Ha parlato di politica finché ha potuto. E non poteva che essere così, perché Berlusconi è stato a suo modo l’uomo che ha cambiato l’Italia. Con la politica ovviamente, ma anche con tramite la tivvù commerciale. «Ho portato questo paese nel tempo nuovo, l’ho reso leggero e moderno», si è sempre vantato Silvio. E non ha torto. Ha cambiato l’Italia il Cavaliere dimostrando che i vecchi partiti non servivano più - cavalcò il caso Mani Pulite, non a caso, con le sue tivvù - e inventato il bipolarismo. Ha cambiato l’Italia sdoganando la destra di origine Msi, fu il primo a puntare su Fini, e la destra ora al governo deriva dalla normalizzazione che Berlusconi per primo indicò come percorso e come traguardo a Tatarella e a tanti altri in Alleanza Nazionale.
La sinistra refrattaria al cambiamento è stata smascherata da Berlusconi.
Berlusconi è stato un fenomeno: volontà di potenza, certo, ma anche necessità storica. Nel bene e nel male, è stato il fondatore di una nuova destra e di una nuova politica, con ambizioni liberiste e tratti populisti, che ha fatto scuola nel mondo e ha dominato la scena italiana per un ventennio, anche quando era all’opposizione. Il garantismo, per sé e per gli altri, ha avuto in lui il simbolo massimo con tanto di lotte giudiziarie. Che gli sono costate una rapida defenestrazione dal Senato, la cui maggioranza del tempo non perse l’occasione e a scrutinio palese ne sancì l’incompatibilità. Il Cavaliere ha poi avuto piena riabilitazione giudiziaria, e si è potuto ricandidare ed essere eletto, prima al parlamento europeo e poi di nuovo al Senato, dove ha ripreso il suo posto che tuttora occupava, fino alla fine avvenuta nella notte.
Così come inventò il bipolarismo, ha inventato il duopolio televisivo. Mediaset contro Rai. E viceversa. Il che significò fare di Mike Bongiorno - disprezzato dalla sinistra in quanto everyman, mediocre, secondo la definizione di Umberto Eco - il simbolo di un’Italia pop che vuole dire la sua. Con le sue tivvù cambiò la vita degli italiani, soprattutto dei più isolati, anziani, poveri e meno scolarizzati, che poterono riempire le loro serate dei quiz di Mike e delle telenovelas brasiliane, per giunta gratis, senza canone. Più volte la sinistra ha sbattuto la testa contro questo spigolo: ciò che lei trovava intollerabile e insopportabilmente populista in Berlusconi, la gente semplice lo trovava ammirevole. Il mito, così americano, dell’uomo che si era fatto da sè, sedusse il popolo, espropriandone la sinistra. Sopratutto Berlusconi scoprì «le grand blue» della politica italiana, il mare azzurro e profondo degli elettori moderati, o comunque ostili alla sinistra.
Aveva il gusto, o l’improntitudine, di scandalizzare l’uditorio con dichiarazioni politicamente scorrettissime, che hanno fatto il giro del mondo. E comunque, è stato il più longevo premier della storia della Repubblica. Un unicum da tanti punti di vista. Infatti, la sua unicità gli ha impedito di crearsi una successione politica. Il suo ultimo sogno è stato quello di arrivare al Quirinale, ma non ce l’ha fatta. Il sogno che si porta nell’aldilà è che la sua creatura amatissima - Forza Italia - non finisca con lui. Il passaggio del Cavaliere nella politica italiana ha lasciato in ogni caso tracce indelebili. Una volta don Verzè, fondatore del San Raffaele di Milano di cui era amico e benefattore, rivelò che gli aveva chiesto «di campare fino a 150 anni per mettere a posto l’Italia». Si è fermato prima. Ma dopo aver cavalcato la storia come nessun altro.