Toto Cutugno, Al Bano: «Nel 2004 aveva bisogno di cure, i medici dissero che aveva 5 mesi di vita. Ma fu miracolato»

Il cantautore pugliese ricorda l’amico, spesso anche compagno di scena: «Nel 2004 aveva bisogno di cure, mi diedi da fare perché fosse operato: i medici dissero che aveva appena cinque mesi di vita, ma fu miracolato»

Al Bano: «Toto Cutugno è stato maltrattato in Italia, ma il mondo lo amava»
Al Bano: «Toto Cutugno è stato maltrattato in Italia, ma il mondo lo amava»
di Valeria Arnaldi
Mercoledì 23 Agosto 2023, 01:28 - Ultimo agg. 08:03
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«È stato un grande nel mondo, ma è stato maltrattato in Italia». Questo il primo commento di Albano Carrisi, che abbiamo raggiunto alla notizia della morte di Toto Cutugno, spentosi ieri pomeriggio al San Raffaele di Milano, dov’era ricoverato. Al Bano era suo amico da oltre quarant’anni, e con lui, in più occasioni, aveva condiviso il palco in Italia, in Russia e in altri Paesi, nonché gli studi di questa o quella trasmissione televisiva.

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Quando ha conosciuto Toto Cutugno
«Lo ricordo benissimo.

Era il 1977, eravamo a Parigi, ospiti della stessa trasmissione televisiva. Quello è stato un momento speciale. Romina ed io eravamo già famosi, l’anno prima eravamo stati all’Eurofestival, lui era nella nostra stessa casa discografica. Mi chiese consigli perché era la sua prima volta in Francia. Risposi a tutte le sue domande. Poi ci ritrovammo anche a Tokyo, allo Yamaha Festival nel 1980. E a seguire abbiamo fatto tante altri trasmissioni e molti tour in Europa e Russia. All’estero aveva tantissimi fan». 

Una intensa attività come colleghi. 

«Non solo. Lui è stato più volte a casa mia, io più volte da lui. Da quel primissimo incontro a Parigi siamo sempre rimasti amici. Certo, c’erano cose di lui che condividevo, altre che non condividevo. Come c’erano cose che lui di me capiva e altre che, al contrario, non capiva». 

In cosa sentiva che eravate diversi, distanti? 
«Sul palco Toto era un accentratore, mentre io, in scena, non lo sono affatto, sono democratico. Lui invece, voleva sempre avere la chiusura dei concerti e via dicendo. Non era un suo difetto, però, attenzione, ero io ad essere sbagliato». 

E fuori dal palco che tipo era? 
«Simpatico, divertente. Proprio come si vedeva quando era sotto i riflettori». 

Però, diceva che è stato maltrattato in Italia. 
«Sì, ma è stato stra-amato all’estero. Davvero e ci tengo a sottolinearlo. Stra-amato è proprio la parola giusta da usare. È stato un grande nel mondo, ma per qualche strano motivo, che non saprei spiegare, in Italia non è accaduto altrettanto. Era visto quasi come un non-artista. Forse per snobismo, forse per miopia, dipende dai casi». 

Potrebbe essere rivalutato ora? 
«Fu così anche con il grande Totò, che fu “scoperto” quando già non c’era più». 

Toto Cutugno disse che lei gli aveva salvato la vita. È vero? 
«Era il 2004, ero socio fondatore dell’ospedale San Raffaele, lui aveva bisogno di cure. Chiamai i medici e mi diedi da fare per dargli la possibilità di essere operato. I dottori, poi, mi dissero che aveva cinque/sei mesi davanti. Dopo otto mesi, mi parlarono di nuovo delle sue condizioni e mi dissero che era un miracolato». 

E lui, per questo, la ringraziò sempre, anche pubblicamente. 
«Sì, ma io gli dicevo che doveva ringraziare i medici, non me». 

Non c’è stato mai alcuno screzio tra voi? 
«Per un periodo abbiamo smesso di sentirci e frequentarci proprio per quell’atteggiamento da accentratore in scena. Era un mattatore». 

E come vi siete ritrovati? 
«Un giorno mi telefonò, mi parlò di una ragazza che si chiamava Cristina, mi disse che aveva avuto un figlio da lei (Ndr. Nicolò nato nel 1989) e che voleva condividere con me quella gioia. Quella richiesta così umana mi fece riflettere. Da quel momento i rapporti sono tornati esattamente come erano prima». 

Vi sentivate ancora? 
«Sì certo, poi lui ha smesso di rispondere al telefono. Sarà accaduto circa cinque mesi fa. Non riuscivo a capire perché, non avevo altri contatti, il nostro era sempre stato un legame diretto. Si era aggravato, sì, ma non immaginavo che sarebbe successo quello che ora è accaduto». 

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