1500 posti, per il concerto del gruppo rock americano «Eagle of the death metal». Ma anche l'obiettivo stadio di Francia è di grande impatto mediatico. Sul campo, è in programma l'amichevole di calcio tra le nazionali di Francia e Germania. Qui un terrorista, imbottito di esplosivo, doveva entrare con un regolare biglietto comprato. Viene bloccato, fugge e si fa saltare in aria. Mentre la partita è arrivata al sedicesimo minuto, all'esterno dello stadio si sentono poi altre due esplosioni di altrettanti terroristi, che causano nuovi morti. La partita prosegue per evitare il panico, ma per precauzione il presidente Francois Holland, che assisteva all'incontro, viene fatto allontanare dallo stadio. Alla fine, i tifosi si riverseranno sul campo di gioco, in attesa di ricevere il via libera. A decine si allontaneranno, cantando la Marsigliese. Ma il dramma più violento avviene altrove.
Il teatro Bataclan - Il concerto è iniziato da poco, il gruppo sul palco suona «Kiss the devil». Un titolo che sembra colonna sonora premonitrice a quanto sta per accadere: bacia il diavolo. Si sentono le prime esplosioni. All'interno sono entrati i quattro giovani terroristi dall'età media 25 anni, vestiti «in maniera normale», con il volto scoperto, scuri di carnagione e armati di fucili AK47 a colpo singolo e ad aria compressa. Sparano a caso, sulla gente. Con freddezza e mirando nel mucchio. Ricaricano i proiettili diverse volte. Il destino di ognuno degli spettatori presenti al concerto è affidato al caso. I testimoni sopravvissuti racconteranno le loro storie, come sono riusciti a mettersi in salvo. Laura Apolloni, 46 anni, e Massimiliano Natalucci, 45, entrambi di Senigallia, restano feriti. Lei verrà operata ad una spalla, dove le era rimasto un frammento di proiettile. Un'altra ragazza racconta di essersi trovata vicino al palco, di essere corsa con altri dietro le quinte ed essere salita sul tetto dove, con altre 50 persone, ha atteso di essere salvata dalle teste di cuoio francesi.
Il ventenne Cesar Lardon ricorda: «Abbiamo sentito dei colpi molto forti. All'inizio ho pensato fossero petardi, mi sono voltato e ho visto persone che urlavano e ci siamo gettati tutti a terra. Abbiamo capito, c'era gente armata ed è scattato il panico. Ho avuto la fortuna di essere alle prime fine, i colpi si sono fermati per un paio di minuti sfruttati per uscire alla sinistra del palco. Ce l'ho fatta, andando oltre i corpi delle persone cadute a terra».
Chi si trovava al piano terra è stato più fortunato: i terroristi si sono diretti al primo piano, dove hanno sparato. Nel panico, tra le urla, nella corsa che non guardava in faccia a nessuno, si sono salvati quelli che si chinavano e si acquattavano evitando i colpi. Appena sentito le prime esplosioni e le urla, la band «Eagle of the death metal» è fuggita subito dietro le quinte, mettendosi in salvo. I testimoni hanno raccontato che i terroristi urlavano «Allah u akbar», Allah è grande.
Le teste di cuoio circondano il teatro, tentano un contatto con i terroristi che accennano solo a qualche riferimento sulle sofferenze della Siria e dell'Iraq. Poi, l'irruzione con la forza. Tre dei quattro terroristi si fanno esplodere, l'ultimo viene ucciso. Tragico il bilancio, le scene all'interno sono drammatiche: sangue, corpi, feriti che si lamentano, ancora urla e tanta paura. Chi viene messo in salvo dagli agenti, deve farsi largo attraverso i cadaveri.
L'inchiesta - L'intelligence francese si coordina subito con gli investigatori belgi. Tre sono i fermati nel quartiere di Molenbeek a Bruxelles, un quarto alla frontiera. Un'auto, una Citroen, forza il blocco del casello autostradale di Yvelines. I poliziotti parlano di quattro persone a bordo armate, che riescono a fuggire. Nelle tasche dei terroristi morti fuori lo stadio, vengono trovati due passaporti: uno egiziano e uno siriano registrato, come appartenente ad un rifugiato nato nel 1990, in Grecia. Un siriano sconosciuto agli inquirenti. Tra i terroristi morti, attraverso le impronte digitali viene invece individuato Ismael M., 30 anni, residente alla banlieue Courcouronnes e schedato dal 2010, ma mai arrestato.
Per due volte, il presidente Holland compare in diretta in tv. La prima volta ad un'ora e mezza dalle prime esplosioni. Ha notizie più precise e annuncia la chiusura delle frontiere e lo stato di emergenza. Il giorno dopo, parla di «atto di guerra», ma rassicura i francesi su una reazione immediata. Viene convocato il consiglio di difesa e domani il presidente parlerà in Parlamento a Versailles saltando la riunione dei G20 in Turchia.
Il punto - È il procuratore Molins a dettagliare le diverse azioni terroristiche. La prima esplosione viene registrata alle 21,20 fuori lo stadio all'altezza della porta B in rue Rimet. Un kamikaze si è fatto esplodere, con un ordigno rafforzato da perossido di idrogeno imbottito di chiodi e bulloni. Con lui muore con un passante. Al dodicesimo arrondissement, 15 persone vengono ammazzate e altre 10 ferite in maniera grave a colpi di kalashnikov, sparati dalla Seat nera in corsa, indirizzati sui tavoli dei ristoranti «Carillon» e «Petit Cambodge». Alle 21,30 la seconda esplosione fuori lo Stade de France all'altezza della porta H, sempre per un kamikaze che si fa saltare in aria. Subito dopo, il commando della Seat nera spara al diciannovesimo arrondissement sui clienti della «Bonne Biere» altre decine di colpi. Muore un gruppo di cinque persone. Sei minuti dopo, in Rue Charonne, all'undicesimo arrondissement, prosegue l'azione del gruppo a bordo della Seat, che fa fuoco sui tavolini fuori il ristorante la «Belle equipe». Muoiono 19 persone, 9 restano feriti in maniera grave. A questo punto, verso le 21,40, entrano in azione i quattro che, a bordo della Polo nera, arrivano davanti al teatro Bataclan. Tredici minuti dopo, un terzo kamikaze si fa saltare in aria vicino lo stade de France. Sono passati venti minuti dopo la mezzanotte, quando invece le teste di cuoio francesi irrompono all'interno del teatro Bataclan.
La ragazza italiana - Oltre ai due feriti di Senigallia, ci sono anche un paio di trentini con lievi tagli, medicati senza alcun problema. All'appello, però, manca una ragazza veneta di 28 anni. Si chiama Valeria Solesin, la mamma non ne ha ricevuto ancora notizie. Il suo nome non figura tra i ricoverati negli ospedali. La Farnesina ha lanciato le ricerche, sperando che la ragazza si faccia viva, magari attraverso amici. Ma c'è un conto che non torna anche nel consuntivo fornito dal procuratore Molins: che fine hanno fatto i terroristi che formavano il commando che ha sparato dalla Seat nera in corsa, sui clienti di ristoranti e brasserie? Sono quelli della famosa auto, che ha forzato il posto di blocco alla barriera autostradale di Yveniles? Sembra assai probabile. Se le azioni di fuoco dei terroristi sono state tre (il teatro Bataclan, lo stadio, la Seat in corsa) e se gli attentatori morti sono sette concentrati nei primi due obiettivi, all'appello manca il commando dell'auto. Da qui la cautela e la prudenza degli investigatori. Ci sono ancora terroristi armati in libertà, che hanno sparato e ucciso, che non si sa dove siano finiti. Anche per questo, sono state vietate manifestazioni e impediti assembramenti. La vita di Parigi è congelata. A gennaio, dopo l'attentato alla redazione del settimanale Charlie Hebdo, fu possibile una manifestazione spontanea, ma dopo due giorni quando erano stati presi tutti i terroristi coinvolti nelle azioni. Ora, la situazione è più delicata e l'asse investigativo Francia-Belgio si mantiene ancora cauto. Non tutti i terroristi sono finiti nella rete degli inquirenti. E il timore, come la tensione, resta. Lo dimostra il falso allarme, in serata, su inesistenti colpi di arma da fuoco nei dintorni dell'hotel Pullman in zona torre Eiffel.
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