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MATTEO SALVINI

Salvini ora punta i piedi: «Viminale e tre ministeri». E i tempi si allungano

Il leghista non rinuncia agli Interni: "Se non mi vogliono, lo dicano chiaramente"

Salvini ora punta i piedi: «Viminale e tre ministeri». E i tempi si allungano
Salvini ora punta i piedi: «Viminale e tre ministeri». E i tempi si allungano
di Emilio Pucci
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 5 Ottobre 2022, 06:34 - Ultimo agg. : 6 Ottobre, 09:11
4 Minuti di Lettura

Anche Giorgetti lo vede al Viminale, «è il candidato naturale». Qualche big leghista pensa che lo faccia per bruciarlo, ma ieri tutto il partito ha rilanciato sulla possibilità che Matteo Salvini torni al ministero dell'Interno. «Dobbiamo rivendicare i nostri risultati, non possono dirci di no». Il segretario della Lega non si tira indietro, anzi: «Farò quello che serve al Paese». Al momento il Capitano ha ottenuto il mandato a trattare sulla partita del governo e a portare avanti l'agenda del partito di via Bellerio. La nota diramata al termine del Consiglio federale elenca le priorità: «Stop al caro bollette, flat tax, sicurezza, taglio della burocrazia». Peccato, l'obiezione di chi non gli riconosce più la leadership, che non ci abbia messo l'autonomia.
«Ha citato la pesca e non l'autonomia», si sono sfogati gli avversari interni. Poi il Capitano ha corretto il tiro, in un video ha citato anche la battaglia cara ai governatori. In ogni caso, Salvini ha chiesto quattro ministeri e ha messo in cima proprio quello sulle Riforme. Poi Infrastrutture e Agricoltura. Al momento il piano B, qualora l'ipotesi Viminale non dovesse andare in porto, oltre a fare il vicepremier è quello di puntare su un altro dicastero (possibile Infrastrutture, ma il candidato in pole è l'ex viceministro Rixi). La rinuncia agli Interni arriverebbe qualora Giorgia Meloni o eventualmente il presidente della Repubblica si opponessero a questa prospettiva. Salvini è convinto che sia la prima a dire no, non il secondo. E vuole farselo dire. Anche a costo di allungare i tempi delle trattative. «Se pensa che io non sia adatto lo deve dire pubblicamente», la tesi. La premier in pectore, dal canto suo, nega tensioni con l'alleato: «Salvini dice Meloni lasciando Montecitorio conferma la volontà di tutto il centrodestra, quello di dare un governo che possa offrire le risposte migliori al Paese». Sui tempi, aggiunge, «dovete chiedere al Presidente della Repubblica».

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Ma la partita è ancora lunga. Sia quella per il Viminale, che quella che riguarda le tensioni interne alla Lega. Salvini è infastidito non poco dalle manovre ordite dall'ex deputato Grimoldi e dall'europarlamentare Ciocca che questo il refrain stanno strumentalizzando il nome di Bossi. Ma non muoverà ciglio per ora. Il redde rationem è rinviato a dopo la nascita dell'esecutivo. È su questo fronte che Salvini è concentrato.

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DISCONTINUITÀ
l Capitano punta alla discontinuità, con il no ai ministri dell'attuale governo. Gli ha fatto da contraltare Zaia. Che durante l'incontro ha chiesto la conferma di Stefani, Garavaglia e Giorgetti. Ovvero i responsabili di Disabilità, Turismo e Sviluppo economico. E ha lanciato la proposta di chiedere, oltre al ministero della Sanità, anche quello degli Affari regionali per un veneto o un lombardo. Ma l'orientamento prevalente è stato un altro. Il parere unanime è stato il no ai tecnici. Linea condivisa con FI, anche se con il partito di Berlusconi c'è fibrillazione: il sospetto è che gli azzurri giochino di sponda con FdI per ridimensionare la Lega. «La verità osserva un esponente ex lumbard' è che FdI punta a dividerci, perché uniti possiamo dar fastidio alla Meloni». Sull'agenda, per esempio. Sia Salvini che il coordinatore azzurro Tajani hanno rilanciato sulla flat tax. Il primo ci ha messo anche Quota 41 e l'addio alla Fornero. Ma la tensione con la Meloni potrebbe registrarsi proprio sul governo. «Se pensa di poter scegliere i nostri ministri si sbaglia. L'esperienza Draghi non è ripetibile». Salvini in ogni caso gioca a mischiare le carte. Raccontano che ieri, per esempio, abbia buttato un occhio alla partita delle presidenze delle Camere. «Potremmo chiedere la presidenza del Senato», ha sottolineato con Calderoli, che ci spera.
 

 

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