Prescrizione, in Senato mancano 7 voti. Renzi: «Il governo non deve cadere ora»

Prescrizione, in Senato mancano 7 voti. Renzi: «Il governo non deve cadere ora»
di Mario Ajello
Sabato 8 Febbraio 2020, 07:25 - Ultimo agg. 14:26
4 Minuti di Lettura

I peones azzurri sono, o si mostrano, tranquillissimi. E numeri del Senato alla mano - che dicono che senza i 17 renziani la maggioranza rosso-gialla non c'è più e va sotto di almeno sei o sette voti - fanno questo ragionamento: «Noi siamo 61 a Palazzo Madama. Se si va a votare, visto che un altro governo in questa legislatura non ci sarà affatto, torniamo in Senato al massimo in cinque o sei». Quindi? «Quando la prescrizione arriverà in aula, chi si darà malato, chi si sarà fatto mettere in missione, chi si attarderà alla toilette e correrà in aula a scrutinio già fatto fingendo di scusarsi...». Dunque si abbassa il quorum, si salva la legislatura e ci si tiene il posto. Ma sarà davvero così, come crede anche il premier Conte, arciconvinto che responsabili berlusconiani o centristi sbucheranno per salvare lui ma soprattutto se stessi? In realtà lo scenario numerico è da horror e su questo Renzi ha buon gioco.

Prescrizione, Crimi: «Trovato l'accordo, da lunedì si lavora per una giustizia veloce»

Prescrizione, Bonafede: «Non accetto provocazioni, io aperto al confronto»
 



I CALCOLI
Senza quelli di Italia Viva la maggioranza che sostiene l'esecutivo si fermerebbe, nella migliore delle ipotesi, a quota 155 contro i 161-162 che hanno sulla carta tutte le opposizioni più i renziani. I senatori 5 Stelle, dopo espulsioni e fughe, sono 98. A questi vanno aggiunti i 36 del Pd e poi ci sono gli otto senatori del gruppo Per le Autonomie di cui sette solitamente votano con il governo. E ancora: i 19 senatori del gruppo Misto, tra cui i quattro di LeU, dei quali 14 sono schierati con la maggioranza che sostiene Conte. Se tutti saranno in Aula e nessuno si sfilerà si arriva a quota 155. Il fronte opposto è così formato. I 61 di Forza Italia più i 60 della Lega più i 18 di FdI. Poi c'è il senatore del gruppo Per le Autonomie che non vota con il governo e i cinque del Misto. Se a questi si aggiungono i renziani, si arriverebbe a un totale di 162 e il governo andrebbe sotto di almeno 6 o 7 voti. A questo si arriverà? Renzi continua a fare fuoco e fiamme ma non vuole far cadere il governo. E così, si fa strada l'ipotesi più probabile che al momento di pronunciarsi i 17 di Renzi disertino l'aula per abbassare il quorum dei voti necessari e far passare la legge. Rimarcando il totale dissenso politico e di principio.

ROTONDI DIXIT
E comunque, Salvini si lecca i baffi: «Non vedo l'ora di vedere la scena d'aula del disfacimento di una maggioranza già sfasciata». Mentre a Berlusconi devono essere arrivate le voci di un possibile soccorso azzurro, e fa sapere ai suoi: «Guai a chi dei nostri si azzarda a dare un aiutino al governo. Sulle questioni della giustizia non si transige!». Dunque la sicurezza che Conte ostenta, la sua totale fiducia sul fatto che «supereremo anche questo scoglio», parrebbe un po' fragile in realtà. I Responsabili di solito arrivano dall'area di centro, dal quel corpaccione continuista e democristianeggiante soprattutto meridionale ma anche no (Binetti, De Poli, Saccone per esempio) che appena si profila l'avventura reagisce con il tappo della stabilità. «Ma stavolta non sarà così», assicura Gianfranco Rotondi, il re di quell'area di mezzo: «Sull'economia o su altri terreni gli aiuti si possono dare, ma quando c'è in ballo il garantismo c'è in ballo il Dna del berlusconismo e del centrismo. Sconsiglierei a Conte di provare a vedere proprio sulla giustizia se c'è - come dicevano gli spagnoli al tempio di Aznar - una nueva mayoria, cioè una nuova maggioranza.
Resterebbe scottato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA